Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche Solennità di Tutti i Santi

Letture patristiche 
Solennità di Tutti i Santi
Matteo 5,1-12; Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1 Gv 3,1-3; 
1. Cristo proclama il codice del regno dei cieli

Circondato da una grande moltitudine di gente, Gesù sale sul monte e insegna: si pone cioè all'altezza della maestà del Padre,
e di là proclama i precetti della vita celeste. Non avrebbe potuto darci insegnamenti di
vita eterna se non fosse stato egli stesso inserito nella eternità. «Aprì la bocca e cominciò a insegnare» (Mt 5,2 Volg.). Certo sarebbe stato più spiccio dire semplicemente «parlò». Ma poiché egli era stabilito nella gloria della paterna maestà e diceva « parole di vita eterna» (Gv 6,69) appare subito come la sua voce d'uomo abbia obbedito alla mozione dello Spirito che parlava.
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Con l'esempio il Signore aveva insegnato che non bisogna cercare la gloria dell'ambizione umana, quando rispose a satana: «Adora il Signore Dio tuo, e a lui solo rendi culto!»(Mt 4,10). E poiché aveva già preannunziato attraverso i profeti che si sarebbe eletto un popolo umile il quale avrebbe temuto la sua parola (cfr. Is 66,2), pose il principio della perfetta felicità nell'umiltà dello spirito. Perciò dobbiamo aspirare a cose modeste, ricordandoci di essere uomini, destinati sì al possesso del regno celeste, ma consci della povertà miserevole delle nostre origini, attraverso le quali siamo passati prima di raggiungere la pienezza della forma del nostro corpo. Che se progrediamo nel sentire, vedere, giudicare, agire, è perché Dio ce ne dà la forza.
Nessuno pensi di avere qualcosa di suo, di assolutamente proprio, ma tutto ci viene largito in dono da uno stesso Padre, dai primordi dell'esistere fino alla facoltà di fruirne. E noi, sull'esempio di quell’ottimo Padre che ci ha fatto dono di tutto, dobbiamo emulare la bontà che egli ha riversato su di noi: essere buoni con tutti e considerare comuni a tutti tutte le cose, senza lasciarci corrompere dal superbo fasto del mondo, dall'avidità delle ricchezze o dall'ambizione della vanagloria, ma restando soggetti a Dio. Lasciamoci unire tutti in comunione di vita dall'amore alla vita comune, apprezzando il dono che la divina bontà, avendoci chiamati all'esistenza, ci promette per l'eternità: dono di cui dobbiamo meritare il premio e l'onore con le opere della vita presente. In tal modo,con questa umiltà di spirito, sempre ci ricordiamo di Dio e a lui attribuiamo le cose ricevute e quelle ancor più grandi da sperare: e il regno dei cieli sarà nostro.
«Beati i perseguitati per causa della giustizia» (Mt 5,10). Alla fine vengono ricompensati con la pienezza della beatitudine coloro che hanno l'animo disposto a patire qualunque cosa per Cristo: perché egli stesso è giustizia. Ai poveri di spirito che hanno disprezzato il mondo, agli emarginati per la perdita di beni terreni o per altre sventure, a coloro che hanno creduto nella giustizia divina nonostante la malevolenza degli uomini, ai gloriosi martiri testimoni delle promesse di Dio, che hanno rinunziato a fruire della propria vita per attestare l'eternità di lui: a tutti costoro è riservato il regno ed è promessa una copiosa ricompensa nei cieli.

Dal «Commento su Matteo» di sant'Ilario, vescovo. 

