D. Mario MORRA SDB"Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ci conceda di ascoltare la sua parola e di professare la fede a lode e gloria di Dio Padre

6 settembre 2015 | 23a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, 
ci conceda di ascoltare la sua parola
e di professare la fede a lode e gloria di Dio Padre
Se viviamo la nostra fede con coerenza ci rendiamo attenti alla Parola di Dio e capaci di
proclamarla con la nostra vita; al contrario se non viviamo di fede diventiamo sordi alla Parola e muti, cioè incapaci di annunciarla.
Il profeta Isaia considera la guarigione da una malattia fisica come segno di liberazione da un difetto morale, ed immagina l'opera di salvezza recata dal Messia futuro come un intervento di Dio a sollievo degli sfiduciati, dei ciechi, dei sordi e dei muti.
La Bibbia descrive sovente la situazione del popolo ebraico, che non osserva (non ascolta) la parola di Dio, come se fosse diventato sordo e muto;
La disobbedienza alla legge del Signore rende sordi a tutti i suoi richiami. Quando invece ritorna l'obbedienza a Dio, subito le lingue si sciolgono e proclamano la gloria di Dio, come se tutti fossero diventati profeti.
Queste immagini rivelano una verità fondamentale: la nostra fede si basa sull'ascolto della Parola di Dio e sulla sua attuazione pratica. Leggere e proclamare la Parola del Signore significa riconoscere il primato di Dio sulla nostra vita, significa diventare suoi discepoli.
Il gesto che Gesù compie nel Vangelo, per la guarigione del sordo muto, "gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua", entra nella tradizione della Chiesa, a significare proprio l'adesione alla fede dei nuovi battezzati.
Nel rito del Battesimo, attualmente in vigore, questo gesto è stato portato alla fine, tra i segni di conclusione e di augurio.
Mentre tocca le orecchie e la bocca del bambino battezzato, il sacerdote augura: "Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di udire presto la sua parola e di professare la fede a lode e gloria di Dio Padre ".
Questo augurio rivolto al bambino è logicamente un'esortazione per i genitori e per i padrini: il bambino che essi hanno portato al Battesimo dovrà essere istruito nella fede mediante l'ascolto della Parola di Dio, ed essere educato ad esprimere questa fede nella preghiera e nella vita.
La nostra Celebrazione Eucaristica è sempre preceduta dalla liturgia della Parola; la Parola di Dio ci svela il ritmo pasquale della nostra vita di cristiani, nascosto negli avvenimenti dolorosi e lieti di ogni giorno; esso ci interpella e ci esorta al continuo rinnovamento della nostra fede.
In forza della Parola di Dio, la Celebrazione Eucaristica, che rinnova la passione e morte di Gesù, acquista tutta la sua attualità e promuove in noi una maggiore fedeltà alla volontà di Dio che ci viene manifestata attraverso le vicende della nostra esistenza. E ci educa nella imitazione di Dio e di Cristo Gesù.
S. Giacomo, con il suo senso pratico, ci ricorda che Dio non usa dei favoritismi personali, e se ha delle preferenze, queste sono per i più piccoli, i più deboli, i più poveri, e ci esorta quindi "a non mescolare a favoritismi personali la nostra fede nel Signore Gesù", scendendo ad esemplificazioni molto concrete.
Forse a noi non capita più di trovarci nelle situazioni indicate da S. Giacomo, durante la Celebrazione Eucaristica, ma nella vita di ogni giorno, la tentazione di lasciarci guidare, nei nostri giudizi e comportamenti, più dalle apparenze esteriori che non dalla realtà, è facile ed anche forte.
Provare una certa soggezione ed un certo rispetto per una persona che si presenta perbene, e disprezzo o trascuratezza per chi è dimesso nella persona o è povero, è il rischio di ogni giorno.
La nostra fede ci deve portare ad imitare il Signore che non fa distinzione di persone, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, e fa splendere il suo sole sui buoni e sui cattivi. Ci deve portare ad imitare Gesù che di fronte a quel povero uomo sordo e muto, non si ferma a considerare se è israelita o straniero, ma considera unicamente la sua condizione miserevole, la sua necessità, e lo soccorre.
Così la nostra fede vissuta deve portare anche noi ad essere cristiani dal cuore aperto, capace di accogliere tutti, come lo sono stati i nostri Santi Torinesi della carità, come lo è stato Don Bosco.
Ci aiuti la bontà della Madonna della quale ricordiamo tra breve la festa della Natività.
D. Mario MORRA SDB

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