JUAN J. BARTOLOME sdb LECTIO DIVINA"Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna"?

11 ottobre 2015 | 28a Domenica - Tempo Ordinario B | Lectio Divina
LECTIO DIVINA: Mc 10,17-30 
Nel suo tenore attuale, il racconto illustra il tema dell'assoluta disponibilità richiesta al discepolo di Gesù: la volontà di Dio compiuta fin
da piccoli non è sufficiente per essere compagni di un Gesù in cammino verso la morte. La rinuncia a quanto, anche se buono, dà sicurezza è condizione previa per seguirlo. Gesù non sopporta al suo fianco persone che coltivino altre fedeltà, che credano di dovere ottemperare ad altri compiti che non siano il Regno.
Essere perfetto non è questione di guadagno; rinunciare ai propri beni non è possibile con le sole proprie forze o solo con l'entusiasmo per Gesù, il maestro buono. Chi può farlo, deve riconoscere la grazia di Dio. Chi lascia tutto per seguire Gesù è perché è stato scelto da Lui. Non è discepolo di Gesù chi desidera esserlo, bensì chi è voluto; non perché si è già buoni, bensì per esserlo; non per avere molti beni, bensì per ottenere il Regno.
Se non è necessario essere già buoni per seguire Gesù, è imprescindibile non considerare niente migliore di Lui, finché viviamo in sua compagnia. Non si rinuncia perché lo si vuole possedere, si rinuncia perché già lo possiede.

In quel tempo,
17 mentre Gesù camminava, gli si avvicinò un tale, si inginocchiò e gli domandò:
"Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna"?
18 Gesù gli rispose: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo.
1 9 Conosci i comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora tuo padre e tua madre."
20 Egli replicò: "Maestro, tutto questo l'ho osservato sin da piccolo".
21 Gesù fissandolo lo amò e gli disse: "Una cosa ti manca: và, vendi ciò che hai, dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo, e poi seguimi".
22 A queste parole, egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato, perché era molto ricco. 23 Gesù, guardandosi intorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto è difficile per un ricco entrare nel regno di Dio"!
24 I discepoli furono sconcertati di queste parole. Gesù replicò:
"Figlioli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio per coloro che mettono la loro speranza nel denaro! 25E' più facile a un cammello passare per la cruna di un ago, che a un ricco entrare nel regno di Dio".
26 Spaventati domandarono: "Dunque, chi può salvarsi"? 27Gesù guardandoli disse:
"E' impossibile per gli uomini, ma non per Dio. Dio può tutto."
28 Pietro gli disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito".
29 Gesù disse: "Vi assicuro che chiunque lascia casa, o fratelli o sorelle, o madre o padre, o figli o terre, per me e per il Vangelo, 30riceverà, in questo tempo, cento volte tanto-casa e fratelli e sorelle e madre e figli e terre, con persecuzioni-e nel futuro, la vita eterna".

