P. luigi gioia osb«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me>>

XXV TEMPO ORDINARIO – ANNO B 2015
Dal Vangelo secondo Marco 9, 30-37
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che
alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene
consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni
risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero

a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?».
Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande.
Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il
servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro:
«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non
accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
La prima metà del Vangelo di Marco ci ha messo di fronte alla coalizzazione progressiva
di un fronte deciso ad opporsi a Gesù con tutti i mezzi. Comincia nel capitolo 2 con
l’indignazione di scribi e farisei all’affermazione di Gesù riguardo al suo potere di perdonare
i peccati. In quel momento reagiscono pensando in cuor loro: Bestemmia. Chi può rimettere
i peccati se non Dio solo. Continua poi quando lo vedono mangiare con i peccatori e i
pubblicani e dicono ai suoi discepoli: Come mai egli mangia e beve in compagnia dei
pubblicani e dei peccatori?. Progressivamente, questa indignazione iniziale si trasforma in
una opposizione prima sorda e latente, poi organizzata e sempre più feroce. Già nel capitolo
3 vediamo i farisei allearsi con gli erodiani e tenere consiglio contro Gesù per farlo morire.
La decisione di eliminare Gesù è quindi presa molto presto e innesca la polemica sempre più
violenta nei suoi confronti, come nel capitolo terzo dove vediamo gli scribi accusarlo di
essere posseduto da belzebùl e di scacciare i demoni per mezzo del principe dei demoni.
Qual è l’atteggiamento di Gesù nei confronti di questo odio, di questa opposizione, di
questo complotto crescente? Prima di tutto, ne è consapevole, sa esattamente cosa pensa
ciascuno di coloro che lo ascoltano. Per esempio, nel capitolo 2 quando gli scribi pensano in
cuor loro che Gesù bestemmia si dice che egli conobbe nel suo spirito che pensavano queste
cose tra sé e sé e disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori?». Oppure ancora Gesù
percepisce la durezza di cuore dei suoi ascoltatori e si dice nel vangelo che guardando tutto
intorno con indignazione, fu rattristato dalla durezza del loro cuore. Gesù era quindi
profondamente consapevole della ostilità che il suo ministero stava risvegliando e sapeva
che gli sarebbe stata fatale.

2
Però Gesù aveva un altro modo di capire che cosa stava succedendo e che cosa lo
aspettava. Non c’erano infatti solo gli eventi che si producevano e la sua capacità di leggere
nei cuori, ma c’era ancora ciò che la scrittura diceva del Messia – cioè di lui. Bastava che
Gesù leggesse, per esempio, il passaggio del libro della Saggezza di questa venticinquesima
domenica del tempo ordinario: Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo ed è
contrario alle nostre azioni; ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le
mancanze contro l’educazione da noi ricevuta. Queste parole descrivono l’atteggiamento
degli scribi e dei farisei nei confronti di Gesù. C’è ancora nel libro della saggezza questa
frase: E’ diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti. Ci è insopportabile solo al
vederlo. Eliminiamolo. Cioè esattamente ciò che provano gli scribi e i farisei.
Quando la coscienza umana di Gesù ha cominciato a costituirsi, quando ha cominciato a
leggere la Scrittura, fin dall’età di cinque o sei anni, egli ha trovato in questo testo quanto gli
sarebbe successo. Quanto era scritto nella Scrittura Gesù lo riceveva e accoglieva come
volontà del Padre; da subito ha abbracciato questa volontà con amore e con coraggio, non
senza profonda lotta interiore, come testimoniano i suoi frequenti tempi di preghiera e
soprattutto il suo dialogo con il Padre nel giardino del Getsemani.
Siamo invitati a meditare su quanto Gesù ha pensato, vissuto, sofferto e fatto per amore
per noi. E’ impressionante pensare che durante tutto il suo ministero, e anzi da quando era
bambino, da quando la sua coscienza ha cominciato a svegliarsi, a costituirsi, Gesù abbia
sempre saputo che per amore per noi sarebbe dovuto andare incontro alla morte. Ed è
impressionante vedere Gesù incontrare questa resistenza e continuare risolutamente ad
andare avanti, perché questa era la volontà del Padre, perché questo era necessario per la
nostra salvezza.
E’ fondamentale per la nostra fede meditare su tutto questo perché ci manifesta quanto
siamo amati da Dio. Sappiamo e capiamo quanto qualcuno ci ama quando abbiamo prove
concrete del suo amore per noi. Gesù non è stato un avventuriero imprevidente che si è
eretto contro un sistema perverso prendendo dei rischi inutili. Gesù non ha sottovalutato il
costo della sua scelta di dire la verità. Ha sempre saputo benissimo a cosa andava incontro e
nel Vangelo di oggi è venuto il momento di manifestare questa sua consapevolezza anche ai
suoi discepoli. Infatti, a partire dal vangelo di domenica scorsa, e poi progressivamente in
quello di questa domenica e di quelle che seguiranno assistiamo a questo triplice annuncio
della passione. Domenica scorsa abbiamo sentito Gesù che comincia a insegnare ai suoi
discepoli che il figlio dell’uomo deve molto soffrire, essere riprovato dagli anziani, dai

