FIGLIE DELLA CHIESA LECTIO DIVINA "Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli"

Tutti i Santi
Antifona d'ingresso
Rallegriamoci tutti nel Signore
in questa solennità di tutti i Santi:
con noi gioiscono gli angeli
e lodano il Figlio di Dio.

Colletta
Dio onnipotente ed eterno, che doni alla tua Chiesa
la gioia di celebrare in un’unica festa i meriti e la gloria di tutti i Santi,
concedi al tuo popolo,
per la comune intercessione di tanti nostri fratelli,
l’abbondanza della tua misericordia.

PRIMA LETTURA (Ap 7,2-4.9-14)
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 23)
Rit: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore. 

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito. Rit:

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli. Rit:

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. Rit:

SECONDA LETTURA (1Gv 3,1-3) 
Vedremo Dio così come egli è.
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Canto al Vangelo (Mt 11,28) 
Alleluia, alleluia.
Venite a me,
voi tutti che siete stanchi e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Alleluia.

Vangelo (Mt 5,1-12a) 
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Preghiera sulle offerte
Ti siano graditi, Signore,
i doni che ti offriamo in onore di tutti i Santi:
essi che già godono della tua vita immortale,
ci proteggano nel cammino verso di te.

PREFAZIO 
La gloria della Gerusalemme celeste.

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno.
Oggi ci dai la gioia di contemplare la città del cielo,
la santa Gerusalemme che è nostra madre,
dove l’assemblea festosa dei nostri fratelli
glorifica in eterno il tuo nome.
Verso la patria comune noi, pellegrini sulla terra,
affrettiamo nella speranza il nostro cammino,
lieti per la sorte gloriosa
di questi membri eletti della Chiesa,
che ci hai dato come amici e modelli di vita.
Per questo dono del tuo amore,
uniti all’immensa schiera degli angeli e dei santi,
cantiamo con gioiosa esultanza la tua lode: Santo...

Antifona di comunione
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati a causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli. (Mt 5,8-10)

Preghiera dopo la comunione
O Padre, unica fonte di ogni santità,
mirabile in tutti i tuoi Santi,
fa’ che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore,
per passare da questa mensa eucaristica,
che ci sostiene nel pellegrinaggio terreno,
al festoso banchetto del cielo.

Nota storico – liturgica
La festa di tutti i Santi l’1 novembre si diffuse in Europa nei secoli VIII-IX. A Roma si iniziò a celebrare fin dal sec. IX.
Un’unica festa per tutti i Santi, cioè per la Chiesa gloriosa, intimamente unita alla Chiesa ancora pellegrinante e sofferente. Oggi è una festa di speranza: “L’assemblea festosa dei nostri fratelli” rappresenta la parte eletta e sicuramente riuscita del popolo di Dio; ci richiama al nostro fine e alla nostra vocazione vera: la santità, cui tutti siamo chiamati con il compimento fedele della grazia del battesimo.

La Chiesa è indefettibilmente santa: Cristo l’ha amata come sua sposa e ha dato se stesso per lei, al fine di santificarla; perciò tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità (cfr LG 39). La Chiesa predica il mistero pasquale nei Santi che hanno sofferto con Cristo e con lui sono glorificati, propone ai fedeli i loro esempi che attraggono tutti al Padre per mezzo di Cristo e implora per i loro meriti i benefici di Dio (cfr SC 104). Oggi in un’unica festa si celebrano, insieme ai santi canonizzati, tutti i giusti di ogni lingua, di ogni razza e di ogni nazione, i cui nomi sono scritti nel libro della vita (cfr Ap 20, 12) (dal Messale Romano).

Lectio
Purifichiamo il nostro cuore facendo silenzio perché solo in cuori silenziosi la Parola può nascere e prendere carne. Chiediamo al Padre il dono dello Spirito perché la Parola “ci” possa abitare.

