Luigi Gioia osb"L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto" (Marco 10, 2-16)

XXVII TEMPO ORDINARIO – ANNO B 2015
Dal Vangelo secondo Marco 10, 2-16
luigi gioia osb
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a
Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha
ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».

Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma
dall’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e
sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due,
ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli
lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e
ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un
altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li
rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini
vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità
io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E,
prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
Il vangelo di oggi ci insegna che ci sono due maniere di accostarsi a Gesù.
Abbiamo prima di tutto quella dei farisei. Il vangelo ci dice che si avvicinano a Gesù per
metterlo alla prova. Non vengono dunque per ascoltare Gesù, per imparare. Sanno già, o
almeno credono di sapere, ciò che è giusto. Del resto, il modo stesso nel quale pongono la
domanda è insidioso e indica che l’intenzione non è retta. Dicono: E’ lecito fare questo o
fare quello? Non chiedono come fare il bene, ma in un certo senso chiedono: fino a che
punto mi è permesso di fare il male? Per questo con loro Gesù è così severo, risponde alla
loro domanda con un’altra domanda e poi li accusa per la durezza del loro cuore.
Questo primo modo interrogare Gesù è dunque tipico di coloro che non cercano davvero
la verità, che non cercano di sapere veramente come essere nella volontà di Dio. Il Vangelo
ci indica però un altro modo, quello giusto, di accostarsi a Gesù. Lo vediamo
nell’atteggiamento dei suoi discepoli.
Prima di tutto i discepoli sono coloro che seguono Gesù, quindi che hanno fiducia in lui e
che, quando lo interrogano, lo fanno perché veramente credono che egli sappia qualcosa che
loro non sanno. C’è una reale apertura ad accogliere quello che di nuovo e a volte anche di
difficile Gesù potrebbe chiedere. E poi non sono nella dinamica del legalismo, di quello che è
lecito, ma sono in quella del desiderio di piacere al Signore, di corrispondere al suo disegno

di salvezza sull’uomo. Non chiedono ciò che è lecito, ma chiedono come piacere al Signore,
come essere più vicini a lui, come vivere in amicizia con lui.
Nel contrasto fra questi due modi di interrogare Gesù abbiamo una rappresentazione
della differenza che vi è nel nostro atteggiamento nei riguardi del Signore prima e dopo il
peccato originale. Prima del peccato originale Adamo ed Eva erano come dei bambini,
conversavano piacevolmente con Dio, erano nudi e non ne provavano vergogna. Erano
completamente aperti nei confronti di Dio. I discepoli sono coloro che ritrovano questo tipo
di relazione con Dio attraverso Gesù.
Dall’altra parte, invece, abbiamo quello che succede dopo il peccato originale, quando il
serpente insinua in Adamo ed Eva il dubbio su Dio, li conduce a diffidare di lui. Quando Dio
arriva, si nascondono, si vergognano l’uno della nudità dell’altro. Quando parlano con Dio
appaiono la diffidenza e il cinismo, vale a dire lo stesso atteggiamento equivoco che
assumono i farisei del vangelo di oggi. Per questo Gesù, alla fine di questa stessa pagina
dice: lasciate che i bambini vengano a me. E poi ancora: Solo chi accoglie il regno di Dio
come un bambino, entrerà in esso.
Solo chi è bambino, solo chi entra in questo atteggiamento di apertura e di fiducia nei
confronti di Dio può accostarsi a lui, può aprire le orecchie del cuore per ascoltare quello che
Gesù ci dice. Di fronte infatti alle esigenze poste dal Vangelo ci troviamo ad affrontare lo
stesso dilemma. Si può essere tentati di dubitare di Dio, di restare in questa diffidenza e in
questa resistenza a Dio che ereditiamo con il peccato originale. Oppure possiamo scegliere
di non vergognarci del Vangelo – come dice Paolo – di accoglierlo interamente, fedelmente,
come dei bambini, di accogliere la novità di Dio.
All’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina, per questo l’uomo lascerà suo
padre e sua madre e i due saranno una carne sola, sicché non sono più due, ma una carne
sola. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto. Dio congiunge lo sposo e la
sposa. Ciò che si realizza nel matrimonio non è qualcosa di umano. C’è una dimensione
umana, ma è una dimensione che è interamente assunta nella fedeltà di Dio, nella quale Dio
diventa uno dei partner, in un certo senso. In un matrimonio non ci sono solo due persone,
ma ce ne sono tre, e la terza è Dio. E poi Gesù aggiunge: chi ripudia la propria moglie e ne
sposa un’altra, commette adulterio contro di lei. E se la donna ripudia il marito e ne sposa
un altro, commette adulterio.
Come con Adamo ed Eva, il serpente può tentare di insinuare nel nostro cuore lo stesso
dubbio sulle intenzioni del Signore, quando ci da dei comandamenti così esigenti. Questo

