PADRE BALDO ALAGNA"A FAVORE O CONTRO IL DIVORZIO DEL CUORE ?"

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) Commento alla Liturgia della Parola 
Proprio in questi giorni inizia il Sinodo voluto da Papa Francesco sulla Famiglia e proprio in questi
giorni si leggono come “per caso” o per volontà di chi vuole influenzare l’opinione pubblica di notizie di monsignori che dichiarano di essere gay o di e proprio oggi la parola di Dio ci annuncia nella Prima lettura: Non è bene che l’uomo sia solo… nel Van­gelo: L’uomo non separi… La liturgia ci invita a fare og­getto della nostra riflessione di oggi proprio sulla famiglia, o, me­glio, l’istituzione che genera la famiglia: il matrimonio fra un uomo e una donna. Potrebbe sembrare rindondante ma oggi la parola matrimonio può essere fraintesa per caso o per volere di chi vuole influenzare la nostra opinione con altre teorie… Chi non parla del matrimonio e della famiglia oggi? Ne parlano gli uomini politici, perché esso è al centro di una vasta – e nefasta – revisione legislativa; ne parlano i sociologi, spesso impegnati a demitizzarlo e a relativizzarlo; ne parlano i giuristi, alla ricerca, come sono, di un nuovo diritto di famiglia.

A che titolo e con che diritto ne parla anche Gesù Cristo? Pur se Gesù come sacerdoti, i vescovi e il Papa non é sposato, il suo titolo divino è chiaramente esibito nelle letture di oggi: Dio plasmò la donna e la condusse all’uomo; all’inizio della crea­zione, Dio li creò maschio e femmina; per questo i due saranno una sola carne. Il titolo di Cristo è dunque: la creazione. L’uomo e la donna sono stati creati da Dio cosi, perché si uniscano, perché formino una sola carne, perché diano vita all’unione coniugale. Gesù ha diritto di parlare del matrimonio e di stabilire le leggi che lo devono gover­nare, perché è Dio che ha creato il matrimonio fra un uomo e una donna (non altro) ed egli parla in nome e con l’autorità di Dio. Pur rispettando chi vuole essere diverso e non vivere questa linea teologica per un credente normalmente non ci può essere cosa più chiara ed evidente di questa. Gesù lo riconduce a un atto d’amore di Dio: Non è bene che l’uomo sia solo! La pagina del Genesi ci presenta la realtà del matri­monio fra un uomo e una donna alla sua origine, appena uscita dal progetto e dalle mani di Dio. Una realtà ancora incontaminata, dove tutto è radioso, ordinato e profondo. Dio li benedisse dicendo: “Siate fecondi e moltiplicatevi: dominate la terra; tutto è vostro: le erbe, i semi, le bestie” (cf. Gen. 1, 28-30). Essi, Adamo ed Eva, cioè la coppia umana erano nudi l’uno di fronte all’altro e non provavano vergogna di sé stessi (cf. Gen. 2, 25), perché erano nell’ordine, nell’ar­monia ed erano liberi. Dio stesso guardando questo coro­namento della sua creazione ebbe quasi un fremito di gioia e di soddisfazione ed esclamò: Tutto questo e molto bello! (cf. Gen. 1, 31).

La diversità e comunione dei due sessi. Quale forza Dio ha im­messo nella creazione, creando l’uomo e la donna diversi e incompleti, fatti perciò l’uno per l’altra? Bisogna scoprirlo in quel punto di partenza del pro­getto divino: Non è bene che l’uomo sia solo. L’uomo solo e autosufficiente è un essere statico, chiuso in se stesso e, soprattutto, esposto all’orgoglio. Dio voleva mettere la sua vita come su un piano inclinato: inclinato, però, non verso il basso, ma verso l’alto. Ha creato perciò questa attrazione e questa propensione verso l’altro sesso, come una spinta che porta l’uomo a uscire fuori di se stesso, che lo mette in moto, gli rivela il suo limite, lo lancia in un viaggio e in un’avventura che alla fine dovranno condurlo, attra­verso l’altro sesso, all’Amore che è Dio stesso. La donna è l’aiuto simile all’uomo: non dunque uno strumento di elevazione, come talvolta si è pensato in una atmosfera da dolce stil nuovo, ma una compagna di ele­vazione, assolutamente simile all’uomo. Simile, eppure di­versa, perché proprio nella diversità è la spinta verso la vita, verso la ricostruzione di una nuova unita più ricca.

Quella dei sessi è un’alterità originale e irripetibile in natura. Dio è altro da noi per natura e per persona; il pros­simo è altro da noi per persona, ma non per natura; nel matrimonio, l’uomo è altro dalla donna per persona e per sesso. Questo era all’inizio. Passiamo ora al Vangelo odierno. Dalle parole di Gesù, scopriamo che al tempo di Gesù il matrimonio era ben diverso da quello voluto da Dio; esso può essere rotto dal marito e dal marito soltanto, con un sem­plice libello di ripudio e per qualsiasi motivo (almeno se­condo una delle scuole rabbiniche del tempo)! Non c’è più la parità dei sessi nel diritto; non c e più l’unità; il matri­monio non è più quella cosa seria, profonda, per tutta la vita, come Dio voleva. Il matrimonio è largamente asservito al patrimonio e da qui il predominio assoluto della prole. E’ la situazione che si intravvede nelle parole degli ultimi profeti dell’Antico Testamento (cf. Mal. 2, 14-16). Cose altrettanto e ancora più umilianti scopriremmo se interro­gassimo altre fonti del tempo, specie fuori della Palestina, nel mondo – che pure si diceva civilissimo – della Grecia e di Roma.