1. LEGGERE: Capire quello che dice il testo e come lo dice

Dopo l'istruzione data ai discepoli, (Mc 9,33 -50) che segue il secondo annuncio della passione, (Mc 9,30 -32), Marco presenta Gesù per l'ultima volta in Giudea come maestro, di moltitudini e dei discepoli, nella sua cronaca del cammino verso Gerusalemme, (Mc 10,1 -52). In concreto, la nostra scena, (Mc 10,17 -31), ha come motivo l'incompatibilità dei beni con il seguire Gesù: il bene del discepolo buono deve essere solo il Gesù che segue. E per seguirlo dovrà lasciare tutti i beni che possiede. Gesù non sopporta che i buoni mantengano beni propri in concorrenza con lui. Dai suoi chiede consacrazione esclusiva.
È questo l'unico racconto evangelico di vocazione con risposta non affermativa. Non bisogna dimenticarlo. Il ricordo dell'incontro di Gesù con il giovane buono, tanto quanto ricco, servì alla comunità cristiana per darsi risposta alla questione dei beni per seguire Gesù. I primi cristiani potevano identificarsi con i primi discepoli che avevano abbandonato tutto per seguire Gesù. La loro chiamata non era stata conseguenza di una vita di obbedienza alla legge, bensì risposta all'invito personale di Gesù.
Il racconto, composto con notevole maestria, è stato trasmesso dai tre sinottici, (Mc 10,17-31; Mt 19,16-30; Lc 18,18 -30). La versione di Marco descrive meglio i comportamenti e gli affetti dei protagonisti (Mc 10,17.21.22.24.26). E si presenta, essenzialmente, come un dialogo continuato, nel quale Gesù è permanente protagonista. A seconda dei suoi interlocutori, un sconosciuto, i discepoli o Pietro, si distinguono tre scene: l'incontro di un giovane con Gesù, (Mc 10,17b -20), il commento che Gesù dirige ai suoi discepoli, (Mc 10,23 -27), la reazione dei discepoli davanti al radicalismo di Gesù, (Mc 10,28 -31).
Il dialogo di Gesù col ricco, (Mc 10,17b -22), incomincia un po' bruscamente. Durante il tragitto, Gesù è avvicinato da qualcuno che non è interessato a lui, alla sua persona, bensì a sé stesso, alla sua propria salvezza. Da Gesù non chiede beneficio alcuno, solo consiglio (Mc 10,17.20). L'incontro si verifica su richiesta dello sconosciuto. Gesù risponde alle preoccupazioni del suo interlocutore, benché solo in apparenza; in realtà, lo tira fuori con maestria dalla sua preoccupazione, come fosse egoistica, e gli propone la perfezione: da sconosciuto diventa un essere amato.
Dopo la scomparsa del ricco, Gesù commenta il suo fallimento coi discepoli, (Mc 10,23 -27). Il quadro si apre e si chiude menzionando lo sguardo di Gesù (Mc 10,23.27) che insiste, in una specie di catechesi sull'entrata nel regno, sulla sua difficoltà (Mc 10,23.24.27). I discepoli, stupiti in primo luogo (Mc 10,24), interessati dopo (Mc 10,26), sono i destinatari unici di tale insegnamento e, per una volta, capiscono correttamente. Non è che sia difficile per gli uomini, è che è reso possibile solo a Dio.
Pietro esprime la reazione dei discepoli davanti al radicalismo di Gesù, (Mc 10,28 -31). La problematica personale del giovane è sparita totalmente dal racconto. Pietro che dà per scontato di aver fatto già quello che è risultato impossibile al giovane, riesce a ricevere da Gesù una promessa di ricompensa, per ora e per dopo. Qualunque cosa che si lasci, e sono sette quelle che si enumerano, risulta vistoso; in effetti, non si menzionino solo, né in primo luogo, le proprietà. Ci sono più cose da lasciare oltre ai beni materiali.
Non è la legge quella che conduce alla convivenza col maestro: chi è stato irreprensibile dalla sua infanzia non è riuscito a rimanere con Gesù. Neanche la bontà personale è la preparazione migliore per seguire Gesù; essere già stato buono non è sufficiente per essergli compagno. L'uomo ricco rispettava già da sempre tutti i comandamenti; Gesù arrivò a volergli bene e gli propose di seguirlo, proponendogli rotture inaudite e separazioni dolorose: lasciare i suoi beni dandoli ai più poveri. Gesù è buono solo per chi non possiede un altro bene. Non si può avere Gesù come maestro buono, se si mantengono come propri, alcuni beni.

