FIGLIE DELLA CHIESA, LECTIO DIVINA "Oggi è nato per voi il Salvatore "

Natale del Signore
Messa della notte

Antifona d'ingresso
Il Signore mi ha detto:
“Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato”. (Sal 2,7)

Oppure:
Rallegriamoci tutti nel Signore
perché è nato nel mondo il Salvatore.
Oggi la vera pace è scesa a noi dal cielo.

Colletta
O Dio, che hai illuminato questa
santissima notte
con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo,
concedi a noi, che sulla terra lo contempliamo
nei suoi misteri,
di partecipare alla sua gloria nel cielo.

PRIMA LETTURA (Is 9,1-6)
Ci è stato dato un figlio.
Dal libro del profeta Isaìa

Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva,
la sbarra sulle sue spalle,
e il bastone del suo aguzzino,
come nel giorno di Màdian.
Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando
e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 95)
Rit: Oggi è nato per noi il Salvatore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome. Rit:

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Rit:

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta. Rit:

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli. Rit:

SECONDA LETTURA (Tt 2,11-14) 
È apparsa la grazia di Dio per tutti gli uomini.
Dalla lettera di san Paolo Apostolo a Tito

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

Canto al Vangelo (Lc 2,10-11)
Alleluia, alleluia.
Vi annuncio una grande gioia:
oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore.
Alleluia.

VANGELO (Lc 2,1-14) 
Oggi è nato per voi il Salvatore.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Preghiera sulle offerte
Accetta, o Padre, la nostra offerta
in questa notte di luce,
e per questo misterioso scambio di doni
trasformaci nel Cristo tuo Figlio,
che ha innalzato l’uomo accanto a te nella gloria.

PREFAZIO DI NATALE I 
Cristo luce 

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Nel mistero del Verbo incarnato
è apparsa agli occhi della nostra mente
la luce nuova del tuo fulgore,
perché conoscendo Dio visibilmente,
per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili.
E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli,
ai Troni e alle Dominazioni
e alla moltitudine dei Cori celesti,
cantiamo con voce incessante
l’inno della tua gloria: Santo...

Oppure:

PREFAZIO DI NATALE II 
Nell’incarnazione Cristo reintegra l’universo 

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
lodarti e ringraziarti sempre per i tuoi benefici,
Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.
Nel mistero adorabile del Natale,
egli, Verbo invisibile,
apparve visibilmente nella nostra carne,
per assumere in sé tutto il creato
e sollevarlo dalla sua caduta.
Generato prima dei secoli,
cominciò ad esistere nel tempo,
per reintegrare l’universo nel tuo disegno, o Padre,
e ricondurre a te l’umanità dispersa.
Per questo dono della tua benevolenza,
uniti a tutti gli angeli,
cantiamo esultanti la tua lode: Santo...

Oppure:

PREFAZIO DI NATALE III 
Il misterioso scambio che ci ha redenti 

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.
In lui oggi risplende in piena luce
il misterioso scambio che ci ha redenti:
la nostra debolezza è assunta dal Verbo,
l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne
e noi, uniti a te in comunione mirabile,
condividiamo la tua vita immortale.
Per questo mistero di salvezza, uniti a tutti gli angeli,
proclamiamo esultanti la tua lode: Santo...

Nel Canone Romano, si dice il Communicantes proprio.
Nelle Preghiere eucaristiche II e III si fa il ricordo proprio.

Antifona di comunione
Il Verbo si è fatto carne e noi
abbiamo visto la sua gloria. (Gv 1,14)

Oppure:
Oggi è nato nella città di Davide un salvatore,
che è il Cristo Signore. (Lc 2,11)

Preghiera dopo la comunione
O Dio, che ci hai convocato a celebrare nella gioia
la nascita del Redentore,
fa’ che testimoniamo nella vita l’annunzio della salvezza,
per giungere alla gloria del cielo.