Le Beatitudini che Matteo ci offre sono inserite nel cosiddetto “discorso della montagna” (capitoli 5-7) considerato come la magna charta che Gesù ha affidato alla sua comunità come parola “normativa” e vincolante per definirsi cristiana. Origene ci ricorda inoltre che: “Le beatitudini sono immagine di Gesù, altrettante icone della figura spirituale di Gesù”.

vv. 1-2: Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
L’Evangelista, prima di esporre le parole di Gesù, descrive il luogo dove è pronunciato il discorso, “Gesù salì sulla montagna” (5,1). Il monte è il luogo della rivelazione; il monte ci ricorda il Sinai, il monte della promulgazione della legge e della conclusione dell’alleanza. In questo modo Matteo indica Gesù come il nuovo Mosè e la sua parola è parola di vita, è legge nuova (“ma io vi dico ...”) che non abolisce l’antica ma la porta a compimento. Tutto il grande Discorso della Montagna traccia la via del discepolo sulle orme del Regno. Le Beatitudini ne costituiscono il punto di partenza: Gesù ci invita ad aprire gli occhi, per contemplare il Regno dei cieli in arrivo e lasciarci sorprendere dalla sua venuta.
Ancora è da rilevare la posizione fisica in cui Gesù pronunzia le sue parole: “E, messosi a sedere”. è l’atteggiamento dell’autorità che promulga nuove leggi. Il verbo “insegnare” (edidasken) in Matteo è usato soltanto in questo discorso, qui e in 7,29.
Inoltre, lo sguardo di Gesù è rivolto alle “folle”: tutti sono destinatari del suo Vangelo.

v.3: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Il termine “beati” (in greco makarioi) esprime un vero e proprio grido di felicità diffuso nel linguaggio biblico. In Sir 25,7-10 sono definite “felici” le persone che vivono le indicazioni della Sapienza. Nei Salmi (1,1; 128,1) è definito “felice” chi teme, chi ama il Signore, chi osserva la Parola di Dio. L’originalità di Matteo consiste nell’aggiunta di una frase che specifica e illustra ogni beatitudine. Inoltre Gesù annuncia una felicità che salva già nel presente e tutti possono accedere alla felicità, a patto che si stia uniti a Lui.
Come è possibile che i poveri possano essere felici? è il grande “segreto” del Figlio di Dio e la grande prospettiva dell'umanità nuova. La povertà in spirito è la felice condizione dell'uomo che ha nulla, che è nulla perché tutto riceve in dono. Nulla può e vuole ma solo essere e vivere nel dono di Dio! Allora quest’uomo nuovo e beato è Gesù stesso perché tutto da Dio Padre riceve. Beato quindi non dice una conquista o un merito, ma ancora una volta il dono di Dio che raggiunge la condizione dell'uomo: l'uomo nuovo. è un mettere come primato della propria vita l’iniziativa di Dio e non le nostre capacità; è la disponibilità a ricevere la grazia e il dono di Dio. “Dio solo basta!” (Santa Teresa d’Avila).

v. 4: Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Sono tutti quelli che hanno a cuore il Regno di Dio e soffrono per tante negatività presenti nella Chiesa; si addolorano per il male presente nel mondo e per i propri peccati che, in qualche modo, rallentano il cammino della Chiesa verso il Regno. Solo Dio li può consolare nelle loro tribolazioni e nello stesso tempo da Dio sono resi capaci di consolare gli altri (cfr 2Cor 1,1-7).

v. 5: Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
La mitezza è un atteggiamento oggi in disuso, scambiato molte volte per debolezza. Con il termine “miti” nella Bibbia sono ricordati come persone che godono di una grande pace (Sal 37,10), ritenute felici, benedette, amate da Dio, contrapposte ai malvagi, agli empi, ai peccatori.
Paolo ricorda la mitezza come un atteggiamento specifico dell’essere cristiano. In 2Cor 10,1 esorta i credenti “per la benignità e la mitezza di Cristo”. In Gal 5,22 la mitezza è considerata un frutto dello Spirito Santo nel cuore dei credenti e consiste nell’essere mansueti, moderati, lenti nel punire, dolci, pazienti verso gli altri. In Ef 4,32 e Col 3,12 la mitezza è un comportamento che deriva dall’essere cristiani ed è un segno che caratterizza l’uomo nuovo in Cristo. In 1Pt 3,3-4: “Il vostro ornamento non sia quello esteriore […] ma piuttosto, nel profondo del vostro cuore, un'anima incorruttibile, piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio.”
La persona mite è chi, nonostante l’ardore dei suoi sentimenti, ama la pace, la serenità e le diffonde attorno a sé; è la persona che vince con la perseveranza della bontà, con la forza della pazienza. È chi sa porsi in dialogo e attende la terra promessa, il Regno, cioè il nuovo modo di vivere nella giustizia e nella fraternità dei figli di Dio.
Mite è chi assomiglia a Gesù il quale “insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta” (1Pt 2,23a).

