Monastero Domenicano Matris Domini LECTIO DIVINA " Li fece maschio e femmina"

Commento su Marco 10, 2-16
XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 
Vangelo: Mc10, 2-16 
Collocazione del brano
Continua la lettura cursiva del vangelo di Marco, abbiamo tralasciato solo i versetti 9,49-50 in cui Gesù ricordava ai suoi discepoli che sarebbero stati "salati con il fuoco" e li esortava ad avere sapore come il sale.

Anche nel capitolo 10, di cui leggiamo la parte iniziale, sono raccolti alcuni episodi e insegnamenti di Gesù di natura eterogenea. Il v. 10,1, che non verrà proclamato nelle celebrazioni, dice che l'episodio di oggi avviene nella regione della Giudea al di là del Giordano, cioè nella Perea, zona considerata parte della Giudea, appunto. Questa collocazione viene vista come un segno che l'episodio aveva vita propria ed è stato inserito nel vangelo di Marco in un secondo momento. Altri interpretano questa indicazione geografica come un segno dell'avvicinarsi di Gesù al momento della sua passione, che avverrà a Gerusalemme, in Giudea. Due sono gli episodi che si leggono in questa domenica: quello relativo al divorzio e all'adulterio e quello riguardante i bambini.
Lectio
In quel tempo, 2 alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie.
Gesù sta insegnando alle folle nella zona della Giudea al di là del Giordano e si presentano a lui dei farisei per metterlo alla prova. E' come un'anticipazione delle controversie a cui Gesù verrà sottoposto da parte degli scribi, dei farisei ed erodiani e dei sadducei dopo essere entrato a Gerusalemme (cf. Mc 12). Per tutto il vangelo di Marco vi è questa presenza critica dei farisei. Essi incominciano a farsi sentire già dal secondo capitolo.
La questione riguardante il divorzio viene affrontata secondo il metodo didattico utilizzato dai rabbini del tempo. Prima si pone la questione, il maestro la riformula in modo più corretto ed enuncia il principio generale. In privato poi con i suoi discepoli approfondisce l'argomento. La questione del ripudio era sicuramente un problema che riguardava la comunità di Marco. L'insegnamento di Gesù in linea generale (vv. 2-9) aveva bisogno di un'ulteriore precisazione (vv. 11-12).
La domanda dei farisei è volutamente tendenziosa e non rispecchia in modo preciso ciò che la legge mosaica prescriveva in merito. La questione era molto dibattuta ai tempi, ma sembra che gli interlocutori di Gesù ne facciano un pretesto per sondare la sua posizione nei confronti della legge.
3 Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4 Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Si notino i diversi verbi con cui i farisei e Gesù conducono la discussione. I farisei chiedono se "è lecito".
Gesù aggiusta il loro tiro chiedendo che cosa abbia "ordinato" Mosè. I farisei parlano di un "permesso".
Risulta chiaro il loro intento di raggirare la legge.
Di fatto il libro del Deuteronomio (24,1) regolava la questione in questi termini: "quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa". La donna così ripudiata poteva sposarsi nuovamente e così il primo marito (ma si legga il seguito del brano Dt 24,2-4). Non era chiaro però a che cosa si riferisse la norma, nel parlare di "qualcosa di vergognoso". Nel primo secolo dopo Cristo, e quindi proprio nel periodo in cui venivano redatti i Vangeli, vigevano due interpretazioni fondamentali di questa indicazione. La scuola del rabbino Shammaj lo intendeva nel senso più grave, e cioè il peccato di lussuria da parte della moglie. Limitava così fortemente i casi in cui fosse possibile il ripudio, tutelando la parte più debole, cioè la donna. Un'altra corrente, quella capeggiata dal rabbino Hillel, pensava a qualsiasi cosa potesse risultare sgradita al marito, anche cose di poco conto, come lasciar bruciare la minestra. A ben guardare, tenendo conto che il cucinare era una delle attività principali della donna di casa, il lasciar bruciare la minestra poteva avere un significato ben più forte: una certa noncuranza verso i propri doveri o un gesto di protesta passiva.
5 Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma.
Gesù non si lascia intrappolare dalla casistica tanto cara ai farisei e ricorda loro che la legge di Mosè, pur nella sua grandezza non è servita a convertire i cuori degli uomini, anzi ne ha messo spesso in evidenza la sclerocardìa, la loro durezza. Il cuore secondo l'anatomia biblica è l'interiorità della persona umana, la sede dell'intelletto, della conoscenza e della volontà, ma assume anche il significato di coscienza. Il cuore indurito a causa di una cattiva disposizione interna rimane chiuso alla comprensione degli atti e delle vedute di Dio. Molto spesso i profeti ammoniscono il popolo di Israele ad ascoltare la voce del Signore e a non mantenere duro il proprio cuore. Marco ne parla in alcuni episodi della vita di Gesù: quando viene chiamato a fare un miracolo in giorno di sabato (3,5) oppure quando i suoi discepoli non comprendono il miracolo dei pani (6,52). Ancora alla fine del Vangelo di Marco i discepoli non hanno creduto alla risurrezione per la loro durezza di cuore (16,14).
6 Ma dall'inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina;
Gesù va direttamente all'intenzione di Dio creatore. Egli ha creato la persona umana come sessuata: maschio e femmina (Gn 1,27): due esseri simili ma anche diversi che sono posti in relazione l'uno verso l'altro e che in questa relazione trovano la loro pienezza. Non solo: essi sono chiamati ad essere fecondi e a moltiplicarsi. La loro unione ha come scopo quello di continuare la creazione.
7 per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. 8 Così non sono più due, ma una sola carne. 9 Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