II. MEDITARE: APPLICARE QUELLO CHE DICE IL TESTO ALLA VITA

La domanda che il giovane pone a Gesù fu, senza dubbio, ben intenzionata. Voleva sapere che cosa doveva fare per guadagnarsi il cielo e si affrettò a domandarlo a quel maestro buono che trovò sulla sua strada. Per questo motivo richiama ancora di più l'attenzione il fatto che abbia ricevuto da Gesù una risposta un po' strana: non c'è ragione per chiamare buono nessuno se non Dio; se conosci i comandamenti, saprai che cosa fare per entrare nella vita eterna", (Mc 10,18 -19). Chiunque di noi, dopo aver ricevuto un trattamento simile, avrebbe cessato subito di interessarsi a un maestro tanto inopportuno.
Il giovane, con sorpresa dello stesso Gesù, continua il dialogo: "Tutto questo io l'ho fatto fin da piccolo" (Mc 10,20). Con tale confessione non poté fare a meno di guadagnarsi l'attenzione di Gesù che - ci ricorda il cronista - rimase a guardarlo con innegabile affetto. E Gesù, durante il tragitto, fissò la sua attenzione, ed il suo cuore, su quel giovane che era stato capace di proclamare in pubblico che aveva rispettato sempre Dio.
Se ascoltando il Vangelo abbiamo oggi un po' di invidia di questo ragazzo che seppe guadagnarsi l'attenzione e l'affetto di Gesù in un incontro fugace, dovremmo sentire anche un po' di vergogna. Nonostante che già da tanti anni seguiamo Gesù, non possiamo ripetere le sue parole. Il vecchio discepolo, il cristiano di sempre, non può dire, come disse il giovane di aver sempre eseguito puntualmente e con esattezza la volontà di Dio fin dalla sua infanzia. Non è singolare che noi, a differenza di quello che è successo con il giovane, non ci sentiamo oggetto dello sguardo attento di Gesù né beneficiari delle attenzioni del suo cuore. Gesù riserva il suo amore e le sue attenzioni a coloro i quali compiono la volontà di Dio e, non accontentandosi di ciò, ancora gli domandano che cosa possono fare di più. Chi fa tutto quello che deve e vuole ancora fare di più per Dio, conterà sempre sull'affetto e sulle attenzioni di Gesù.
Più che lamentarci, dunque, di Dio per quando ci trascura, dovremmo impegnarci oggi a rispondere meglio ai suoi desideri e vivere secondo la sua volontà. Se vogliamo guadagnarci il suo amore, dovremmo amare il suo volere. Chi desidera sentirsi caro a Dio, dovrà avere desiderato la sua volontà. Dio, come Gesù nel Vangelo, non può resistere a chi non gli ha mai opposto resistenza; ama chi non gli ha mai disubbidito; non smette di guardare chi l'ha contemplato sempre. Come Gesù si sentì attratto da quel giovane che osò confessargli la sua bontà di vita, Dio si invaghisce di chi l'ama tanto da fare sempre la sua volontà e, nonostante, essere preoccupato che non sia ancora abbastanza.
E come prova dell'affetto che sente per chi obbedisce, Dio, come Gesù con il giovane ricco, normalmente scopre quello che ancora gli manca da fare, la rinuncia che non ha osato ancora realizzare, il sacrificio che è stato sempre evitato, anche se ha sempre fatto la volontà di Dio. Invita a seguirlo personalmente, ad una convivenza più continua, a condividere tutto quello che Dio ha e, pertanto, a rinunciare a quanto egli possa ereditare.
Dio normalmente esige, come fece Gesù col giovane rispettoso della legge, l'alienazione dei propri beni per poter essere, Egli solo, il nostro tesoro, per occupare nella nostra vita, e nel cuore, il posto che possiedono i nostri beni. La pena è che il giovane preferì mantenere i suoi beni ad avere il suo bene in Dio; chi aveva avuto forza per compiere da sempre la volontà di Dio, non poté rinunciare ai suoi beni per guadagnare un Dio che già l'amava. E quella fu la sua tragedia.
Non poté rimanere con Gesù perché non poté rimanere senza le sue molte ricchezze. A poco gli servì tanta obbedienza e l'affetto da Gesù: i suoi beni non gli avevano impedito di essere un buon credente in Dio, un esecutore puntuale della sua legge, ma gli impedirono di essere discepolo di Gesù, il suo compagno di strada, l'amico di tutta la vita.