Lectio
Il brano del vangelo che ascoltiamo nella liturgia della notte di Natale si divide in due parti. Nella prima Luca narra un evento storico. Nella seconda rivela il senso dell’evento narrato. La prima parte racconta la nascita di Gesù, figlio di Maria, a Betlemme al tempo dell’imperatore Cesare Augusto, mentre governatore della Siria è Quirino, durante un censimento. Nella seconda rivela chi è Colui che nasce e qual è la sua missione. Colui che nasce è l’atteso, il Messia, Salvatore e Signore: per questa nascita esultano i cieli e può esultare anche la terra perché viene a lei il suo Salvatore.
Lo straordinario di questo evento viene già introdotto nella prima parte. Luca infatti narra un fatto storico importante, di quelli che segnano per sempre la storia umana. Eppure c’è una distanza enorme tra i nomi, i fatti e i luoghi menzionati. Da un lato l’imperatore, il suo impero e un decreto imperiale che, secondo Luca, riguarda addirittura tutta la terra abitata. Dall’altra un falegname sconosciuto di un villaggio altrettanto sconosciuto dell’ultima regione di questa provincia asiatica dell’impero. Eppure il nome che conta in questa storia è quest’ultimo e non perché Giuseppe era del casato e della famiglia di Davide, e quindi di stirpe regale, ma perché sua moglie Maria è incinta. Tutto il testo converge verso questo grembo di Maria, la sposa di Giuseppe, che era incinta.
Anche noi, in questa notte solenne, volgiamo il nostro sguardo su Maria, e sul bimbo che dà alla luce. Tutta la terra abitata, tutta la grande famiglia umana può ora davvero esultare perché Colui che nasce è la gioia di tutti, perché è per tutti il Salvatore.

v.1: In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.
Gli imperatori, i capi dei popoli, avevano bisogno di conoscere di tanto in tanto la consistenza del loro popolo, il numero delle famiglie, degli uomini adatti alla guerra. Anche Davide, alla fine del suo Regno fu tentato dal desiderio di sapere su chi poteva contare. Verrà rimproverato e punito dal Signore, perché nel fare il censimento Davide aveva dimostrato di non contare più solo sul Signore e sulla sua forza, ma sulle proprie forze, sui numeri del suo esercito. Qui si tratta di un imperatore pagano e la sua ambizione è enorme. Anche se con tutta probabilità il censimento di cui si parla riguarda solo la Siria, provincia romana dell’impero comprendente anche la Palestina, Luca dice che l’imperatore ordina il censimento di tutta la terra. Tale è appunto il significato di oikumene, termine che al tempo di Augusto, di fatto, coincideva con i confini dell’impero romano.

v.2: Questo primo censimento fu fatto quando Quirino era governatore della Siria.
Il campo si stringe, e il periodo si precisa, anche se, secondo i vari esegeti la determinazione del tempo resta comunque alquanto imprecisa. Quirino infatti fu governatore della Siria a partire dal 6 dC e in quell’anno ci fu un censimento in Giudea secondo Flavio Giuseppe. Il testo parla però di un primo censimento. È probabile che Quirino fosse stato incaricato anche del precedente censimento, circa 12 anni prima. Poiché la nascita di Gesù avvenne nel 748/749 [cioè circa nell’anno 4 a C] della fondazione di Roma e non nel 754 come calcolerà più tardi in modo errato il monaco Dionigi il piccolo, allora potrebbe trattarsi di questo primo censimento. Ma Luca potrebbe anche avere fuso insieme o confuso due eventi verificatisi a distanza di qualche anno tra loro. L’importante per il lettore contemporaneo è comprendere che ciò che sta per essere detto avviene dentro questa storia dell’umanità, in un determinato luogo e in un tempo determinato. Si tratta di storia. Non si tratta di una leggenda o di un mito.

