TOMMASO STENICO «Fedeltà e fiducia»

Omelia nella 27 domenica per annum 
«Fedeltà e fiducia»
Il Vangelo di oggi presenta ancora Gesù in cammino; lasciata la Galilea egli si diresse verso la Giudea oltre il fiume Giordano. Una grande folla lo seguiva mentre Egli era incamminato verso Gerusalemme, verso la Croce.


Marco, nella seconda parte del suo Vangelo, raggruppa l’insegnamento del Maestro in merito a che cosa voglia dire e a come ci si debba comprtare per essere suoi discepoli. Infatti il capitolo 10 è interessante perché chiarisce ulteriormente il concetto di sequela che dal capitolo 8 in poi si va sempre più precisando come un viaggio verso la Croce e, dall’altra, di applicarla alle situazioni concrete. Dopo la catechesi sul servizio, sull'accoglienza e sullo scandalo, ecco l’annuncio della sacramentalità e perpetuità matrimonio. E, come tutte le altre volte in cui è coinvolto in un dibattito, Gesù va alla radice tenendo sempre cpnto che quello di Gesù non è un radicalismo morale, bensì “escatologico”, connesso con la visione che il Messia ha del tempo che egli è venuto a inaugurare sempre in pèrospettiva del Regno.

Piace iniziare la nostra riflessione dall’ultima parte della pericope evangelica odierna: «Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”, dice Gesù.

Partire da qui significa comprendere che vivere la fede vuol dire imitare il bambino nella sua fiducia verso i genitori, e – quindi – affidarci con fiducia a Dio che ci è padre e madre. Significa essere fedeli a Lui, non temere, non tentennare anche quando il cammino è impervio, è duro, è faticoso. La fiducia è fiducia! e non può conoscere opportunismi e incoerenze.

Fatta questa premessa risulta più agevole comprendere la catechesi sulla perpetuità del sacramento del matrimonio di cui parla Gesù nel Vangelo odierno. I farisei pongono al Maestro una provocazione beffarda: «E' lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?». Gesù sottrae il problema all’ambito giuridico e lo riporta al suo senso originale; egli rimanda al racconto della creazione, alla prima comparsa dell'uomo, signore del creato, fatto a immagine e somiglianza del suo Dio, al senso che Dio stesso ha dato al matrimonio all’inizio: la donna è data all’uomo come compagna di pari dignità della sua vita, perché egli non sia solo.

E’ vero che per l’antico diritto romano consensus facit nuptias. Tuttavia il matrimonio non è solo un contratto concluso da una volontà umana che può essere sciolto dalla stessa volontà umana. È qualcosa di ben più grande di un semplice soggetto di discussione giuridica. Il matrimonio è una res sacra (sacramentum), in cui Dio stesso è coinvolto. È opera di Dio, e come tale deve essere rispettato. Perciò - concluse il Maestro -  «l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Secondo il piano divino il matrimonio è dunque indissolubile, e nessuno può separare coloro che sono stati uniti in questo modo.

Gli stessi discepoli dubitarono e tentennarono e «a casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento».
Il Maestro, superando la legge mosaica e indicando con chiarezza il progetto originario di Dio sull'uomo e sulla donna dice: Dio crede nell’amore unico, fedele e indissolubile. Egli crede nella possibilità di vivere insieme a una persona per tutta la vita. In una coppia che vive l’amore non vi è sopportazione, non vi sono sudditanze. Le promesse fatte a Dio hanno valore definitivo e non temporale o parziale, o di convenienza o di temporaneità. Non ci si sposa pensando di stare insieme “fin che va bene”. La parola data rimane per sempre, soprattutto se è data nella massima coscienza, consapevolezza e libertà interiore. Due cristiani dovrebbero contrarre matrimonio solo se consapevoli di questo e pronti a intraprendere il percorso previsto da Dio.