Gesù, riporta alla purezza dell’origine del matrimonio. Egli attuò questa ricapitolazione anche per il matrimonio e lo fece ripristinando la legge dell’inizio: Al­l’inizio non era così..; allora un solo uomo era marito di Lina sola donna e per sempre; i due erano uniti al punto da formare come una sola persona; quando è Dio che ha con­giunto un uomo e una donna, l’uomo non ha diritto di se­pararli. Una volta rientrati in casa, solo con i discepoli, Gesù spiegò in modo inequivocabile il senso di queste sue pa­role, dicendo: Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio. Non c’è dubbio: Gesù con queste parole esclude precisamente ciò che noi chiamiamo il divorzio (e non lo esclude solo per la donna, com’era prima di lui, ma anche per l’uomo!). Egli parla infatti non di un semplice separarsi, che evidentemen­te si riconosce come possibile e necessario in certi casi (per esempio, per darsi interamente al Regno: cf. Lc. 18, 29), ma del separarsi per risposare un altro.

Il divorzio dunque!!! In questo momento questo argomento é scottante nella chiesa… alcuni non ne vogliono più parlare ma non parlarne in questo caso, solo perché l’argomento è diventato scottante, sarebbe un elu­dere il Vangelo. Il fatto che oggi nei nostri paesi occidentali si é risolto il problema con norme che permettono il divorzio e soprattutto per il matrimonio sacramento talvolta se non in tanti casi risulta essere nullo per immaturità perché non si conoscono i pilastri fondanti del matrimonio per mancanza di fede … Ma ciò non sminuisce la potenza del messaggio del Vangelo… Come sempre, infatti, noi abbiamo finito per decur­tare la dimensione evangelica del problema; lo abbiamo ridotto solo al suo aspetto giuridico: divorziare è separarsi dalla moglie, vivere così per un certo numero di anni, fis­sato dalla legge, inoltrare pratica di divorzio e poi convolare a nuove nozze. Senza parlare della sofferenza di alcuni nel vivere certe storie difficili !!!!!

Il Divorzio del cuore ! Come per il Vangelo si può com­mettere adulterio solo desiderando nel proprio cuore la donna d’altri (cioè senza tradire materialmente la sposa), così c’è un divorzio del cuore che si può consumare, anche senza fare quegli atti giuridici, semplicemente alienandosi dal coniuge, separandosi da lui nell’intimo, per unirsi, an­che se non stabilmente e con il solo desiderio, a un’altra donna o a un altro uomo, nella pornografia, nell’autoerotismo o cercando piaceri vari. Si crea così un muro di separa­zione, non fatto di carta bollata, ma ugualmente reale. Questo, per il Vangelo, è già una forma di divorzio che si distingue dall’altra solo perché non è irrevocabile e non è tradotta all’esterno. Quanti cristiani, in questo senso, vivono da anni in un divorzio pratico, rato e consumato, cioè voluto e at­tuato? Quando tra un marito e una moglie non c’è più nep­pure il desiderio di perdonarsi, di riconciliarsi, quando si è stabilita l’indifferenza, è divorzio di fatto, del cuore. Il comandamento di Dio è vio­lato, non si è più «una sola carne ».

Quanta sofferenza … Si parla molto dei mali terribili del divorzio giuri­dico al punto da legiferare per snellire questo processo troppo snervante…: donne condannate alla solitudine, figli distrutti psicologicamente dalla scelta lacerante che devono compiere tra la propria madre e il proprio padre, padri che si sentono completamente svuotati dalla propria paternità. « L’uomo non separi » significa, si’: la legge umana non separi; ma significa anche, e prima di tutto: il marito non separi la moglie da sé, la moglie non separi da sé il marito. E ben poco quello che si può fare dopo che questo divorzio si è ormai consumato da anni. Molto invece si può fare all’inizio per impedire che esso avvenga. Ancora un volta Gesù richiama all’unità: Saranno una carne sola, cioè come una sola persona, con concordia di progetti e di senti­menti; implicitamente inculca dunque a costruire sull’unita’, a ripristinarla giorno per giorno. Come? Sciogliendo sul nascere i contrasti, le incomprensioni, le freddezze. Non tra­monti il sole sopra la vostra ira (Ef. 4, 26): questa racco­mandazione dell’Apostolo, tradotta per i coniugi, suona: non tramonti il sole senza che siate rappacificati; non mettetevi a letto senza esservi perdonati, fosse pure soltanto con lo sguardo. E papa Francesco lo ricorda spesso che possono volare i piatti pure nella discussione di coppia ma alla fine deve vincere il perdono.

Le armi : l’armonia sessuale con la preghiera e il sacrificio! L’espressione « una sola carne » richiama velatamente un altro mezzo umano per evitare il divorzio del cuore: l’ar­monia sessuale; fare dell’unione un momento di autentica donazione, di abbandono, di umiltà, cosicché serva a rista­bilire la pace e la fiducia reciproca. Continuare a vedere sempre nella moglie, come suggerisce la Bibbia, anche dopo che sono passati gli anni, «la donna della propria giovinez­za » e nel marito l’uomo della propria giovinezza, cioè l’es­sere che ti ha dato la sua giovinezza (cf. Prov. 5, 18). Convincersi poi che tutto ciò non basta e che oc­corrono i mezzi spirituali: il sacrificio e la preghiera. Se tanta difficoltà il matrimonio incontra per mantenersi unito, è perché è venuto meno lo spirito di sacrificio e si bada solo ad avere dall’altro, più che a dare all’altro. La preghiera! La migliore è quella fatta assieme dai co­niugi e se possibile con i figli. Ma ad essa aggiungiamo oggi anche quella della co­munità: preghiamo per i coniugi e per chi è incamminato al matrimonio: che il Signore tenga lontano da loro il di­vorzio del cuore !




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