dubbio che si insinua nel nostro cuore: Come può il Signore avere un’esigenza così
inumana? Non sa forse il Signore quante prove, quante sofferenze si vivano a volte nelle
situazioni coniugali? Come può Dio rifiutare ad una persona che ha sbagliato, a volte per
inesperienza, a volte perché era impossibile prevederlo, una seconda possibilità? E cosa ne è
delle coppie gay, di persone che non potranno mai trovare la loro felicità in una relazione
eterosessuale? Sono forse condannati alla solitudine e alla rinuncia al loro bisogno di amare
ed essere amati per sempre?
Oggi ci interroghiamo con una sensibilità nuova su queste questioni. Interroghiamo Gesù,
il Vangelo con una consapevolezza nuova della complessità della vita affettiva e sessuale.
Abbiamo tutti finalmente capito per esempio che l’omosessualità non è una malattia, non è
una deviazione, non è il risultato di un qualche errore del Creatore. E’ un fatto, è una
caratteristica inalienabile di tante persone, è un elemento fondamentale della loro identità, è
un fattore di arricchimento considerabile per la società e va assunta pienamente e
liberamente. Allo stesso modo siamo meglio consapevoli di quanto le nostre scelte siano
spesso meno libere di quanto crediamo nel momento stesso in cui le facciamo. Infine
abbiamo finalmente cominciato a ridimensionare l’associazione tra sessualità e peccato che
ha trasformato questa dimensione della nostra umanità in un nodo sul quale esercitare un
controllo assoluto non solo su gesti ma anche su pulsioni, passioni e desideri. Il meglio è
spesso nemico del bene. Non è un mistero per nessuno quanto, giusto per dare un esempio,
le posizioni assolute della Chiesa sulla contraccezione, pur con le più nobili intenzioni,
abbiano di fatto disancorato completamente l’insegnamento della Chiesa dalla realtà e
condotto ad un massiccio allontanamento dalla fede prevedibile e in gran parte
comprensibile.
Nel Vangelo Gesù ci dà dei comandamenti come quello della pagina odierna, ma ci
ricorda anche costantemente che è venuto non per i sani ma per i malati. E nel mondo, nella
Chiesa nessuno è sano, siamo tutti malati. L’immagine preferita della Chiesa di Papa
Francesco è quella di un ospedale da campo.
L’ideale lo vorremmo tutti. Tutti vorremmo essere sani, agire rettamente, essere sempre
completamente padroni delle nostre emozioni, della nostra sessualità, dei nostri desideri e
delle nostre scelte. Ma allora saremmo nella categoria di coloro che non hanno bisogno di
Gesù né del Vangelo. E saremmo nell’illusione.
Il magistero ufficiale della Chiesa in questi ultimi 40 anni ha peccato di elitismo e di un
certo pelagianesimo, si è focalizzato ossessivamente su questioni di natura sessuale, ha
finito con l’assumere l’atteggiamento che Gesù più di tutti detestava e rimproverava:
imporre pesanti fardelli sulle spalle degli altri senza toccarli neanche con un dito. E se la
gente si è così massicciamente allontanata dalla Chiesa è stato perché quest’ultima ha
presentato la legge e non la grazia, ha voluto raschiare la ruggine fino a rompere il vaso.
Oggi finalmente viviamo una stagione di ritorno alla freschezza evangelica. Ritroviamo la
centralità del messaggio di Gesù: Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io
voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa. Gesù non ha
insegnato e legiferato seduto su un trono ma si è messo in cammino con l’umanità ferita e
prima ancora di insegnare ha fasciato le ferite, ha rincuorato gli animi affranti, ha soccorso
chi era caduto, ha preso su di sé il nostro giogo, i nostri pesanti fardelli.
E’ giusto certo ricordare il progetto di Dio sull’umanità e oggi in particolare quello sulla
famiglia. E’ giusto sostenere le famiglie nella fedeltà coniugale, nel difficile compito di
educare i figli e nel restare costantemente aperti alla vita sotto tutte le sue forme.
Ma è altrettanto giusto ed urgente sostenere ed accompagnare tutti coloro che nel quadro
del matrimonio e della famiglia hanno trovato immense sofferenze e dolore, coloro che dopo
essersi sposati una prima volta senza saper distinguere la loro destra dalla sinistra sono stati
capaci una seconda volta di fare una scelta davvero matura ed adulta.
E’ altrettanto giusto accompagnare e sostenere le persone omosessuali che continuano ad
essere colpevolizzate e disprezzate in una cultura che nel nostro Paese e soprattutto nella
Chiesa continua a restare pesantemente omofoba. Occorre educare, sostenere ed
accompagnare il bisogno di amare ed essere amati di tutti; aiutare tutti a superare la
vertigine della promiscuità per entrare nel solo tipo di relazione che permetta di trovare
pace e gioia, vale a dire quella di un dono reciproco nella fedeltà; aiutare tutti ad assumere
pienamente la propria sessualità come una cosa bella e come un dono del Signore, sia essa
eterosessuale o omosessuale, e scoprire progressivamente come integrarla in relazioni sane
e mature.
Chi dice che sostenere la fedeltà e il dono reciproco in coppie di divorziati risposati o in
coppie omosessuali è un attentato alla famiglia inverte il messaggio di Cristo e del Vangelo –
invece di dire con Gesù Misericordia io voglio e non sacrificio, grida “Voglio sacrificio e
non misericordia” e continua a condannare individui senza colpa.
Lasciamo allora che i bambini vadano a Gesù e bambini lo siamo tutti – tutti incapaci di
corrispondere alla grazia di Dio in pienezza, tutti feriti in un modo o nell’altro, tutti
bisognosi di speranza e di consolazione, tutti alla ricerca di senso nelle nostre vite
frantumate e nel difficile percorso ad ostacoli attraverso i mille condizionamenti che dettano
le nostre scelte malgrado le nostre intenzioni.
E preghiamo perché il Sinodo sulla famiglia che si apre proprio in questa domenica
accolga questo invito di Gesù: lasciate che i bambini vengano a me, lasciatemi donare
misericordia e consolazione a tutti, a tutte le famiglie, a tutti i coniugi, sposati e non,
divorziati e non, eterosessuali o omosessuali – queste sono le nostre categorie, non sono
quelle di Gesù. Per lui non ci sono coppie regolari o irregolari, etero o gay, praticanti o non
praticanti – per lui siamo tutti solo bambini e da noi tutti quello che vuole è solo questo: che
veniamo a lui, che dimoriamo con lui, che ci lasciamo prendere sulle sue spalle perché egli
possa ricondurci al Padre.

dal sito:
luigi gioia osb

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