Don Domenico MACHETTA "Santo Natale di Gesù "

25 dicembre 2015 | Santo Natale di Gesù Anno C | Appunti per Lectio Messa della Notte
È importante celebrare di notte, non solo perché Gesù nasce di notte. Mentre il mondo dorme o si
diverte, mentre molti soffrono..., noi vegliamo in preghiera. Dio gradisce molto la preghiera notturna. C'è un'unica notte, in cui siamo nati tutti, in cui Dio è passato a liberarci dalle tenebre, invitandoci a fare esodo, la notte in cui il Verbo è disceso tra noi, la notte che ricorda il cammino della nostra vita: ognuno di noi attende una "mezzanotte", l'ora dello Sposo.

1ª LETTURA: Is 9,1-6

La profezia di Is 9 si riferisce alle popolazioni della regione nord-est di Israele, assegnata alle tribù di Zabulon e Neftali, dove la via maris attraversava la regione chiamata "curva dei gojim" e più tardi Galilea. Quelle popolazioni, verso gli anni 739-734 a.C. erano state umiliate dalle deportazioni di Tiglat Pilezer, re di Assiria. Isaia prevede un ritorno dei deportati: le tenebre saranno cambiate in luce. Questa liberazione è messa da Isaia in relazione con la nascita di un bambino di stirpe davidica, chiamato simbolicamente Emmanuele, Dio-con-noi, destinato a instaurare un'epoca di pace. Probabilmente Isaia pensa al figlio di Acaz, Ezechia, che sarà uno dei migliori re di Gerusalemme (716-687). Questo passaggio dalle tenebre alla luce ricorda al profeta un altro evento ("come ai tempi di Madian..."): la notte della vittoria di Gedeone su Madian quando ai trecento prodi bastò suonare le trombe e gridare: "Per Adonaj e per Gedeone!" e rompere le brocche, così che le torce brillassero nella notte, perché l'esercito nemico fosse messo in rotta e fosse spezzato il giogo che gravava sulle spalle di Israele. Gli Israeliti potevano finalmente mietere il loro grano nelle aie, cantando, alla luce del sole e non più nei nascondigli.
Matteo riprenderà questi testi quando parlerà dell'arrivo di Gesù a Cafarnao.

VANGELO: Lc 2,1-14

Inizia con una parola che purtroppo nelle nostre traduzioni non viene fuori, una parola che Luca usa più volte: "e'ghéneto" in greco, "factum est" in latino: "Avvenne". È un impersonale, l'impersonale di Dio! Indica una circostanza la cui ragione d'essere non è subito visibile, perché appartiene a Dio.
"Un editto di Cesare Augusto...". Betlemme, Augusto, Quirinio... Per dire che Gesù non è un'idea, un mito, ma è il centro del cosmo e della storia, coinvolto nel nostro tempo, nel nostro spazio.
Imprevisti, contrattempi (un editto...), cose dritte, cose storte... tutto entra in un misterioso disegno di Dio che a noi sfugge. Dio entra nelle pieghe della storia umana e scrive la sua storia.
Versetto 4: "Anche Giuseppe...". C'è un'obbedienza di Giuseppe e di Maria all'ordine dell'imperatore. In realtà è un'obbedienza a Dio. "Non avresti nessun potere su di me potrebbe rispondere Giuseppe all'imperatore se non ti fosse stato dato dall'alto", come Gesù dirà a Pilato.