v. 3-4: Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide.
Ognuno tornava alla sua città. Si appartiene ad una famiglia, il cui capostipite è legato al nome di una città. Ed è a quella città che bisogna tornare per dare il proprio nome. Giuseppe è della famiglia di Davide e Davide è di Betlemme. Anche Matteo, che non parla del censimento, afferma che Gesù nacque a Betlemme al tempo del re Erode. E ricorda la profezia di Michea: Tu Betlemme, terra di Giuda non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.
Dopo le premesse storico geografiche Luca entra dunque nel vivo del fatto che deve narrare. E presenta per primo Giuseppe. È l’uomo della casa di Davide a cui Maria era “promessa” come si era detto in precedenza quando l’angelo porta a Maria l’annuncio, da parte di Dio, di un figlio a cui Dio stesso darà il trono di Davide suo padre. E Gesù, il figlio di Maria sarà chiamato Figlio di Davide. Ed è proprio tramite Giuseppe che la genealogia di Gesù viene fatta risalire a Davide, perché “Gesù era figlio, come si credeva, di Giuseppe, figlio di Eli, figlio di … Davide, figlio di … Abramo, figlio di … Adamo, figlio di … Dio” (cf Lc 3,25). Giuseppe, lo sposo di Maria, dona così a Gesù un casato, una famiglia; grazie a Giuseppe, Gesù riceve un posto nella storia.

v.5: Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Giuseppe “doveva”: questo verbo indica spesso nel vangelo un atto di obbedienza. Giuseppe compie questo viaggio perché doveva. Giuseppe è figlio dell’obbedienza. Fa quanto gli viene chiesto assumendosene tutta la responsabilità. E lo fa insieme a Maria, la sua sposa. Vero sposo e vera sposa. E tuttavia il loro legame è particolare. Il figlio di cui Maria è gravida non è di Giuseppe, non è di nessun altro uomo. Appartiene a Dio. Viene da Dio. E tuttavia questo figlio, Dio lo ha affidato a Giuseppe. Maria porta in sé un mistero e Giuseppe ne è il custode. Chissà come la responsabilità di questo mistero avrà occupato i pensieri di Giuseppe durante il viaggio verso Betlemme, accanto alla sua sposa. Forse avrà pensato alla profezia di Michea, citata da Matteo: “E tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele, le sue origini sono dell’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele. Egli starà là e pascerà con la forza del signore, con la maestà del nome del signore suo Dio” (Michea 5, 1-3). “Fino a quando colei che deve partorire partorirà”. Ora si stavano avvicinando a Betlemme e per Maria si stavano compiendo i giorni del parto. Era della sua sposa che parlava il profeta? Oppure pensava al testo di Isaia, rivolto alla casa di Davide: “Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. Dio con noi: davvero si stava compiendo questa profezia? Davvero, poteva chiedersi Giuseppe durante il viaggio, sono io testimone di questo segno misterioso che viene oggi dato alla casa di Davide?

v.6: Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Ed ecco che giunti a Betlemme il tempo si compie. Nove mesi sono trascorsi dall’annuncio dell’angelo. Nove mesi il Figlio di Dio ha vissuto nel grembo di una donna, come ogni figlio d’uomo. Nove mesi preziosi per Maria e Giuseppe per prepararsi alla vista di Colui che viene dal cielo. Buona parte di questi mesi Gesù li ha vissuti in viaggio, con la madre. Il primo viaggio sulle montagne per recarsi da Elisabetta. Gesù, in quell’occasione aveva fatto esultare di gioia la madre, la cugina e il figlio di lei. Una visita che si prolungò per tre mesi dopo di che eccolo di nuovo in viaggio per tornare a Nazaret e ora, alla fine di un altro viaggio, il tempo si compie. Forse l’evangelista, raccontando questi viaggi vuole preparare anche noi all’arrivo di colui che viene a visitarci dall’alto. Vuole farcelo vedere in arrivo come è detto nel Cantico dei Cantici: eccolo viene, saltando per i monti, balzando per le colline (Cantico 2,8). E mentre camminava Maria poteva aver più volte parlato al figlio con le parole del salmo 138/139: “Signore tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo … sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre”. I preziosi mesi della gravidanza, per ogni madre così ricchi di stupore e di attesa sono compiuti. Si sono compiuti mentre si trovavano lì, a Betlemme.