Proprio per realizzare la relazione a cui sono chiamati l'uomo e la donna abbandonano coloro che li hanno messi al mondo per diventare una carne sola (Gn 2,24). I legami di sangue diventano meno importanti davanti alla vocazione fondamentale della persona umana. La "carne sola" che i due diventano può essere intesa come l'unione sessuale dei due corpi, ma anche come la comunanza di una stessa sorte, che ha inizio appunto con il patto matrimoniale. Da ciò deriva l'affermazione di principio di Gesù: "L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto". Congiungere (sia in greco synezeuxen, sia in latino coniugare), significa porre sotto lo stesso giogo . Questo può indicare la difficoltà della scelta di sposarsi, ma in modo ancora più profondo la partecipazione allo stesso progetto di vita.
Il divieto del divorzio si fonda dunque sull'essenza fondamentale dell'uomo e della donna, del loro essere stati creati in funzione l'uno dell'altro. E' una relazione che è stata voluta direttamente da Dio e che non può essere infranta dagli uomini.
Marco non ci racconta quale fu la reazione dei farisei alla sua risposta. E' facile pensare che avesse l'interesse a porre l'attenzione sull'insegnamento del Maestro, piuttosto che all'azione dei farisei, i quali più tardi, al capitolo 12, entreranno di nuovo in scena per metterlo alla prova e trovare dei capi d'accusa per arrestarlo.
10 A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11 E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; 12 e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Una volta tornati a casa i discepoli chiedono di capire meglio quanto è stato detto ai farisei. E' molto bello questo rapporto maestro/discepoli. Nell'intimità della casa l'insegnamento di Gesù continua. I suoi discepoli hanno diritto di conoscere meglio la legge che Gesù è venuto a portare.
In questa occasione Gesù passa dal precetto generale a una precisazione: poiché il matrimonio è indissolubile, chi ripudia il proprio coniuge e si unisce a un nuovo partner è uguale a un adultero. Nei versetti 12 e 13 viene trattato allo stesso modo il ripudio dell'uomo e quello della donna. Ciò riflette un usanza greco-romana, poiché per gli ebrei solo il marito poteva ripudiare la moglie. Questo può indicare che l'argomento era molto scottante anche per la comunità di Marco, che si trovava appunto a Roma.
Stando a questa testimonianza di Marco nelle prime comunità cristiane sembra che il divorzio fosse possibile, ma dopo di esso non era consentito stringere nuovi legami matrimoniali.
13 Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Il Vangelo continua con un episodio del tutto staccato dall'insegnamento precedente. Delle persone, probabilmente i genitori o i fratelli più grandi, portavano dei bambini a Gesù, perché li toccasse. Questo toccare non sembra essere il gesto di guarire, quanto quello di benedire i bambini con l'imposizione delle mani. I discepoli si dimostrano infastiditi da questo fatto e ne rimproverano i responsabili. Il comportamento dei discepoli è del tutto plausibile, poiché i bambini a quell'epoca e in ambito giudaico non erano molto considerati.
14 Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio.
Solo l'evangelista Marco parla dell'indignazione di Gesù. Gli altri evangelisti ritenevano forse sconveniente che il Maestro fosse presentato con tratti troppo umani. Gesù chiede loro che i bambini non vengano ostacolati nel venire a Lui. Anche questo brano potrebbe rivelare delle difficoltà interne alla comunità di Marco, nell'ammettere o meno i bambini alle riunioni e alle celebrazioni. Alcuni pensano si tratti della problematica dell'impartire o meno il battesimo ai bambini, ma ai tempi di Marco i tempi non sembravano ancora maturi.
Gesù coglie l'occasione per dare ancora un insegnamento su come accogliere il Regno di Dio e la sua Parola.
I bambini vengono portati come esempio di come ci si debba comportare nei confronti del Signore.
15 In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
Gesù ripete la sua affermazione rafforzandola e rendendola più solenne con le parole in verità vi dico . Il bambino viene portato ad esempio poiché si trova in una situazione di bisogno. Senza l'aiuto dei genitori che lo nutrono e si prendono cura di lui non può sopravvivere, quindi si affida agli altri in modo completo.
Era questa senza dubbio una critica alla religiosità del popolo di Israele, e in particolare dei farisei, che si basava troppo sulle "prestazioni" da dare nei confronti di Dio (si veda come esempio di questa mentalità il discorso del fariseo nel tempio, Lc 18,11-12). Gesù ci suggerisce invece di farci piccoli perché la grandezza di Dio possa prendere posto in noi.
16 E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
La benedizione dei fanciulli era conosciuta anche presso gli ebrei, ma essi sostanzialmente li disprezzavano.
Gesù benedicendo i piccoli esprime dunque la sua accoglienza verso i deboli, i disprezzati e i poveri.
Meditatio
- Mi capita qualche volta di avere il cuore indurito, di non voler ascoltare la Parola del Signore e cercare degli espedienti per non lasciarmi mettere in discussione?
- Cosa penso dell'indissolubilità del matrimonio? Pensi sia possibile senza che l'unione dei due coniugi sia fondata sulla fede in Cristo?
- In quali occasioni sei stato capace di farti piccolo per accogliere il Regno di Dio?
Orazione
(colletta della 27a domenica del tempo ordinario)
Dio, che hai creato l'uomo e la donna, perché i due siano una vita sola, principio dell'armonia libera e necessaria che si realizza nell'amore; per opera del tuo Spirito riporta i figli di Adamo alla santità delle prime origini, e dona loro un cuore fedele perché nessun potere umano osi dividere ciò che tu stesso hai unito. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio.

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