PADRE BALDO ALAGNA "SCELTO PER ANNUNCIARE, CONSACRARE E RIUNIRE"

SCELTO PER ANNUNCIARE, CONSACRARE E RIUNIRE
Commento alla Liturgia della Parola – In questa domenica vediamo molto la dimensione sacerdotale di Gesù che si prende cura degli uomini grazie alla sua “compassione … essendo anche lui
rivestito di debolezza” (Ebrei 5,2 – passo della seconda lettura). La guarigione del figlio di Timeo che implora la misericordia e la pietà di Gesù ci permette di vedere anche grazie allo stupendo passaggio della seconda lettura il mistero del sacerdote che si rivela in Gesù e da Lui, Sommo Sacerdote, possiamo annunciarlo al popolo, perché il popolo di Dio impari a conoscere sempre meglio questo ministero stabilito dallo Spirito Santo nella Chiesa e, vedendo quanto esso è sublime, a considerare la piccolezza e perdonare l’inadeguatezza di chi è chiamato a esercitarlo. Quanta cattiva pubblicità fanno i media ai sacerdoti e forse spesso a ragione ma chi é veramente il sacerdote ?

Scelto fra gli uomini, e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio (Ebrei 5,1), non dunque un essere stra­no, sradicato o calato dal cielo e forestiero tra gli uomini; ma un essere come gli altri. Di lui si può dire quello che dicevano di Gesù i suoi compaesani: Non è costui il figlio del tale e della tale? I suoi fratelli e le sue sorelle non sono tutti tra noi? (cf. Mt. 13, 55). Ma dire questo per trarne motivo di fiducia e di gioia, non per trarne scandalo come facevano, appunto, i nazaretani. Il sacer­dote è fatto come ogni altra creatura umana: con i deside­ri, gli affetti, le lotte, le esitazioni di ogni uomo. Fatto della stessa pasta degli altri! Proprio per questo, egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nella ignoranza e nell’errore: per il fatto che è, egli stesso, rivestito di debolezza. Gesù stesso che era Figlio di Dio ha voluto assumere la condizione umana per essere vicino a quelli che doveva salvare: Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato (Ebr. 4, 15).

Che cosa vuoi che io faccia per te? Come Gesù, bruciato di compassione per il figlio di Timeo e interessato ai suoi bisogni, il sacerdote deve essere umano, solidale con un cuore che batte per la salvezza di ognuno!  Quando an­nuncia la parola di Dio, egli punta il dito avendo nella sua mano tre dita puntate su di se. Quando amministra il perdono nel sacramento della confessione, non si sente mai uno che elargisce qualcosa, stando al di fuori della mischia, si sente invece solidale con i peccatori, bisognoso egli stesso di perdono come gli altri, giudicato, lui per primo, dalla parola del Vangelo che proclama. Userà perciò di preferenza il « noi » non il « voi »; si sentirà pecorella, prima che pastore. Sant’Agostino interpretava bene questo pensiero quando affermava “Con voi cristiano, per voi vescovo!”.

…per gli uomini. Preso tra gli uomini, e restituito ad essi, come il pane che, coltivato dal lavoro dell’uomo, viene presentato sull’altare a Dio il quale lo restituisce, poi, all’uomo sotto forma di Eucaristia, facendone un dono divino. L’ordinazione sacerdotale è l’inizio di una esistenza nuova, un’esistenza definita come servizio, come dono « per gli uomini ». La vita del sacerdote, in certo senso, non è più sua. Anche il medico è a servizio degli uomini; anche chi si sposa si consacra ad un servizio, il servizio della vita che deve continuare. Cosa caratterizza, allora, l’esistenza sacerdotale, di fronte a queste altre forme di servizio? Il fatto che il suo è un servizio « nelle cose che riguardano Dio»; un servizio, cioè, che tocca la dimensione più profonda dell’uomo, il suo rapporto con l’eterno, con Dio. Non una parte dell’uomo – l’anima o lo spirito – ma l’uomo integrale, perché tutto l’uomo, corpo, anima e spirito, è destinato alla vita eterna ed è oggetto della promessa e dell’amore del Padre; tutto l’uomo appartiene a Cristo che lo ha redento.