C'è subito un messaggio molto forte per noi: non c'è avvenimento, non c'è dettaglio, per banale che sia, causato magari dalle miserie degli uomini, che non sia sotto la regia di Dio. "Tutto concorre al bene di chi ama il Signore", dirà Paolo ai Romani. Si tratta allora di affrontare la vita in stato di obbedienza al Padre.
Ma veniamo al punto centrale: "Per Maria si compirono i giorni del parto". Tutto nella normalità: un bambino come i nostri, con i movimenti, i vagiti e i bisogni di ogni bambino. Maria lo avvolge in fasce e lo depone in una mangiatoia. La parola mangiatoia (praesepium) che Luca ci martella per tre volte assume evidentemente un'importanza eccezionale. Perché non c'era posto per loro nella stanza comune, il "katáluma". Luca userà un'altra volta questa parola parlando della stanza dell'ultima cena, la camera al piano superiore. Nelle case povere era l'unica stanza, dove alloggiavano, si mangiava, si dormiva: alla notte si stendevano stuoie, brandine per dormire (ricordiamo la parabola dei tre pani di Luca 9). Poi c'era una grotta-stalla: Maria e Giuseppe avranno certamente preferito questo luogo più tranquillo e più adatto per l'evento. Non dobbiamo dunque pensare a un rifiuto: conosciamo il senso di ospitalità dell'oriente, e poi Giuseppe era tra i parenti. Gesù nasce a Betlemme perché Giuseppe, il capo famiglia, è di Betlemme e per il censimento occorreva tornare al paese d'origine. Era una mobilitazione generale: per questo è probabile che non sia stato fatto nella stagione dei lavori, ma nella stagione invernale, dopo ottobre.
La neve dei nostri presepi non è poi così stonata... E non vale l'obbiezione che c'erano i pastori a vegliare il gregge. Ho fotografato dei greggi sulla neve! Betlemme è in Giudea, a 777 m. sul livello del mare, e la neve non è improbabile.
Gesù nasce di notte. È una delle notizie di Luca, oltre alle "fasce" e alla "mangiatoia". Vegliavano quella notte alcuni pastori a tre chilometri da Betlemme. Si sono scoperte a Beit-Sahur, il campo dei pastori, parecchie grotte preziosissime, dell'epoca di Gesù. "È nato per voi..." dice l'angelo dell'annuncio. Il segno è questo: "Troverete un bambino avvolto in fasce deposto in una mangiatoia". Praticamente non c'è nessun segno speciale. Un bambino in una greppia di animali. Il Vangelo di Natale è una scuola sul modo di agire del nostro Dio.
Ma ci sono alcune parole care al nostro evangelista, su cui è necessario fermare la nostra attenzione. Intanto notiamo lo schema classico degli annunci: la luce dall'alto che avvolge i pastori, lo spavento tipico di chi riceve l'annuncio, l'angelo che rassicura con il "non temete". Ma c'è il "tocco" della gioia, caratteristico degli scritti di Luca, anzi si parla di "grande gioia": queste due parole torneranno alla fine del Vangelo, al v. 52 del cap. 24, quando si dice che gli apostoli tornarono a Gerusalemme con "grande gioia". Il Vangelo secondo Luca dunque è "incluso" nel tema della "grande gioia".
Un'altra parola che troviamo in questo annuncio, tipica di Luca, è "oggi". "Oggi è nato per voi". È l'oggi liturgico, che strappa l'evento dalla "nuda storicità", come direbbe Odo Casel, grande liturgista precursore del Concilio, perché il contenuto divino di quell'evento è eterno e non appartiene al passato. È l'oggi di Zaccheo (Lc 19,9), l'oggi del buon ladrone (Lc 23,43).
Dopo l'annuncio Luca parla di un esercito di angeli che intonano l'inno che noi prolungheremo nei secoli attraverso la Liturgia.
L'annuncio del Natale è racchiuso in due parole: gloria e pace. Gloria in ebraico si dice "kavód", che letteralmente significa peso, pesantezza (il "peso" che Dio ha, nella storia, in una famiglia, nel cuore di ognuno). Pace (shalom) non è solo mancanza di guerra, ma indica tutto ciò che di stabile e definitivo Dio ha sognato per ciascuno di noi.
Tiriamo dunque le conclusioni: se Dio ha gloria, l'uomo avrà pace.

N.B. La riflessione sul Vangelo della Messa dell'aurora si può trovare nella Solennità della Madre di Dio.
La riflessione sul Vangelo della Messa del giorno (Prologo di Giovanni) è nella 2ª domenica dopo Natale.

Don Domenico MACHETTA

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