2. Chi sono i veri beati

"Tutti vogliono essere beati. Chi - però - è povero di spirito?" Nella festa di questa vergine santa, che dette testimonianza a Cristo e la meritò da lui, uccisa pubblicamente e coronata in segreto, ammaestriamo la Carità vostra con quella esortazione che il Signore pronunciava nel suo Vangelo, annunziando molte cause della vita beata, che nessuno dice di non volere. In verità, non esiste chi non voglia essere beato. Ma che gli uomini non ricusino di sottostare alle condizioni richieste, cosí come desiderano ricevere la pattuita mercede! Chi non correrebbe celermente, quando gli si dice: Sarai beato? Ascolta volentieri, e quando vien detto: Se avrai fatto questo, non si ricusi l`impegno, se si aspira al premio; e si accenda l`animo all`alacrità dell`opera con l`aiuto della ricompensa. Ciò che vogliamo ciò che desideriamo, ciò che chiediamo, sarà dopo: ciò che, al contrario, ci viene ordinato di fare, in vista di ciò che verrà dopo, sia ora. Ecco, comincia a rimeditare i detti divini, ivi compresi i precetti e i pesi evangelici: "Beati i poveri di spirito poiché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,3). Dopo, sarà tuo il regno dei cieli; ora, sii povero di spirito . Vuoi che dopo sia tuo il regno dei cieli? Guarda di chi sei tu ora. Sii povero di spirito. Chiedi forse di sapere che significa essere povero di spirito? Chi è superbo non è povero di spirito: quindi l`umile è povero di spirito. Alto è il regno dei cieli: "ma, chi si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11).
"Chi è il mite?" Stà attento a qual che segue: "Beati", egli aggiunge, "i miti, perché possederanno la terra" (Mt 5,5). Ora tu vuoi possedere la terra: bada, però, di non essere posseduto dalla terra. Possederà il mite, sarà posseduto il non-mite. E, quando ascolti del premio promesso e cioè che possederai la terra, non dilatare il grembo dell`avarizia, con la quale vuoi possedere ora la terra, con esclusione persino del tuo vicino: non ti inganni una tale opinione. Possederai la terra solo quando aderirai a colui che ha fatto il cielo e la terra. Questo infatti significa essere mite: non resistere al tuo Dio, affinché in ciò che fai di bene, ti piaccia egli e non te stesso; mentre in ciò che giustamente soffri di male, non sia egli a dispiacerti, bensí te stesso. Infatti, non è piccola cosa se cercherai di piacere a lui dispiacendoti; dispiaceresti a lui, per contro, piacendo a te stesso.
"Coloro che piangono". Fa` attenzione al terzo: "Beati coloro che piangono, perché saranno consolati" (Mt 5,4). Nel lutto è l`impegno, nella consolazione la ricompensa. Infatti, coloro che piangono carnalmente, quali consolazioni hanno? Temibili molestie. Sarà consolato chi piange, se teme di non piangere ancora. Ad esempio, il figlio morto contrista mentre dà gioia il nato: quello è tolto via, questo è accolto, in quello è tristezza in questo timore: in nessuno quindi è consolazione. Dunque, vera consolazione sarà quella che vien data e non può esscre tolta; cosicché quelli che amano essere consolati dopo, ora piangono da pellegrini.
"Gli affamati". Ed ecco il quarto, opera e servizio: "Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati" (Mt 5,6). Tu vuoi essere saziato. Donde? Se brami la sazietà di carne - una digerita sazietà -, tornerai ad aver fame. "E chi beve di quest`acqua, tornerà ad avere sete" (Gv 4,13), egli dice. La medicina che si applica ad una ferita, non fa piú male, se è riuscita a risanarla; per contro, ciò che si applica alla fame, quasi esca, si risolve a poco. Infatti, passata la sazietà, ritorna la fame. Arriva perciò quotidianamente il rimedio di sazietà, ma non è risanata la ferita dell`infermità. Abbiamo fame quindi, e saziamoci di giustizia, affinché dalla medesima giustizia possiamo essere saziati, della quale ora abbiamo fame e sete. Saremo in effetti saziati di quello di cui abbiamo fame e sete. Il nostro uomo interiore abbia fame e sete: egli ha in effetti il suo cibo e la sua bevanda. "Io sono", spiega egli, "il pane che è disceso dal cielo" (Gv 6,41). Ora che hai il pane dell`affamato, desidera anche la bevanda dell`assetato: "Poiché presso di te è la fonte della vita" (Sal 35,10).
"I misericordiosi". Ora, attento al seguito che dice: "Beati i misericordiosi, poiché di loro Dio avrà misericordia" (Mt 5,7). Fa` e sarà fatto: fa` con l`altro, perché sia fatto a te. Infatti, tu abbondi e difetti: abbondi di cose temporali, difetti delle eterne. Ascolti il mendicante e sei tu stesso mendico di Dio. Ti si chiede, e chiedi a tua volta. E come avrai agito con il tuo richiedente, cosí Dio agirà con il suo. Sei pieno e vuoto ad un tempo: riempi il vuoto della tua pienezza, affinché la tua vuotaggine sia riempita della pienezza di Dio.
