PADRE BALDO ALAGNA"DIO SCEGLIE I POVERI E TU ?"

Commento alla Liturgia della Parola – XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 
La parola di Dio di questa domenica indirizza la nostra riflessione su un tema di grande attualità e che possiamo riassumere cosi: Dio, in Gesù Cristo, ha scelto i poveri, si è chinato su coloro che sono afflitti da infermità e sui contriti di cuore, e ora chiede a noi, discepoli di Gesù, di
fare la stessa scelta.  Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù nell’atto di soccorrere un sordomuto. Si tratta di uno di que­gli infelici che, specie nell’antichità, in assenza di ogni for­ma assistenziale, sono i veri emarginati; uno di quelli che si lasciano vivere, perennemente accovacciati sull’uscio di casa; veri relitti umani. Gesù non si limita a « mettergli la mano sul capo », a dirgli: Fatti coraggio! e a dargli una benedizione, come gli hanno chiesto quelli che gliel’hanno condotto, per proseguire poi la sua strada frettolosamente. Si ferma, se lo prende in disparte, dimenticando un istan­te la folla che lo attende; gli tocca con le dita le orecchie e la lingua, quasi per comunicargli con il contatto il suo stesso udito e la sua stessa parola; poi grida: Apriti!, e il sordomuto parlò e udì.

Ridare dignità! Davanti a Gesù, a tu per tu con lui, quell’uomo è di­ventato una creatura umana con tutta la sua dignità: ha davvero « acquistato una voce» e non soltanto quella fi­sica. Così infinite volte nel Vangelo: Gesù si accosta ai poveri e ai derelitti – il cieco di Gerico, i lebbrosi, il paralitico ; accostandosi a loro, li eleva, li risana, li fa tornare creature umane, li fa ricchi di speranza e di fede. Rivela ad essi il Regno, anzi rivela che il Regno è per essi. Assistiamo così alla realizzazione di quella visione mes­sianica tracciata da Isaia nella prima lettura: Allora si apri­ranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. In Gesù si è manifestato il Dio « che rende giustizia agli oppressi, che dà il pane agli affa­mati e libera i prigionieri », cantato dal Salmo responso­riale.

Dio ha scelto i poveri ! San Gia­como, nella seconda lettura, formula quel grande principio che getta tanta luce sull’agire di Dio nella storia della salvezza: Dio ha scelto i poveri del mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del Regno. Giacomo pensa sicuramente alle parole di Gesù: Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt. 5, 3); anzi, è colui che meglio mette in luce il vero senso di questa beatitudine evangelica e il paradosso in essa nascosto. Sia Gesù sia « suo fratello » Giacomo parlano con lo schema: umiliazione – esaltazione del povero; esaltazione – umiliazione del ricco (cf. Gc 1, 9). Egli stabilisce una successione che è, nello stesso tempo, cronologica ma anche di valore: l’umiliazione di oggi sarà, per il povero, la gloria di domani; la gloria di oggi sarà, per il ricco, la sua umiliazione di domani. E lo sche­ma usato da Gesù nella parabola del ricco epulone. Si tratta di un vero ribaltamento di valori : una ricchezza che è povertà e una povertà che ricchezza! Gesù é stato povero lui stesso… Paolo dice: Ha scelto la povertà (cf. 2Cor. 8, 9) e ha additato nei poveri i destinatari privilegiati del suo Vangelo: Dio mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio (Lc. 4, 18). Questo pensiero riempiva di gioia il cuore stesso di Gesù facendogli esclamare: Ti ringrazio, Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli (cf. Mt. 11, 25): cioè Fe hai rivelate a coloro che contano poco agli occhi degli uomini, a coloro che non hanno appoggi, che sono e si sen­tono umili e si affidano, perciò, solamente a Dio. Sì Dio ha veramente scelto i poveri del mondo per farli ricchi. San Paolo poteva dire giustamente ai suoi fedeli: Ciò che nel mondo è senza nobiltà, ciò che nel mondo è disprezzato, ecco ciò che Dio ha scelto (cf. 1 Cor. 1, 28).