v.7: Diede alla luce il figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
Diede alla luce colui che è la Luce del mondo, l’Unigenito del Padre che diventa per lei, Maria il primogenito. Figlio primogenito. Quante speranze sui primogeniti! Dio li riserva tutti a sé, da quando, per liberare il suo primogenito dall’Egitto sono periti i primogeniti degli Egiziani.
Intanto però, come ogni madre, dona al bimbo che è nato le cure di cui ha bisogno: le fasce, un luogo per riposare. Fasce e riposo che nell’iconografia classica hanno portato a raffigurare questo bimbo nella culla come un defunto nella tomba. Questo bimbo che nasce morirà. È un uomo mortale. Il Dio immortale diventa uomo mortale in questa notte di tenebre squarciata dalla Luce. Morirà sulla croce, perché le tenebre non lo accoglieranno. E si farà buio allora su tutta la terra. Ma solo per un momento. Perché la luce è più forte delle tenebre e le vincerà.
Non c’era posto per loro nell’alloggio. Può essere indicato con il termine alloggio la parte della casa riservata ad accogliere gli ospiti, che essendo sovraffollata, non era certo il luogo indicato per ricevere una donna che stava per partorire. Viene fatta accomodare sul retro, fuori, dove si mettono gli animali. Lì è forse anche più caldo. Ma simbolicamente indica ancora una volta il fatto che questo bimbo che viene non è accolto dentro la casa, così come morirà fuori delle mura di Gerusalemme. E viene deposto in una mangiatoia: anche questo è un gesto altamente simbolico: colui che nasce a Betlemme, la casa del pane, viene deposto in una mangiatoia, dove si pone il cibo. Questo è il pane disceso dal cielo, e chi ne mangerà ne avrà vita.

v.8: C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.
Comincia qui la seconda parte del racconto. Gesù è nato. Il Verbo si è fatto carne dirà solennemente Giovanni nel prologo del suo Vangelo. E Luca, in altro modo ci dice la stessa cosa: questo bimbo che è nato è parte della nostra storia, è carne nostra, è un figlio d’uomo. Luca lascia la madre prendersi cura del piccolo ed esce nella campagna dei dintorni. Deve annunciare questa nascita. Deve spiegare cos’è avvenuto in questa notte luminosa. Attorno ci sono solo dei pastori svegli per custodire il gregge. Sono le persone che il Signore sceglie come primi destinatari del lieto annuncio. Persone umili, emarginate, gli ultimi ma anche persone che vegliano nel compimento del proprio dovere. Beato quel servo che il Padrone venendo troverà ancora sveglio. Il Signore lo metterà a parte delle sue cose. Ai pastori, vigilanti inconsapevoli viene dato di vivere questa beatitudine. C’è tanto silenzio all’intorno, e avvolge ogni cosa, ma a coloro che vegliano viene svelato il mistero.

v.9: Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore.
L’angelo è un messaggero di Dio. Tutta la prima parte del Vangelo di Luca vede gli angeli attivi nel portare messaggi agli uomini, a Zaccaria prima, poi a Maria, quindi a Giuseppe ed ora ai pastori. E sempre l’improvviso apparire del messaggero divino suscita paura. Una grande paura. I pastori sono avvolti dalla luce. Come sul Tabor i tre discepoli sono avvolti dalla nube. È la nube luminosa che rende presente la gloria del Signore.

v.10: ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo.
Subito l’angelo li rassicura. Non temete. Quante volte risuona questa parola nella Scrittura. Non temete. La vostra grande paura può fare spazio ad una grande gioia: questa gioia è per voi e per tutto il popolo. L’annunzio che porto è lieto, è un vangelo! e la gioia è per tutto il popolo. Del Battista si era detto che “molti” si rallegreranno alla sua nascita. Qui la gioia è per tutti.

v.11: Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.
Ed ecco che viene rivelato il motivo di tanta gioia e insieme il suo senso: oggi è nato un bimbo nella città di Davide. Questo bimbo è nato per voi. È il vostro Salvatore. È il Messia, Cristo ed è Signore. Viene presentata la vera identità e insieme la missione di questo bimbo che è nato. È il Salvatore. Il vero Salvatore! Perché questo Salvatore non è uno qualsiasi, ma il Messia: l’atteso, il Messia promesso. E non solo ma questo Messia è Signore: Signore è un titolo divino. Verrà dato a Gesù dopo la risurrezione. Con questi tre titoli Luca annuncia tutto quello che poi svilupperà nel suo Vangelo. La vita, la passione morte e risurrezione del Cristo Messia.

