p. Fabrizio Cristarella Orestano"I SANTI DANNO RESPIRO ALLA STORIA"

Tutti i Santi – Una folla immensa
  29 ottobre 2015 | Anno 2014/15, Mt cap. 05, Omelie Anno B, Vangelo di Matteo
Ap 7, 2-4.9-14; Sal 68; 1Gv 3, 1-3; Mt 5, 1-12a
MONASTERO DI RUVIANO
Poveri noi e povera Chiesa di Cristo se pensiamo che le Beatitudini siano dei “bei valori”, o che siano il
prodotto di una bell’anima poetica vissuta di sogni duemila anni fa, e siano quindi prodotto della sua sfrenata fiducia in quell’uomo che fiducia non ne merita neanche un po’ e che è assolutamente “irredimibile” … Poveri noi se pensassimo che il “mondo è sempre andato così e sempre andrà così”, che il mondo è fatto di ricchi fortunati e di poveri diavoli, che è fatto di buoni, che fanno delle brutte fini, e di furbi e potenti che hanno la meglio; poveri noi se siamo convinti che il mondo è fatto da chi più possiede e  possiederà sempre di più e da chi non ha nulla e, sarà anche buono, ma è un perdente …
E’ questo lo sguardo che tanti hanno sulla storia, e sorridono con sufficienza dinanzi a pagine come le Beatitudini … La Solennità di oggi ci dice però che è possibile un altro sguardo sulla storia e sull’uomo, che è possibile che “i perdenti” siano invece quelli che si credono “i vincenti”, e vincenti siano quelli che tutti reputano perdenti. La Solennità di oggi non serve ad avvalorare una folle chimera, ma serve per confortare e rafforzare chi, avendo conosciuto Gesù, si è incamminato sulla sua strada e ne vuole pagare “il prezzo”; e lo vuole fare con gioia, sapendo che quella è l’unica via capace di realizzare l’uomo e di donare senso ai giorni della storia. La Solennità di oggi vuole gridare la verità di un capovolgimento di prospettive: “Chi fa la storia?”. Non la fanno quelli che il mondo crede la facciano.
Il testo dell’Apocalisse, con quella moltitudine immensa, ci dice che la santità non è chimera, e non è neanche una via per una èlite scelta con chissà quali criteri … C’è un solo criterio: essere disposti a scommettere la vita su Gesù e sul suo Evangelo! E questo significa essere disposti a portare anche l’opposizione del mondo! I santi trovano l’ostacolo di un mondo che, nella migliore delle ipotesi, ride di loro e, nella peggiore delle ipotesi, schiera tutto il suo armamentario violento: insultare, perseguitare, mentire, dire ogni sorta di male … in fondo, se ci pensiamo bene, sono i verbi che fanno la Passione di Gesù! Il mondo avrà per i santi un orizzonte senza confini di iniquità e Matteo l’ha detto: Ogni sorta di male …
Il mondo vecchio è così; ma proprio lì, in questo fiume di iniquità, si apre una strada in cui i santi, contraddicendo il mondo con le loro vite, potranno tracciare una scia di bellezza, di luce, di novità.
I santi, che oggi contempliamo, sono quelli che hanno attraversato la storia e sono giunti alla meta e vivono alla meta. Alcuni le Chiese li hanno indicati come tali ai credenti, ma la massima parte di essi sono passati nella storia e nessuno (o pochissimi) se ne sono accorti; spesso sono stati creduti inutili; spesso sono stati disprezzati, altre volte, addirittura, sono stati scambiati per empi. Tantissimi hanno portato segretamente il sigillo della croce e nessuno se ne è accorto: uomini e donne come noi, forse (e senza forse!) carichi di debolezze, carichi di fragilità e, spesso, anche di peccato ma santi perché hanno avuto la capacità di presentarsi a Dio, come diceva una santa canonizzata, Santa Teresa di Lisieux, “a mani vuote”, con la loro impotenza e con la loro incapacità a costruire la loro santità. Sono però santi perché hanno chiesto a Dio, con tutte le loro forze, di essere fatti santi da Lui! Sono santi perché, mentre chiedevano a Dio la santità, hanno lottato per essere uomini di verità, di amore, di misericordia …
Sono stati poveri nel profondo; Matteo nelle Beatitudini fa dire a Gesù non «Beati voi poveri», come scriverà Luca, ma «Beati i poveri nello spirito» che non è un’attenuazione, non è un’affermazione rassicurante per i ricchi, quasi a dire che ciò che conta è la povertà interiore che può convivere con grandi ricchezze (cioè: “Posseggo ma sono distaccato!”). No! Poveri nello spirito significa povertà radicale, profonda, e questo perché la povertà evangelica non è “non avere nulla” (ci sono dei miserabili che sono avarissimi e legati all’estremo alle loro povere cose!) ma è il fidarsi realmente e profondamente di Dio e non dei beni di ogni tipo, non dell’accumulo che mette “al riparo”. Più avanti, nel Discorso della montagna, Gesù, infatti, dirà: “Non potete servire a Dio e a Mammona” (cfr Mt 6, 24) … I poveri, i santi, hanno fatto la scelta di servire Dio, di fidarsi di Lui; e quelli che hanno scelto questa via sono tanti, sono quella folla immensa che Giovanni ha visto con stupore nel brano del Libro dell’Apocalisse che oggi leggiamo.