C'è un dettaglio curioso nella scena evangelica. Sappiamo che il giovane era molto ricco, solo dopo essersi rifiutato di vendere quanto possedeva. Il giovane del Vangelo che era stato tutta la sua vita fedele e rispettoso della legge e che voleva ancora fare qualcosa in più per la sua salvezza, era molto ricco e voleva continuare ad esserlo. Pensò che meritava più attenzione i suoi beni che il seguire un buon maestro. E così, egli, il fedele servo di Dio a cui Gesù si era affezionato, mise in pericolo la sua salvezza, afferrandosi ai suoi propri beni. Non importa sapere quanto possedeva. I suoi beni erano sufficientemente grandi in questa vita per non seguire colui che l'amava e per mettere in pericolo la sua vita eterna.
Non sempre i beni dai quali Gesù esige che ci separiamo sono economici, benché a questi si riferisca qui esplicitamente Gesù. Tutto quello che, non essendo Dio, è capace di guadagnarsi la nostra fiducia; tutto quello, persone o cose, sentimenti o progetti, su cui assicuriamo il nostro futuro; tutto quello a cui preferiamo non rinunciare, anche a costo di rinnegare Dio, sono quei beni che Gesù desidera che vendiamo quanto prima; perché, come ha dovuto imparare il giovane buono, per seguire Gesù non basta né la buona volontà né il compimento esatto della legge.
Per seguire Gesù è necessario disfarsi di quanto ci lega a quello che egli non è, staccarsi da quello che ci impedisce di accompagnarlo liberi dai bagagli; Gesù non vuole nella sua compagnia discepoli carichi di cose irrinunciabili, posseduti dai loro beni, preoccupati di conservare quello che un giorno lasceranno in questa terra. Per poter essere lui nostro unico bene, il nostro capitale più sicuro, impone non portare provviste per la strada né mantenersi a base di beni perituri.
Faremmo male a pensare che Gesù oggi non ci dirige un invito simile a quello che diresse a quel giovane diligente. Rifugiarsi nel che non siamo ancora buoni, come già lo era il giovane ricco, non ci dispensa dal cercarlo affinché ci indichi, come maestro buono, che cosa è quello che dobbiamo fare. Credere che non siamo ricchi ancora, o non quanto basta, non ci libera della chiamata di Gesù a staccarci dai beni che crediamo di possedere e che ci mantengono lontani dalla sua persona e dal suo servizio. Proseguiamo sempre di più nella vita cristiana sempre più ricchi di cose, ogni giorno con le nostre necessità più urgenti da soddisfatte al meglio, ma poveri di Dio e scarsi di allegria.
Sappiamo che il giovane era molto ricco, perché non poté staccarsi dalla sua fortuna; e sappiamo anche che perse l'occasione di rimanere con Gesù e l'allegria di vivere: mantenne i suoi beni e perse Dio. La cosa peggiore che potrebbe succederci, discepoli già di Cristo, sarebbe che, non essendo tanto ricchi come quel giovane, non possiamo staccarci neanche dai nostri beni: i nostri piccoli averi sarebbero la nostra grande perdita! Tutto quello a cui dobbiamo rinunciare per seguire oggi Gesù, tutto quello che ci ostacola, o ritarda, oggi il seguire Gesù sono i beni che bisognerà perdere per non perdere Dio, beni che bisognerà alienare per vivere in allegria e vivere di Dio.
Non c'è dubbio che tale rinuncia è eccessivamente difficile! Lo compresero i discepoli che accompagnavano Gesù, perché avevano lasciato tutto per andare dietro a lui. Ad essi Gesù manifestò il segreto: Dio fa possibile quello che è impossibile all'uomo; converte in migliore quello che non ci sembra tanto buono. Chi sa di avere il suo bene in Dio, ed il suo tesoro nel cielo, non può sopportare di rimanere senza Dio ed è disposto a sacrificare oggi qualsiasi cosa! - pur di non perderlo per sempre. E noi, quando lo capiremo?, quando inizieremo a fare del nostro Dio il miglior tesoro, l'unico irrinunciabile?

                                                                                    JUAN J. BARTOLOME sdb

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