v. 6: Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
I verbi aver fame e aver sete, in senso simbolico, esprimono il desiderio forte di Dio e della sua Parola: “L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente” (Sal 42,3); “O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua” (Sal 63,2). “Ecco verranno giorni -dice il Signore - in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma d'ascoltare la parola del Signore” (Am 8,11).
Nel Vangelo di Matteo la giustizia è fare la volontà del Padre (Mt 7,21). Gli affamati di giustizia imitano l’amore gratuito e misericordioso del Padre verso tutti e seguono Gesù che ha “compiuto ogni giustizia”.

v. 7: Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
La misericordia è caratteristica propria di Dio che Gesù incarna. I misericordiosi, di conseguenza, sono coloro che, imitando Dio, sanno comprendere e perdonare il prossimo com’è chiesto nella preghiera del Padre Nostro (cfr. Mt 6,11-12.14-15).

v. 8: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Nella Bibbia il cuore è il “luogo” in cui avvengono le decisioni della vita. Il cuore buono rende buono tutto l'uomo, il cuore cattivo lo rende cattivo. L'espressione “cuore puro” è riferita alle persone rette e corrette nelle loro relazioni con Dio e con il prossimo. Quello che pensano, lo dicono e lo fanno: il loro agire è coerente con le intenzioni. Hanno l’occhio trasparente che sa vedere il bello e il buono in ogni cosa e poiché cercano Dio, lo trovano in tutto.

v. 9: Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Il termine in greco significa chi lavora per la pace, che “fanno pace” nel senso che aiutano i nemici a riconciliarsi. Non sono amanti del quieto vivere ma attivi operatori di pace, che agiscono come Dio stesso, perché Dio è il Dio della pace (Rm 16,20) e per questo sono chiamati “figli di Dio”: perché somigliano a Lui.

vv. 10 - 12: Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Si tratta di chi subisce ostilità, discriminazioni, diffamazioni, insulti e violenze per il nome di Gesù, per la causa del Vangelo. La persecuzione è segno che si è dalla parte di Gesù, perseguitato ingiustamente, e possiamo trovarci anche noi, oggi, tutte quelle volte che dobbiamo difendere la dignità di essere cristiani perché annunciamo il nome di Gesù. “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20).
La gioia del perseguitato è un’anticipazione della letizia del cielo perché a lui è garantita la più grande ricompensa: la vita eterna, la piena comunione con Dio. Per questo, fin da ora, dobbiamo gioire ed esultare e non essere tristi. Alla fine dei tempi potremo anche noi cantare il canto degli eletti: “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta” (Ap 19, 7).
“Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello” (Ap 7,14).