Una scelta ecclesiale irrevocabile ! Tale scelta di Dio non rimase senza risposta da parte degli uomini. Di fatto, all’annuncio evangelico risposero, all’inizio, soprattutto i poveri, gli emarginati: donne, schia­vi, lavoratori, scaricatori del porto, tutta povera gente: Guardatevi intorno: non ci sono tra voi molti sapienti, molti potenti o molti nobili (cf. 1Cor. 1, 26). Quella di Gesù è una scelta primariamente religiosa, anche se ha delle conseguenze precise e profonde sul piano sociale e politico; l’altra – per esempio quella marxista – è una scelta politica, anche se non necessariamente nel senso ne­gativo del termine. Gesù ama e predilige i poveri, i soffe­renti, gli emargina ti: ma perché lo fa? Non perché odia il ricco, ma perché sa quant’è difficile per coloro che possie­dono ricchezze entrare nel regno di Dio (Lc. 18, 24). Il po­vero è il terreno « buono » sul quale la parola attecchisce (cf. Mt. 13, 8). Al fondo, c’è il disegno misterioso di Dio di salvare con la debolezza (cioè con la follia della croce) la debolezza, rovesciando la logica umana del più forte che è una logica spietata e disumanizzante. Ma attenzione non si tratta di ricompensare la povertà con un premio ultraterreno: una specie di surro­gato a ciò che non si riesce a dare loro di qua (come hanno supposto a torto i marxisti); si tratta semplicemente della migliore posizione in cui essi si trovano per conoscere Dio e scegliere i veri valori, quelli che sono racchiusi nel Regno di Dio. Tanto è vero che quel premio non è riservato esclusivamente al povero; la storia del ricco epulone mostra che difficile per i ricchi conquistarlo, non che è ad essi imposs­ibile. Basta che anch’essi rientrino nella categoria di quei poveri in spirito », cioè di coloro che hanno scelto di diventare poveri, o almeno di aiutare i poveri. Bastava che ricco epulone avesse agito diversamente verso il povero Lazzaro che era alla sua porta, che avesse utilizzato diver­samente le sue ricchezze, anziché banchettare ogni giorno splendidamente e vestire di porpora e di bisso (cf. Lc. 6, 19).

Che cosa significa per noi ? Due cose: primo, che noi siamo scelti da Dio SE siamo tra i poveri, nel senso che il Vangelo dà a questa parola; secondo, che, a nostra volta, anche noi dobbiamo scegliere, come Dio, i poveri. Quando dico « noi », intendo anzitutto noi come comunità, noi come Chiesa, poi noi come singoli cristiani. Papa Francesco della scelta dei poveri ne ha fatto il cuore del suo pontificato e non demanda agli uffici tale attenzione ma lui stesso in ogni gesto verso la guardia svizzera alla gente in udienza, si prodiga a scegliere ciascuno nella sua povertà…  Grazie al papa si fa un gran parlare oggi della scelta dei poveri e l’uscita verso le periferie esistenziali. Di solito, con ciò qualcuno intende spingere la Chiesa istituzionale a schie­rarsi coi proletari, a difendere i diritti degli oppressi, a denunziare i soprusi del potere politico ed economico su di loro. E certamente una forma evangelica di preoccuparsi dei poveri anche questa, quando non è ispirata da populismi, faziosità e interessi politici ed ha di mira veramente la liberazione dei poveri e non la loro strumentalizzazione. Essa può diven­tare un alibi che fa vedere solo ciò che gli altri (le strut­ture e le istituzioni) dovrebbero fare e non ciò che dovremmo e potremmo fare noi, a cominciare da adesso e da qui. É così facile e naturale scegliere i ricchi e i potenti, rivolgere la propria attenzione alle persone brillanti e simpatiche, men­tre è cosi raro che si rivolga una vera attenzione ai poveri e non si manchi loro di rispetto. Se prestate a coloro da cui sperate ricevere - dice Gesù - che merito ne avrete? (Lc. 6, 34); se invitate chi può, a sua volta, riinvitarvi, che merito ne avrete? La nostra comunione di oggi con il Signore Gesù, per essere vera e piena, deve includere questa comunione nella sua scelta dei poveri; chiediamogli che ci comunichi quella sua squis­ita « intelligenza dei poveri », cioè quella sensibilità e quella sua capacità di comprenderli e di accostarci a loro per fare ad essi dono del nostro amore fraterno.

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