3
sommi sacerdoti, essere ucciso e dopo tre giorni resuscitare. Nel vangelo di oggi abbiamo
ancora un altro annuncio della passione: Il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle
mani degli uomini che lo uccideranno, ma una volta ucciso, dopo tre giorni resusciterà. E
nel capitolo 10 Gesù aggiungerà: Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e il figlio dell’uomo vi
sarà consegnato, torturato, ucciso, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo
flagelleranno, lo uccideranno, ma dopo tre giorni resusciterà.
E’ una consapevole, serena, mite, decisa accettazione del prezzo da pagare per la nostra
salvezza. Questi ripetuti annunci della passione sono nel Vangelo proprio per imprimere in
noi fino in fondo la consapevolezza con la quale Gesù ha fatto quello che ha fatto. La morte
di Gesù, la sua accettazione della croce, non sono stati affrontate con rassegnazione, ma
consapevolmente scelte, abbracciate e condotte fino in fondo. Si dice nel Vangelo che Gesù
si diresse risolutamente verso Gerusalemme proprio per sottolineare questa sua
determinazione.
L’apostolo Paolo ha delle parole stupende per commentare questo atteggiamento di Gesù
Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la
persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Chi ci separerà dall’amore di Cristo?
Forse tutte le nostre negligenze? Forse il nostro peccato? Forse la nostra costante
dimenticanza di Dio? Chi ci separerà dall’amore di Cristo?
Per quanto grande possa essere il nostro peccato; per quanto possiamo ricordarci di Dio
solo quando abbiamo bisogno di lui, ignorandolo il resto del tempo; per quanto ingiusto sia
il nostro atteggiamento nei confronti del Signore; ebbene, proprio la presa di coscienza di
quanto Gesù ha fatto per noi e di quanto ci ama deve condurci a non disperare mai nel suo
amore. E’ appunto quello che dice Paolo: Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse tutte
queste cose? No. Ma proprio in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di
colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso – dice Paolo, e noi dovremmo ripetere con
Paolo la stessa cosa: Noi siamo infatti persuasi, ognuno di noi è persuaso, è stato persuaso
da quello che vediamo Gesù fare nel Vangelo, che né morte né vita, né angeli né principati,
né presente né avvenire, né potenza, né altezza ne profondità, né alcuna creatura potrà
mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.
Dove risiede la sorgente della forza, della speranza e del coraggio del cristiano? Della sua
speranza contro ogni speranza? Della sua fede incrollabile nella misericordia di Dio? Dov’è
che il cristiano può attingere la mitezza nella prova? Dov’è che il cristiano può acquistare la

4
capacità di perdonare coloro che gli fanno del male? Non è in sé stesso, ma è solo guardando
a Cristo, solo meditando il suo amore per noi.
Nel vangelo di oggi Cristo prende un bambino, lo pone in mezzo a noi, lo abbraccia e poi
ci dice: “Accoglietemi così! Questo bambino sono io. Ponetemi al centro della vostra vita.
Accoglietemi e abbracciatemi nello stesso modo”. Chi accoglie questo bambino, accoglie me.
Gesù si presenta inerme, senza difese, aperto, come un bambino. Sceglie l’ultimo posto. E
attende. Ci attende. Attende che ci accorgiamo della sua presenza nella nostra vita, che
abbracciamo la sua stessa umiltà, la sua mitezza.
In questo risiede la sola, vera saggezza!
La seconda lettura di Giacomo ci presenta due forme di saggezza. Da una parte ci dice: Se
avete nel vostro cuore gelosie amare, spirito di contesa e vi vantate, mentite contro la
verità. Questa non è la sapienza che viene dall’alto. Questa è terrena, carnale, diabolica.
Perché dove c’è gelosia e spirito di contesa c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni.
Ma esiste un’altra saggezza, una saggezza che viene dall’alto (cioè che viene da Dio), che ci
è manifestata in Gesù, una saggezza che acquistiamo contemplando Gesù, vedendolo fare
nel Vangelo quello che fa, vedendolo, per amore nostro, abbracciare con tale serena, mite,
forte consapevolezza la passione e la morte. C’è la saggezza che viene da questa
contemplazione di Gesù e che diventa nostra, che si traduce nell’atteggiamento così
descritto da Giacomo: La sapienza che viene dall’alto è pacifica, è mite, è arrendevole, è
piena di misericordia e di buoni frutti, è senza parzialità e senza ipocrisia. Un frutto di
giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace.

Commenti

Post più popolari