“Una folla immensa”: quanti sono passati facendo del bene senza ostentazioni, senza sentirsi giusti, senza giudicare gli altri sul proprio metro, senza disprezzare gli altri! … Ecco i santi … e nella storia erano già figli di Dio.
La seconda lettura di questa liturgia, sempre uno scritto giovanneo, tratto dalla prima lettera dell’Apostolo, ci rivela questa straordinaria qualità del cristiano: essere figlio di Dio ed esserlo realmente. Santi perché Dio li ha“separati” per Lui; infatti, il significato letterale della parola ebraica “kadosh”, lo sappiamo, è “altro”, “separato”. In Cristo i santi sono stati “messi a parte” per Dio. Ora, questi figli di Dio il mondo non li conosce e, come prima si diceva, li osteggia e perseguita o, comunque, li considera senza nessun valore.
Noi ci meravigliamo di questo, eppure il Nuovo Testamento lo afferma con chiarezza: il Santo di Dio, Gesù Cristo, il Santo per eccellenza,  è stato odiato, perseguitato, riprovato, ucciso, e un discepolo non è meno del maestro, ha detto Gesù (cfr Gv 15, 18-21). Il mondo non ha riconosciuto Lui che era la luce, come può riconoscere noi che riflettiamo la sua luce, che tante volte rendiamo opaca con le nostre miserie e i nostri peccati?
Scriveva anni fa Enzo Bianchi: «Paolo ci ricorda che “ormai la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio» (cfr Col 3, 3): nascosti per il mondo e per noi stessi. E’ normale che, anche se fatti santi da Dio, eletti, separati dalla mondanità, noi risultiamo sconosciuti al mondo.
C’è una pretesa tra i cristiani di oggi: il riconoscimento da parte degli uomini. E’ una pretesa anti-evangelica … l’unica beatitudine e l’unica gioia la possiede il cristiano che sa dire con Paolo, nella fede, anche se a caro prezzo, «siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, sì, ma non abbandonati alla morte; afflitti, ma sempre lieti, poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla, e invece possiede tutto». (cfr 2Cor 6, 8-11).
Quale il “segreto” dei santi nella storia? La speranza di vedere Dio faccia a faccia … una speranza che ci purifica perché, per quella speranza, noi cerchiamo la comunione con Lui già quaggiù. Per quella speranza noi beviamo al calice della comunione dei santi.
Facciamo comunione con il Santo, Gesù Cristo e, in Lui dilatiamo il cuore alla comunione dei santi, con tutti i santi, quelli della terra e quelli del cielo. E con questi possiamo vivere un dialogo vero, profondo …  Il passo dell’Apocalisse ci testimonia la possibilità di questo dialogo con i santi: infatti, nella pagina che oggi leggiamo c’è uno straordinario dialogo tra Giovanni e un Vegliardo. Commentando questo testo, i Padri della Chiesa, a partire da San Gregorio di Nazianzo, affermano questa reale possibilità di dialogo con i santi che sono alla meta.
San Gregorio fa un’ipotesi suggestiva. Chi è quel Vegliardo? Per Gregorio si tratterebbe di Giacomo, il fratello di Giovanni, il primo tra gli Apostoli che ha versato il sangue per Gesù (cfr At 12, 2) … è allora un Apostolo già alla meta che dialoga con un Apostolo ancora dolorosamente in cammino (i due fratelli sono il primo e l’ultimo dei Dodici apostoli a morire!) ed è proprio il Vegliardo (Giacomo, secondo l’ipotesi del Nazianzeno) che inizia il dialogo: «Uno dei Vegliardi prese la parola e mi disse: “Questi che sono avvolti in bianche vesti chi sono e da dove sono venuti?». E Giovanni risponde: «Tu lo sai! E il Vegliardo testimonia: Sono coloro che sono passati per la grande prova fino a lavare le vesti nel sangue dell’Agnello».
Insomma c’è una koinonìa che supera spazio e tempo, c’è una koinonìa che aiuta lo sforzo dei credenti a vivere la koinonìa nella storia. La comunione con i santi è, insomma, radice santa per la comunione dei santi che sono in cammino.
Vivendo la lotta per la comunione, i santi santificano la storia. Lo sappia o non lo sappia il mondo, sono i santi che danno respiro alla storia impedendole di morire d’asfissia; sono i santi che immettono in questa storia un alito rinnovatore di vita. Il mondo pretende di essere il padrone della storia e di salvarla con la ricchezza, il potere, la violenza, l’avidità, la prevaricazione, e invece la storia la salvano ogni giorno i poveri, i miti, gli affamati, i misericordiosi, i puri, i pacificatori, i perseguitati.
E’ il mistero della santità. E’ mistero che ci appartiene e ci chiede il coraggio di lottare per tracciare nel mondo un cammino di senso.
p. Fabrizio Cristarella Orestano

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