DON Giorgio Scatto "Nei nostri fallimenti Dio apre sempre la possibilità di un nuovo inizio"

27° Domenica del Tempo Ordinario (anno B)
Letture: Gen 2,18-24; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16
Nei nostri fallimenti Dio apre sempre la possibilità di un nuovo inizio
MONASTERO MARANGO CAORLE (VE)
1)Gesù si allontana da Cafarnao per andare in Giudea. Sembra che si alluda anche ad un’altra regione, posta “al di là del Giordano”, dove viene avvicinato da alcuni farisei. Lo vogliono
“tentare” sulla questione del divorzio. Le scuole rabbiniche divergevano tra loro circa le cause del divorzio, ma sulla sua legittimità in quanto tale non c’erano differenze di opinione in seno alla comunità ebraica.
«E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?».
Una risposta negativa avrebbe potuto mettere Gesù nei guai. La “regione al di là del Giordano” è la Perea, un territorio governato allora da Erode Antipa. Giovanni Battista ci aveva rimesso la testa, per aver osato criticare il suo matrimonio con la moglie del fratello (Mc 6,18). La questione, dunque, si fa molto delicata, non sulla questione del divorzio in sé, ma sull’impatto ‘politico’ di un eventuale pronunciamento da parte di Gesù. Il quale – lo sappiamo – non ama affatto il linguaggio ‘politicamente corretto’.
Gesù non colloca la sua risposta sul piano della Legge, come invece fanno normalmente i farisei. Egli risponde a quelli che lo vogliono accusare che il divorzio è entrato nella legislazione mosaica “per la durezza del vostro cuore”. C’è una profonda contrapposizione tra le regole che organizzano e disciplinano la vita sociale e la volontà di Dio “dall’inizio della creazione”. I farisei, che si sentono diversi e separati dal resto del popolo, a motivo della loro scrupolosa osservanza della Legge, sono dei peccatori come gli altri, sperimentano essi pure la “durezza del cuore”, e anche per loro il Signore Dio è stato costretto a mitigare il suo comandamento.
Gesù sottolinea che la Legge, così come viene utilizzata anche da gruppi di osservanti, permette di vivere in società, e magari anche di mostrare orgogliosamente la propria appartenenza religiosa, ma non pone l’uomo nella condizione di vivere in conformità alla volontà di Dio. La Legge, che costituisce il ‘vanto’ dei farisei, è in realtà un gioco al ribasso, una svendita di fine stagione, un accontentarsi del minimo, fingendo che questo sia espressione di un assoluto e insuperabile impegno etico e religioso.

«L’uomo lascerà suo padre e sua madre».
Alcune importanti varianti testuali ci permettono di interpretare la versione di Marco in un senso più conforme alla logica della reciprocità e tradurre: «L’essere umano (l’uomo e la donna) lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola».

A casa i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento.
La risposta di Gesù ai quesiti dei discepoli suppone una situazione socio-culturale in cui anche la moglie può divorziare. Ciò era impossibile nella Palestina di Gesù, ma non a Roma, la patria dei primi lettori di Marco. Quanto Gesù dice ai farisei e ai discepoli è perciò diretto a questi lettori più che agli ascoltatori presenti nel racconto. E’ rivolto a noi, che apparteniamo ad una cultura dove tutto viene tollerato con in-differenza e dove la coscienza morale si è liquefatta in brevissimo tempo.
In effetti la posizione di Gesù sul divorzio è molto dura, e sembra non ammettere eccezioni. Egli, riportando il discorso alla volontà iniziale di Dio creatore, ci offre innanzitutto l’opportunità di considerare che tutti noi, cultori di una Legge esteriore, abbiamo in realtà un cuore duro, di pietra.

Allora, come interpretare, per la nostra situazione attuale, una radicalizzazione di questo tipo?
Partendo da una lettura del tempo presente, potremmo tranquillamente affermare che le parole di Gesù sono semplicemente anacronistiche, e in questo senso vanno radicalmente modificate, interpretandole a favore dell’uomo di oggi. Chiediamoci: il Vangelo può essere compreso come un insieme di regole morali, datate nel tempo, modificabili secondo le stagioni? Il vangelo non è più una buona notizia, data all’uomo di ogni tempo, in vista del suo bene maggiore? Adattare il comandamento di Dio allo spirito del tempo, alle mutate situazioni della società, non è la logica dei farisei, espressione e frutto della “durezza di cuore”?

Si potrebbe allora scegliere un’altra via, al fine di rendere comprensibili le parole di Gesù: attenersi a ciò che dice il testo, letteralmente. «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio».
E così, in un contesto di reciprocità, anche per la donna. La conseguenza immediata sarebbe una definitiva sentenza di condanna di tutti coloro che sono passati per la prova del divorzio e in seguito hanno fatto la scelta di risposarsi. Una separazione provoca sempre profonde ferite, difficilmente risanabili con una nuova unione. E la ferita diventa più lacerante se si aggiunge anche il giudizio di condanna senza appello da parte di Dio. Anche questa lettura in senso rigorista farebbe del vangelo non una buona notizia, ma una regola, un libretto di istruzioni per non andare fuori strada. Sarebbe ancora la logica dei farisei, che dividono gli uomini in buoni e cattivi, in santi e peccatori. Molto del dibattito attuale su matrimonio e divorzio si svolge su questo crinale, che a me sembra del tutto impraticabile e non coerente con lo spirito del vangelo.

Tento allora una nuova interpretazione di questo difficile passo del vangelo.
Dopo l’esperienza del fallimento, una nuova vita coniugale non è la negazione della precedente. La coppia che si forma porta nella propria carne tutta la storia passata, la gioia di un incontro, la passione amorosa, la speranza posta nella nascita dei figli, ma anche le fatiche, le lacerazioni, e il dolore per la separazione, che è spesso come una morte. Allora la parola di Gesù sul matrimonio e sul divorzio può essere letta anche come rivelazione della verità dell’esistenza di ciascuno. Ci permette di vivere con pace le gioie e le difficoltà del matrimonio, ma anche la dura prova della separazione e del divorzio, e la scommessa, non priva di rischi, di una nuova unione.
La mia non breve esperienza di pastore, accompagnando il cammino di molti sposi, mi permette di affermare che Dio è certamente presente con il suo amore anche nell’amore di due persone che ricominciano con speranza e fiducia una nuova vita insieme, dopo la tragedia di un divorzio. Dio è Dio di verità, ma è ugualmente Padre (Madre) amante e misericordioso.
Il divorzio è una reale contraddizione alla volontà originaria di Dio. Risposarsi non è mai un 'diritto’, ma può diventare un segno della speranza evangelica: nei nostri fallimenti Dio apre sempre la possibilità di un nuovo inizio.

Giorgio Scatto

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