Don Giorgio Scatto «Dio diventa sempre più grande di sé stesso abbassandosi»

Festa di Cristo Re dell'Universo
Letture: Dn 7,13-14; Ap 1,5-8; Gv 18,33b-37
«Dio diventa sempre più grande di sé stesso abbassandosi»
MONASTERO MARANGO, 
1)L’evangelista Giovanni mette sulla bocca di Gesù, nel contesto drammatico del suo processo davanti a Pilato, questa
affermazione: «Per questo io sono nato e per questo io sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce». Se la verità è Gesù stesso, come rivelazione piena dell’amore del Padre, “rendere testimonianza alla verità” significa fare di questa “verità” un dono per gli uomini.
Come e in che senso? Con la sua presenza al mondo e rimanendo tra gli uomini ( “per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo”). Gesù, con la sua parola e le sue azioni, mette sé stesso in un contatto molteplice con gli uomini, e questa è appunto la sua testimonianza. Tale offerta di sé, in totale gratuità e nell’assoluta libertà per l’uomo di poter accogliere o rifiutare tale dono, rappresenta lo scopo della nascita e della venuta di Cristo nel mondo.
 Gesù continua: «Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce». In Gv 10,3 ci è stato detto che Gesù è il pastore delle pecore: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. Il motivo del pastore ha sullo sfondo il ritratto veterotestamentario del re messianico (Sal 78,70-72; Ez 37,20). Qui, davanti a Pilato, Gesù appare in tutta la sua regalità: quelli che appartengono alla verità, e quindi al regno inaugurato da Gesù, sono quelli che ne ascoltano la parola, che si lasciano condurre da lui e dimostrano con i fatti che il loro amore è genuino. Per Giovanni la regalità consiste essenzialmente nella sovranità della “verità”, intesa come vita di Dio rivelata e appresa nelle parole e nei gesti di Gesù . C’è dunque uno strettissimo rapporto tra regalità e verità. Cerchiamo di capire.
Gesù afferma di essere venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità, in un contesto particolare: si trova infatti nel pretorio, tribunale del procuratore romano Ponzio Pilato, per subire un processo, il cui esito sarà la sua condanna a morte. La scena di Gesù davanti a Pilato (Gv 18,28-19,16b) è considerata letteralmente la parte centrale della “passione secondo Giovanni”. In questa pericope, il tema teologico principale che viene svolto è la regalità di Cristo: Gesù, nella sua sofferenza, è il re del nuovo popolo di Dio, lo conduce fuori dai chiusi recinti dell’istituzione e lo libera dalla schiavitù del peccato e della morte.
Pilato chiede a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Per il procuratore romano il titolo ha un senso e un contenuto politico; per Giovanni un valore profondamente religioso, con l’esclusione di ogni fraintendimento mondano. Gesù esplicita le caratteristiche esclusivamente religiose del suo regno: «Il mio regno non è di questo mondo». Significa che il regno instaurato da Gesù non ha in questo mondo la sua origine, e non riceve da questo mondo, dalle sue potenze e dominazioni, la propria legittimazione e la forza per realizzarsi. Poi Gesù continua: «Il mio regno non è di quaggiù». Esprime lo stesso concetto, con un approfondimento: viene accentuato il carattere ultramondano del regno di Cristo. Questo regno, che non riceve autorità dalle potenze di questo mondo, non è spazialmente determinabile e non è nemmeno paragonabile con nessuno dei poteri di questo mondo, anche se – è bene ricordarlo – viene in questo mondo e ha la forza di sovvertire tutte le potenze mondane: viene con la potenza dello Spirito, per volontà di Dio; viene dall’alto.
All’affermazione della sua regalità, Gesù congiunge un’altra solenne dichiarazione: «Io sono nato e sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità». Occorre dunque collegare le due affermazioni, mettendole in relazione. Ma questa verità, offerta agli uomini nella condizione umana del Figlio di Dio, è una verità crocifissa. L’iscrizione fatta porre da Pilato sulla croce porta queste parole: «Gesù nazareno, il re dei Giudei» (Gvn19,19). Gesù si rivela come verità proprio nel suo morire, nell’impotenza della croce e nella impossibilità, da parte della ragione dell’uomo, di vedere in quel crocifisso una qualche parvenza di verità. Vediamo in lui l’uomo sofferente, che soccombe di fronte all’arroganza e alla prepotenza delle gerarchie politiche e religiose, le quali, imponendosi, sembrano attestare una ben più visibile e concreta verità.
Un antico inno cristiano canta: «Regnavit a ligno Deus». La verità di Dio e la sua signoria sul mondo viene rivelata in un figlio d’uomo che muore, perdente, sul patibolo, ma che proprio nel suo morire manifesterà la vittoria di Dio sul peccato, sull’ingiustizia e sulla morte stessa. Donandosi ad una umanità peccatrice, fino alla morte e alla morte di croce, Gesù è testimone di una verità che libera l’uomo dalle sue caricature e lo restituisce a sé stesso.
La verità testimoniata da Gesù non è una verità che giudica e separa, che nega a chi ha una verità diversa il diritto di esistere. E’ una verità che ama talmente l’altro da offrirgli la vita.
Chiedere a Dio – come facciamo nella preghiera del Padre nostro – che il suo regno venga, significa introdurre nel mondo la sua stessa compassione; orientare l’umanità a guardare verso gli ultimi; costruire un mondo più giusto, cominciando dai più dimenticati; seminare gesti di bontà per alleviare la sofferenza; insegnare a vivere confidando in un Dio che è Padre e Madre, che vuole una vita felice per i suoi figli.
Tutto questo l’abbiamo visto in Gesù. “Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in lui i tratti del volto autentico dell’uomo. E’ la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo. Il volto è l’immagine della sua trascendenza. E’ il misericordiae vultus. Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo. Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15)” (papa Francesco, Cattedrale di santa Maria in Fiore, Firenze, martedì 10 novembre 2015).
“Il volto regale di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda.
Dio diventa sempre più grande di sé stesso abbassandosi” ( papa Francesco).
Vieni, Signore Gesù, «testimone fedele, primogenito dei morti, sovrano dei re della terra» (Ap 1,5).

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