Marco PANERO sdb"Promessa ed attesa"

29 novembre 2015 | 1a Domenica di Avvento - Anno C | Omelia
Promessa ed attesa
1. Promessa ed attesa: ecco i due stabili riferimenti, i due fari luminosi, che le letture ci consegnano in questo inizio d'Avvento. Intratteniamoci dunque su ciascuno dei due.

La Bibbia è attraversata da una promessa: la promessa di un futuro buono, quello che Dio ha in serbo per l'uomo che docilmente gli obbedisce. Se ripercorriamo la storia sacra, scorrendo le vicende del popolo di Israele, notiamo che Dio interviene puntualmente ad innalzare le aspirazioni dell'uomo, quasi a tirarlo fuori da se stesso e dal suo compiacimento, facendogli balenare dinanzi agli occhi l'orizzonte vasto e stupendo delle sue promesse.
Attraverso queste promesse, ben più grandi delle ambizioni dell'uomo, Dio invita pazientemente il suo popolo a non accontentarsi di ciò che appaga immediatamente, a non riporre la propria speranza in cose destinate a passare e a lasciare insoddisfatti. Dio promette molto al popolo di Israele, perché il popolo impari a desiderare molto, a desiderare ultimamente il bene più grande, che è una vita di amicizia fedele con Dio, così che l'alleanza risulti onorata.

2. Consideriamo la consolante pagina di Geremia proposta come prima lettura (Ger 33,14-16): davvero non poteva esserci esordio di Avvento più promettente! Dio si impegna con il suo popolo, assicura di dare compimento a quelle promesse di bene fatte a suo tempo, suscitando in Israele un germoglio giusto, che inaugura un'epoca di tranquillità e di giustizia.
Il linguaggio e le immagini ricordano da vicino gli oracoli messianici di Isaia, che la liturgia ci proporrà con larghezza in questo tempo di Avvento, facendoci pregustare la gioia dell'attesa: una promessa che porta con sé il pegno della gioia.
Vedete, care sorelle, il Signore continua ad agire con noi come un tempo fece con il suo popolo, perché il cuore dell'uomo è sempre lo stesso, e Dio lo conosce bene! Così in questo tempo di Avvento, il Signore ci fa assaporare un anticipo di gioia, ci attira con ciò che ci rallegra, affinché prendiamo in parola la sua promessa, e crediamo fermamente al progetto di salvezza che Egli ha in serbo per noi e, attraverso noi, per i nostri fratelli.

3. Ecco perché, quella dell'Avvento, è una gioia singolare: si tratta di una letizia che, a ben guardare, è venata da una sottile nostalgia, da un senso indefinito di mancato compimento. Una gioia autentica sì, che scalda il cuore, ma che non possiamo contenere, che sempre sfugge a noi stessi e che punta dritto verso qualcosa - o Qualcuno - che ancora deve venire.
È per questo che la gioia dell'Avvento è paradossale: è la gioia di un'assenza che presto sarà colmata, è la contentezza di chi ormai pregusta la venuta di Colui che sta attendendo, e se ne rallegra come se fosse già presente.
È una gioia, quella avventizia, che si distingue dalle gioie del mondo: quelle si rallegrano di ciò che hanno, questa di ciò che le è promesso; la gioia che viene dal mondo si esaurisce quando si raggiunge l'oggetto del desiderio, quella che viene da Dio cresce man mano che ci si avvicina a Lui; l'una è in balìa degli avvenimenti esteriori, l'altra è radicata nell'intimo, perché riposa tutta in Dio.

4. Questa singolare letizia, che ci vien dato di pregustare, è l'effetto della promessa di Dio. Se le lasciamo spazio, se la lasciamo diffondere in noi, finisce per plasmare il nostro atteggiamento interiore, modellando un autentico stile dell'attesa.
Ecco dunque la seconda grande luce della liturgia di oggi: la qualità dell'attesa cristiana. La pagina di Luca ci mette in guardia: State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita. Vegliate in ogni momento pregando (Lc 21,34.36).
Quali possono essere, nella vita religiosa, le possibili dissipazioni e gli affanni che appesantiscono il cuore? Si può essere dissipati e ubriachi di entusiasmi passeggeri, appassionati ed infervorati di cose oltremodo secondarie, se non del tutto irrilevanti ai fini del regno di Dio; può così capitare, poco alla volta, di finire per essere più interessati alle cose che si stanno facendo, agli strumenti che vi si impiegano, piuttosto che a Colui per il quale lo stiamo facendo e dal quale tutto dipende.
È un triste spettacolo, permettetemi, quello offerto da religiosi che discorrono con competenza e passione di nuove tecnologie, ma non mostrano pari entusiasmo nelle cose di Dio, alle quali invece sono anzitutto preposti. Guai a noi scambiare il mezzo con il fine! Appassionarci più dell'efficienza dello strumento, che rallegrarci per la bellezza del fine a cui siamo chiamati, quello di cooperare con Dio alla diffusione del suo regno nella anime. Ecco come si può essere dissipati e ubriachi anche tra le mura di una casa religiosa.

5. E gli affanni di cui parla il Vangelo? Precisiamo che non si tratta delle preoccupazioni, le quali non mancano in nessun genere di vita, tanto meno nell'azione pastorale. L'affanno è una cosa diversa.
Notate: il termine greco per 'affanno' (mérimna) è lo stesso che Gesù adopera per rimproverare Marta: "Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose" (Lc 10,41). L'affanno sorge anzitutto da un errore di valutazione. Accade quando abbiamo permesso ad un problema circostanziato, ad una difficoltà particolare, di prendere il sopravvento, di diventare la preoccupazione dominante, quasi che fosse l'unica cosa che davvero conta.
Così, quella che poteva essere una difficoltà da superare, diventa un affanno, e usa contro di noi quel potere che noi stessi gli abbiamo dato. Anche questo, dobbiamo riconoscerlo, può capitare con frequenza nella nostra vita.

6. Queste prime, liete giornate di Avvento, sono allora il tempo propizio per deporre ai piedi del Signore i nostri affanni, per lasciarli disfare da Lui, insieme a ciò che ingombra il nostro cuore e rischia di prendere in noi quel posto che spetta a Lui solo. Così potremo anche noi levare il capo e rallegrarci della promessa che il Signore, anche quest'anno, ha fatto risuonare al nostro cuore.

(Omelia per la Comunità religiosa delle Suore FMA di Genzano (Roma)

Marco PANERO sdb

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