E Gesù non deflette: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

In contrasto con i farisei Gesù ha dato tanta importanza all’unione dei coniugi da proibirne la separazione in qualunque caso: «L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto». In altre parole Gesù non ha condannato semplicemente le seconde nozze, ma più a monte la possibilità stessa che uomo e donna si separino. Il Giovane Rabbi ha inteso così riaffermare il progetto originario di Dio che contempla l’unione inseparabile dell’uomo e della donna. Gesù difese fino in fondo l'unità della famiglia: sul contenuto della Sua volontà non ci sono dubbi. Egli ha potuto fare ciò in quanto annunziava la venuta del Regno di Dio, cioè il dono gratuito e trasformante di Dio. In questo brano evangelico Gesù non ha promulgato una nuova norma, ma ha annunciato una salvezza che, risanando il cuore dei coniugi, elimina alla radice il bisogno stesso di ricorrere al divorzio.
La cosa, tuttavia deve essere  risonata talmente dura agli orecchi dei discepoli che  Matteo, nel brano parallelo, ha annotato la sconsolata affermazione dei dodici: «Allora è meglio non sposarsi!» (19,10).

Cari Amici
Le parole di Gesù sono un tentativo di offrirci un orientamento per la vita.
L’indissolubilità e la perpetuità del matrimonio costituiscono un problema di grande attualità. La sua fedeltà è sottostimata e spesso non praticata e il legame matrimoniale è stato svuotato di significato e di senso e banalizzato sia dal punto di vista religioso che sociale. Il popolo italiano ha approvato con legge referendaria il divorzio, e le statistiche affermano che 3 unioni matrimoniali su 4 conoscono la separazione con tutte le relative conseguenze: abbandono, solitudine, sofferenza. Ma il sacramento del matrimonio, quello celebrato “nel Signore”, anche se sciolto da un punto di vista civile, non si interromperà mai.

Gesù conosce le difficoltà iscritte nel cuore dell’uomo. Ma ricorda e annuncia che il sacramento rende i coniugi capaci di vivere l'autentico amore, unico, fedele, indissolubile e aperto alla vita. Gesù annuncia che la vocazione al matrimonio e alla famiglia è la via ordinaria della santità per la maggior parte dei suoi discepoli. Così inteso il matrimonio diventa veramente una «sequela», cioè un luogo in cui l'amore del Cristo, la sua fedeltà, il suo servizio, in una parola il «cammino» che egli ha percorso, tornano a trasparire.

Per questo è indispensabile che i coniugi si “sposino nel Signore”; mettano, cioè Gesù nel mezzo, per comprendere le cose straordinarie e nuove sulla coppia.

Per capire il matrimonio occorre ritornare a considerarlo nel contesto della fede come opera di Dio: opera buona, che inserisce l’uomo e la donna nel grande mondo della Trinità e li rende partecipi attivi della relazione di amore proprio di Dio.

Molti vivono sulla propria pelle il dramma di una separazione che porta sempre con sé molto dolore. Occorre ribadire fortemente il valore dell’indissolubilità, senza schiacciare le persone che fanno scelte di vita diverse. Divorzio e successive nozze con altri non rientrano nel progetto che Dio, nel suo amore paterno che ha previsto per l’uomo. Di fronte a così esplicite parole c’è poco da discutere.

Ma la Chiesa non ignora la posizione di nessuno e non abbandona nessuno; anzi esorta tutti a partecipare - come possono - alla sua vita, proprio perché sa che ognuno è, sempre e comunque, oggetto dell’amore paterno di Dio. "La Chiesa, infatti, istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini e soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se stessi coloro che - già congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale - hanno cercato di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza stancarsi, di mettere a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza". Ma i divorziati i divorziati  "non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita". (Familiaris consortio 84).
Per amore di chiarezza una coppia separata e risposata è parte della comunità, partecipa alla vita della comunità, porta il suo contributo a partire dal proprio vissuto. "La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia". (Familiaris consortio 84)

Differente è la posizione di chi è separato e tuttavia continua a credere e a vivere l’unità e la perpetuità del suo matrimonio in perfetta continenza.

Oggi come allora, attraverso il brano evangelico narrato da Marco, Gesù ripropone e ribadisce il disegno di Dio sul matrimonio fra un uomo e una donna. Un capolavoro da parte di Dio, poiché non vi è vocazione più affascinante, benché ardua, del matrimonio cristiano.

Dio, che hai creato l’uomo e la donna,
perché i due siano una vita sola,
principio dell’armonia libera e necessaria
che si realizza nell’amore;
per opera del tuo Spirito
riporta i figli di Adamo alla santità delle prime origini,
e dona loro un cuore fedele,
perché nessun potere umano osi dividere
ciò che tu stesso hai unito.

DAL SITO:
Umanesimo cristiano

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