v.12: Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.
Troverete un bambino: il termine usato indica in genere un bambino piccolo che è ancora nel grembo (Luc 1, 41.44) o appena nato (Sir 19,11; cf Atti 7,19) il lattante (1Pt 2,2). In 2Tim 3,15 Paolo si rivolge al discepolo per dirgli che fin da quando era così piccolo conosce le Scritture … un’immagine bellissima per dire come la parola di Dio viene assimilata, nelle famiglie cristiane, con il latte materno. Ed è questo bambino così piccolo, ancora incapace di parlare che Dio dona come segno. Questo è il Segno. Ancora un volta il contrasto tra le grandi attese legate ad una potenza regale, la città del re, il titolo di Salvatore e il Segno: un bimbo appena nato, avvolto nelle fasce e adagiato nella mangiatoia.

v.13-14: E subito appare con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.
Dopo la narrazione dell’evento e la sua spiegazione esplode la gioia nella grande liturgia del Natale, la intonano gli angeli nel cielo e la continuano di generazione in generazione gli uomini e le donne di ogni lingua popolo e nazione. Lo si vede ben rappresentato nel mosaico dell’abside di San Paolo fuori le mura: due angeli che stanno accanto al trono intonano il gloria, lo continuano gli apostoli che li circondano e l’assemblea cristiana che riempie la basilica canta con loro.
Il trono nel mosaico indica la seconda venuta del Signore, al compimento della storia. Ogni anno il Natale ce la rende già in qualche modo presente: colui che è nato è il Dio con noi, Colui che è che era e che viene: a lui la Gloria nei secoli dei secoli e Pace in terra agli uomini amati dal Signore.

Appendice
Tutte le feste maggiori hanno la loro origine nella natività di Gesù
Un giorno di festa sta per arrivare, la più santa e venerabile di tutte le feste. Non sarebbe errato chiamarla la prima e la madre di tutti i giorni santi. Qual è questa festa? È il giorno della nascita del Signore nella carne.
È da questo giorno che le feste dell’Epifania, della Santa Pasqua, dell’Ascensione e della Pentecoste hanno la loro origine e il loro fondamento. Se Cristo non fosse nato nella carne, non sarebbe stato battezzato, cosa in cui consiste la sua epifania o manifestazione; e neppure sarebbe stato crocifisso (la Pasqua) e non avrebbe fatto scendere lo Spirito (la Pentecoste). Dunque, come fiumi diversi sgorgano da una sola fonte, così sono nate per noi queste feste. (Giovanni Crisostomo, Sull’incomprensibilità di Dio, PG 48,753-753)

Un tempo di pace per Gesù che è la nostra pace
Egli, infatti, in quanto mediatore fra Dio e gli uomini, come prestabilì la madre dalla quale nascere quando volesse, in modo divino, così scelse il tempo della nascita umana, anzi fece sì che fosse tale quale lo volle, nel senso che, sopito il turbine delle guerre, la tranquillità di una pace nuova e insolita si estese a tutto il mondo. Quale più significativo indizio di pace ci può essere in questa vita di quando tutto il mondo viene retto da un solo uomo e censito con un solo censimento? […] Poi, per nascere, scelse un tempo di massima pace perché la ragione per cui venne al mondo fu di ricondurre il genere umano al dono della pace celeste. Per questo è scritto: Egli è la pace, che ha unito i due in un solo popolo (Ef 2,14), cioè egli, pio mediatore e riconciliatore, ha riunito in una sola dimora uomini e angeli. (Beda, Omelie sul Vangelo 1,6)