Appendice
Quando Gesù dice: Beati i poveri nello spirito (Mt 5,3), ci porta a capire che il regno dei cieli sarà dato non tanto a chi non possiede ricchezze, quanto piuttosto a chi è radicato nell’umiltà interiore. D’altra parte non si può dubitare che i poveri siano aperti più dei ricchi a questo dono dell’umiltà, perché la scarsità dei beni porta più facilmente alla dolcezza, mentre la ricchezza è spesso accompagnata dall’arroganza. E` vero però che ci sono dei ricchi che sanno mettere i loro beni a servizio degli altri, piuttosto che valersene per il loro prestigio personale: persone che considerano loro massimo guadagno il destinare la ricchezza a migliorare le condizioni di chi si trova nelle difficoltà o nella miseria. Ecco perché questa beatitudine è offerta agli uomini di ogni condizione: le disposizioni interiori possono essere le stesse pur nella diversità della situazione economica, perché questa disparità conta molto meno dell’affinità spirituale. Beata la povertà che non si lascia prendere dall’amore per le cose temporali e non desidera accumulare i beni terreni, ma è attenta ai beni che le vengono da Dio.
Dopo il Signore, i primi a darci l’esempio di questa povertà aperta ai valori dello spirito sono stati gli apostoli. Abbandonando senza calcoli tutti i loro beni alla chiamata del divino maestro, prontamente e con gioia hanno trasformato la loro esistenza e da pescatori di pesci sono diventati pescatori d`uomini. E infatti la loro fede si è posta come modello per molti e ha suggerito la stessa conversione: nei primi tempi della Chiesa, la moltitudine dei credenti era un cuor solo e un’anima sola (At 4,32). Essi si erano spogliati di tutti i loro possedimenti, e la loro povertà tutta orientata a Dio li disponeva a ricevere in abbondanza i beni eterni. Incoraggiati dalla predicazione degli apostoli, erano contenti di non aver nulla nel mondo e di possedere tutto in Cristo.
L’apostolo Pietro, un giorno, salendo al tempio, fu fermato da uno storpio che gli chiedeva l’elemosina: Argento e oro non ne ho - gli disse - ma ti do quello che possiedo: in nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina! (At 3,6). Che cosa di più grande di questa umiltà, o di più ricco di questa povertà? Pietro non ha le risorse del denaro, ma dispone dei beni naturali. L’uomo che una madre aveva dato alla luce infermo, Pietro lo guarisce con una parola. Non ha monete con l’effigie di Cesare, ma ha il potere di rifare in quell`uomo l’immagine di Cristo. E la ricchezza di cui Pietro dispone non salva soltanto quest’uomo, guarito dalla sua infermità, ma anche le cinquemila persone che in seguito al discorso fatto dall`apostolo per spiegare il miracolo, credettero. (Leone Magno, Sermoni, 95,2-3)

Il peso dell`umanità e la grazia di Dio
I santi si sentono ogni giorno decadere, sotto il peso di terreni pensieri, dalle altezze della contemplazione; contro la loro volontà, anzi senza saperlo, sono assoggettati alla legge del peccato e della morte, e sono distratti dalla presenza di Dio da opere terrene, per quanto buone e giuste. Hanno dunque delle buone ragioni per gemere continuamente presso il Signore, hanno ben motivo per cui veramente umiliati e compunti non solo a parole, ma di cuore, si dichiarino peccatori, chiedano sempre perdono per tutte le debolezze in cui, battuti dalla debolezza della carne, incorrono ogni giorno, e versano vere lagrime di penitenza, poiché vedono che fino alla fine della loro vita essi saranno tormentati dalle pene che li affliggono e che neanche possono offrire le loro suppliche senza il fastidio delle immaginazioni.
Resisi conto, quindi, ch’essi non riescono, per il peso della carne, a raggiungere con le forze umane la meta desiderata e che non riescono a congiungersi, come desiderano, al sommo bene, ma che invece sono travolti, come prigionieri, verso le cose mondane, ricorrono alla grazia di Dio il quale fa giusti i malvagi (Rm 4,5) e gridano con l’Apostolo: Oh, me infelice! chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo del signor nostro Gesù Cristo (Rm 7,24-25). Sentono che non possono portare a termine il bene che vogliono e che invece ricadono sempre nel male che non vogliono e odiano, cioè le immaginazioni e preoccupazioni delle cose terrene. (Giovanni Cassiano, Collationes, 18, 10)

Effondí, o Padre, la grazia del tuo Spirito sulla Chiesa,
che celebra il mistero pasquale nei santi
che hanno sofferto col Redentore e con lui sono stati glorificati,
perché tutti i tuoi figli raggiungano la salvezza,
e tu sia lodato in eterno.
(Messale Ambrosiano, Milano 1976: Tutti i Santi, Orazione inizio assembl. lit.)