Annuncia, consacra e riunisce. Oggi, dopo la crisi terribile degli anni 70 del XX secolo, e nonostante gli scandali che talvolta sorgono vediamo un grande fervore ancora in qualche giovane che scopre la bellezza del ministero sacerdotale che é una chiamata specifica in mezzo alle altre! Il sacerdozio è un ministero, cioè un compito, un servizio, un modo di impegnarsi per la crescita del Regno di Dio, accanto ad altri modi d’impegno che caratterizzano la vita dei laici, sposati o no. Nessuna trasformazione ontologica della persona dunque, nes­suna sacralizzazione che stacchi il sacerdote dagli altri mem­bri della Chiesa. Il sacerdote non è un sacrificatore, un medium nel senso che « sta » tra Dio e gli uomini, tra cielo e terra. Egli sta dalla parte degli uomini, sulla terra; se è mediatore, lo è solo nel senso che amministra ai fratelli le cose di Dio: evangelizzare, consacrare, riunire la comunità; cioè: servizio della Parola, servizio del­l’altare, servizio della comunità; detto con altre parole: mi­nistero profetico, ministero sacramentale, ministero pasto­rale. Quello che dà unità a queste diverse funzioni è l’imi­tazione o la sequela di Cristo. Cristo fu, per eccellenza, colui che annunziò la parola di Dio agli uomini; colui che offrì il sacrificio di se stesso al Padre fonte di tutti i sacramenti; colui che, a Pentecoste, mediante il suo Spirito, riunì la Chiesa. Cristo, dunque, è la pietra dalla quale è tagliato il nostro sacerdozio ministeriale: Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio (1Cor. 4, 1). Nel clima della secolarizzazione attuale si può essere persi dalla figura attuale del sacerdote! Ma questi sono gli aspetti più istituzionali del ministero sacer­dotale; c’è un aspetto più esistenziale, che definisce il com­pito del sacerdote in mezzo ai fratelli.

Chi é il sacerdote? É colui che con la propria vita e la testimonian­za sa suscitare la fede; é un ministro di Dio che annuncia in spirito e potenza che Gesù è il Signore; é colui che sa far « gustare e vedere quanto è buono il Signore »; é un leader servitore che spinge, trascina i fratelli a entrare nella chiesa per vivere nella vita nuova dello Spirito e diventare discepoli servitori e impegnati. In altre parole, é colui che riesce a far fare ai fratelli che incontra una esperienza reale e profonda di Dio. Gli uomini di oggi nel profondo, chiedono al sacerdote qual­cosa di speciale e profondo, chiedono una spe­ranza che si spinga al di là di tutte le speranze offerte dalla vita, dalla scienza, dalla tecnica e dal denaro.

Che cosa chiede ai fratelli il sacerdote? Non di essere compianto per le sue rinunce e per il suo modo di vivere tanto diverso dagli altri! Spesso il mondo vede solo que­sto nel sacerdote: uno che ha rinunciato a farsi una fami­glia, a possedere dei beni, a mettere delle radici in questo mondo. Senza sapere che quello a cui il Signore gli chiede di rinunciare è niente in confronto a quello che gli pro­mette! Il vangelo dice: « il centuplo quaggiù » ed è vero! Basta sforzarsi un po’ per essere fedeli alla propria chiamata, per sperimentare questo centuplo. La stessa umanità del sacerdote non è diminuita dalle rinunce che compie, ma dilatata; egli sente di poter essere un uomo pieno e un uomo libero come nessun altro. Libero non dall’amore, ma nell’Amore. Il sacerdote non chiede dunque che lo com­piangiate  ma che vi rallegriate con lui, che ringraziate Dio per lui, che preghiate per lui e lo sosteniate con il vostro affetto. Di questo si’ che ha bisogno per non sentirsi rifiu­tato e solo in un mondo sempre più chiuso ai valori spiri­tuali. E se tu che leggi pensi che questo ideale corrisponde al desiderio di un meraviglioso progetto di vita non esitare a parlane con un sacerdote per discernere se anche tu puoi essere “scelto” !

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