Betlemme significa “casa del pane”
Ma fino ad oggi e fino alla fine del mondo non cessa di essere concepito a Nazaret e di nascere a Betlemme quando uno qualunque di quelli che lo ascoltano, colto il fiore della sua parola, fa di sé la casa del pane eterno. Ogni giorno nel grembo verginale, cioè nell’anima dei credenti, egli è concepito tramite la fede ed è dato alla luce tramite il battesimo. (Beda, Spiegazione del Vangelo di Luca I,2,6-7)

Betlemme ha aperto l’Eden
Betlemme ha aperto l’Eden: venite, vediamo! Abbiamo trovato la nostra gioia nascosta! Venite, prendiamo possesso del Paradiso dentro la grotta! Lì è apparso lo stelo non innaffiato sul quale fiorisce il perdono. Lì si trova il pozzo non scavato dal quale Davide un tempo desiderava bere. Lì la Vergine ha partorito un figlio e subito è stata fatta cessare la sete di Adamo e di Davide. Affrettiamoci dunque a questo luogo, dove il Dio eterno è nato per noi come un piccolo bambino! (IKos della natività del Signore)

Cristo è diventato un umile bambino
Per questo egli volle essere un bambinello, per questo volle essere un fanciulletto affinché tu potessi diventare un uomo perfetto; egli fu stretto in fasce, affinché tu fossi sciolto dai lacci della morte; egli nella stalla per porre te sugli altari; egli in terra, affinché tu raggiungessi le stelle; egli non trovò posto in quel albergo, affinché tu avessi nei cieli molte dimore. Da ricco che era sta scritto, si è fatto povero per voi affinché voi diventaste ricchi della sua povertà (2Cor 8,9). Quella indigenza è dunque la mia ricchezza e la debolezza del Signore è la mia forza. Ha preferito per sé la privazioni, per aver da donare in abbondanza a tutti. Il pianto della sua infanzia in vagiti è un lavacro per me, quelle lacrime hanno lavato i miei peccati. O Signore Gesù sono più debitore ai tuoi oltraggi per la mia redenzione, che non alla tua potenza per la mia creazione. Sarebbe stato inutile per noi nascere, se non ci avesse giovato venire redenti. Ma non dobbiamo confinare tutta la condizione della divinità entro le consuetudini del corpo. Altra cosa è la natura della carne altra cose è la gloria della divinità. Per te la debolezza, ma in se stesso era la potenza; per te la miseria, ma in se stesso era l’opulenza. Non valutare quanto vedi, ma riconosci di essere stato redento. Tu lo vedi ravvolto in fasce, ma non vedi che sta in cielo. (Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca 2,41-42)

Il Cristo bambino crea per noi pace e buona volontà
Non considerate colui che fu posto in una mangiatoia come un semplice bambino, ma dovete vedere, nella nostra povertà colui che, come Dio, è ricco; e nella misura della nostra umanità colui che fa prosperare quelli che sono in cielo ed è glorificato anche dagli angeli. È quanto fu nobile l’inno: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra e fra gli uomini di buona volontà! Gli angeli e gli arcangeli, i troni e le dominazioni e i serafini sono in pace con Dio; ma in alcun modo si oppongono al suo giusto volere, ma sono fermamente stabiliti nella giustizia e nella santità. Ma noi, creature malvagie, avendo posto i nostri desideri in opzione alla volontà del nostro Signore ci siamo messi nella posizione di suoi nemici. Cristo ha eliminato questa situazione. Infatti egli è la nostra pace (Ef 2,14) e per suo tramite ci ha uniti a Dio Padre. Egli ha rimosso la causa dell’inimicizia e così ci giustifica per fede, rendendoci santi e senza biasimo e chiama vicino a lui quelli che erano lontani. Oltre a questo egli ha creato i due popoli in un solo uomo nuovo, creando così la pace e riconciliandoli entrambi in un solo corpo al Padre (cf. Ef 2,15-16), perché piaceva a Dio Padre formare in un solo nuovo insieme tutte le cose in lui e legare insieme quelle in alto e quelle in basso e fare del cielo e della terra un solo gregge. Cristo dunque è stato fatto per noi pace e buona volontà. (Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 2)