… Carissimi, voi sapete che io sono stato chiamato ad entrare nell’anagrafe dei beati nell’immediato dopoguerra. Anche nel nostro Paese in quegli anni stava per scoppiare una guerra civile. Se questa tragedia ci è stata risparmiata, fu senz’altro perché, come dono fattoci dalla tradizione cristiana, sullo spirito della vendetta prevalse quello della riconciliazione. All’indomani della fine della guerra, scrivevo: “Ormai è tempo di stringersi tutti fraternamente la mano, per procedere all’immenso lavoro che ci attende in tutti i campi della vita sociale e nazionale. Rifare le coscienze, sgombrare le macerie morali da tanti cuori traviati, trovare finalmente la vera carità che ci faccia sentire fratelli gli uni con gli altri“.
Anche oggi i cristiani, per fedeltà al Dio della pace, sono tenuti a seminare perdono e misericordia nei solchi della storia umana, perché la sua traiettoria sia piegata verso la pace. E proprio di pace parla la settima beatitudine annunciata da Gesù nel discorso della Montagna: Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Ma in che cosa consiste questa pace di cui parla Gesù? Per apprezzare nel suo pieno valore la beatitudine agganciata alla parola “pace”, occorre assaporare il retrogusto di terra che si percepisce nell’espressione ebraica. La parola shalom deriva da una radice che, secondo i suoi usi, designa il fatto di essere intatto, completo, e arriva a indicare non solo l’assenza del mal-essere della guerra, ma afferma positivamente il ben-essere dell’esistenza quotidiana, lo stato dell’uomo che vive in armonia con la natura, con se stesso e con Dio. In concreto “pace” dice benedizione, sicurezza, lieto stupore, vita serena e appagata, gioia piena e perfetta.
Una vita benedetta è una vita in pace; è l’esistenza felice, feconda e fortunata di chi è e si sente amato, di chi si sa e si sente scelto, benvisto, benvoluto, benaccolto. E’ lo stato di grazia di chi può affrontare anche le prove più penose, perché sa e crede che davvero “tutto è grazia”. Una vita benedetta è la pace profonda di chi crede che perfino un deserto di male, se vissuto per puro amore, cambia radicalmente di segno – da meno (-) a più (+) – e può diventare un giardino fiorito di bene, al punto che invece di produrre, a sua volta, altro male diviene concreta possibilità di gratuita, irreversibile benedizione.
Ma chi sono gli operatori di pace, secondo Gesù? Si tratta di persone che amano molto la pace, tanto da non temere di compromettere la propria pace personale intervenendo nei conflitti al fine di procurare la pace tra quanti sono divisi. “Operatori di pace” non è sinonimo né di pacifici né di pacifisti, ma di pacificatori. Operatori di pace sono coloro che non si danno pace, finché non riescono a realizzare il bene comune.
Nella sua enciclica Laudato sì, papa Francesco ha legato fortemente il tema della pace alla custodia del creato. In buona sostanza nel suo messaggio il Papa vi chiede due no e tre sì. No all’egocentrismo che autorizzerebbe l’uomo a tiranneggiare sul creato. No all’ecocentrismo che priverebbe l’uomo della sua trascendente e superiore dignità. Alcuni dati confermano in modo allarmante la necessità di una inversione di rotta. Nei paesi ricchi viene sprecato il 30% degli alimenti. Solo in Italia rimangono invenduti e inutilizzati ogni anno 240mila tonnellate di alimenti, pari ad oltre un miliardo di euro. Questa somma basterebbe per dare tre pasti al giorno a 600mila persone. Positivamente il Papa raccomanda innanzitutto un cambio di mentalità: uscire dalla cultura dello scarto e dalla logica del mero consumo per promuovere forme di produzione agricola e industriale rispettose dell’ordine della creazione e soddisfacenti per i bisogni primari di tutti. Il secondo sì che il Papa domanda, conseguente al cambiamento di mentalità, è quello di nuovi stili di vita. Il consumismo ha mandato in letargo la coscienza. Più il cuore della persona è vuoto, più ha bisogno di intasarsi di cose da consumare. Un cambiamento negli stili di vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. Infine è richiesto un più chiaro e deciso investimento educativo. Sempre di più si deve educare a costruire la pace a partire dalle scelte di ampio raggio a livello personale, familiare, comunitario e politico. Tutti si è responsabili della pace e della protezione e cura del creato.
Termino con uno slogan. E’ di papa Francesco, per la prossima Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 2016): Vinci l’indifferenza e conquista la pace. L’indifferenza va sconfitta con una vasta e capillare opera di sensibilizzazione e di formazione. Vi raccomando, miei giovani amici: non fatevi rubare la speranza! non fatevi addormentare la coscienza! non fatevi condizionare dall’indifferenza che regna sovrana! Riempite di Gesù la vostra giovinezza: ve la ritroverete piena di luce e sarete beati operatori di pace… (Mons. Francesco Lambiasi, Lettera aperta del Vescovo al Beato Alberto Marvelli, Omelia del 5 ottobre 2015)

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