"I puri di cuore". Ascolta quel che segue: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8). Questo è il fine del nostro amore, il fine per cui ci perfezioniamo, per cui ci consumiamo. Si finisce il cibo, si finisce il vestito: il cibo, perché si consuma mangiando; il vestito, perché si finisce [si porta a termine] tessendo. E di questo e di quello si dice del pari che finisce: ma questa fine tende alla consumazione, quella alla perfezione. Qualunque cosa facciamo, o facciamo bene, sosteniamo, lodevolmente ci scaldiamo, incolpevolmente desideriamo, quando sarà pervenuto alla visione di Dio, non lo ricercheremo piú. Cosa cerca in effetti colui al quale si fa presente Dio? O cosa potrà bastare a colui al quale non basta Dio? Noi vogliamo vedere Dio, chiediamo di vedere Dio, ardiamo dal desiderio di vedere Dio. Chi mai non è d`accordo? Ma, osserva quel che è detto: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio". Questo prepara, affinché tu veda. In effetti, per parlare secondo la carne, a che pro desideri il sorgere del sole con occhi cisposi? Siano sani gli occhi, e quella luce sarà una gioia: non sono sani gli occhi, quella luce risulterà un tormento. Non ti sarà permesso infatti di vedere con cuore non-puro, poiché non si vede che con cuore puro. Sarai respinto, sarai allontanato, non vedrai. "Beati", infatti, "i puri di cuore, perché vedranno Dio". Quanti beati ho già enumerato? Quali cause di beatitudine, quali opere, quali doveri, quali meriti, quali premi? Non è detto in alcun luogo. "Essi vedranno Dio. Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i miti: possederanno la terra. Beati quelli che piangono: saranno consolati. Beati coloro che hanno fame e sete dclla giustizia: saranno saziati. Beati i misericordiosi: troveranno misericordia". Da nessuna parte è detto: Essi vedranno Dio. Arrivati però ai puri di cuore, ecco che qui si promette la visione di Dio.
"In che senso la visione di Dio è promessa specificamente ai puri di cuore". Quindi, non che tu debba intendere quei precetti e quei premi nel senso che ascoltando: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio", tu ritenga che i poveri di spirito non vedranno, o non vedranno i miti, o coloro che piangono, o quelli che hanno fame e sete della giustizia, oppure i misericordiosi. Non argomenterai che, visto che questi vedranno in quanto puri di cuore, quelli siano separati dalla visione. Tutte queste cose sono infatti comuni a tutti loro. Essi vedranno, però non vedranno specificamente per questo e cioè perché poveri di spirito, perché miti, o perché piangono, hanno fame e sete della giustizia, o perché sono misericordiosi: ma anche perché sono puri di cuore. Di modo che, se determinate opere corporali si addicono a determinate membra del corpo, sí che si può dire, ad esempio: Beati coloro che hanno i piedi, perché cammineranno; beati coloro che hanno le mani, perché opereranno, beati coloro che hanno la voce, perché grideranno; beati coloro che hanno bocca e lingua, perché parleranno; beati coloro che hanno gli occhi, perché cosí potranno vedere? In tal modo, quasi componendo delle membra spirituali, egli [Gesú] insegnò ciò che è pertinente ad uno in rapporto con l`altro. Adatta è l`umiltà per avere il regno dei cieli; atta la mansuetudine per possedere la terra; adatte fame e sete di giustizia per essere saziati; atta la misericordia per implorare misericordia; adatto un cuore puro per vedere Dio.

(Agostino, Sermo 53, 1-6.9)


3. Affrettiamoci verso i fratelli che ci aspettano

A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. E' chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro.
Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri. Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, è quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all'assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi.
Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipano con i voti dell'anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l'aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia non è certo disdicevole, perché una tale fame di gloria è tutt'altro che pericolosa.
Vi è un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed è quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come è ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati.
Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo.
Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita è nascosta con lui in Dio.
Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora trasformerà il nostri corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che è lui stesso.
Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, ci è necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere.

San Bernardo, abate, Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 364-368

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