«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce» (Is 9,1).
Questa profezia di Isaia non finisce mai di commuoverci, specialmente quando la ascoltiamo nella Liturgia della Notte di Natale. E non è solo un fatto emotivo, sentimentale; ci commuove perché dice la realtà profonda di ciò che siamo: siamo popolo in cammino, e intorno a noi – e anche dentro di noi – ci sono tenebre e luce. E in questa notte, mentre lo spirito delle tenebre avvolge il mondo, si rinnova l’avvenimento che sempre ci stupisce e ci sorprende: il popolo in cammino vede una grande luce. Una luce che ci fa riflettere su questo mistero: mistero del camminare e del vedere.
Camminare. Questo verbo ci fa pensare al corso della storia, a quel lungo cammino che è la storia della salvezza, a cominciare da Abramo, nostro padre nella fede, che il Signore chiamò un giorno a partire, ad uscire dal suo paese per andare verso la terra che Lui gli avrebbe indicato. Da allora, la nostra identità di credenti è quella di gente pellegrina verso la terra promessa. Questa storia è sempre accompagnata dal Signore! Egli è sempre fedele al suo patto e alle sue promesse. Perché fedele, «Dio è luce, e in lui non c’è tenebra alcuna» (1 Gv 1,5). Da parte del popolo, invece, si alternano momenti di luce e di tenebra, fedeltà e infedeltà, obbedienza e ribellione; momenti di popolo pellegrino e momenti di popolo errante.
Anche nella nostra storia personale si alternano momenti luminosi e oscuri, luci e ombre. Se amiamo Dio e i fratelli, camminiamo nella luce, ma se il nostro cuore si chiude, se prevalgono in noi l’orgoglio, la menzogna, la ricerca del proprio interesse, allora scendono le tenebre dentro di noi e intorno a noi. «Chi odia suo fratello – scrive l’apostolo Giovanni – è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi» (1 Gv 2,11). Popolo in cammino, ma popolo pellegrino che non vuole essere popolo errante.
In questa notte, come un fascio di luce chiarissima, risuona l’annuncio dell’Apostolo: «È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2,11).
La grazia che è apparsa nel mondo è Gesù, nato dalla Vergine Maria, vero uomo e vero Dio. Egli è venuto nella nostra storia, ha condiviso il nostro cammino. È venuto per liberarci dalle tenebre e donarci la luce. In Lui è apparsa la grazia, la misericordia, la tenerezza del Padre: Gesù è l’Amore fattosi carne. Non è soltanto un maestro di sapienza, non è un ideale a cui tendiamo e dal quale sappiamo di essere inesorabilmente lontani, è il senso della vita e della storia che ha posto la sua tenda in mezzo a noi.
I pastori sono stati i primi a vedere questa “tenda”, a ricevere l’annuncio della nascita di Gesù. Sono stati i primi perché erano tra gli ultimi, gli emarginati. E sono stati i primi perché vegliavano nella notte, facendo la guardia al loro gregge. E’ legge del pellegrino vegliare, e loro vegliavano. Con loro ci fermiamo davanti al Bambino, ci fermiamo in silenzio. Con loro ringraziamo il Signore di averci donato Gesù, e con loro lasciamo salire dal profondo del cuore la lode della sua fedeltà: Ti benediciamo, Signore Dio Altissimo, che ti sei abbassato per noi. Tu sei immenso, e ti sei fatto piccolo; sei ricco, e ti sei fatto povero; sei l’onnipotente, e ti sei fatto debole.
In questa Notte condividiamo la gioia del Vangelo: Dio ci ama, ci ama tanto che ha donato il suo Figlio come nostro fratello, come luce nelle nostre tenebre. Il Signore ci ripete: «Non temete» (Lc 2,10). Come hanno detto gli angeli ai pastori: «Non temete». E anch’io ripeto a tutti voi: Non temete! Il nostro Padre è paziente, ci ama, ci dona Gesù per guidarci nel cammino verso la terra promessa. Egli è la luce che rischiara le tenebre. Egli è la misericordia: il nostro Padre ci perdona sempre. Egli è la nostra pace. Amen. (Papa Francesco, Omelia notte di Natale 2013)

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