Juan J. BARTOLOME sdb Lectio Divina"Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!"

20 dicembre 2015 | 4a Domenica di Avvento - Anno C | Lectio Divina Lectio Divina: Lc 1,39-45

Già vicini a Natale e per prepararci meglio alla celebrazione gioiosa della venuta di Dio in mezzo a noi, il Vangelo concentra la nostra attenzione su Maria, la madre di Gesù. Solo lei seppe aspettare Dio avendolo vivo nel suo grembo, carne della sua carne, e dopo averlo dato alla luce, tenendolo nelle sue mani. A quanti in questi giorni aspettiamo che Dio si faccia - finalmente! - presente nel nostro mondo, e per questo ricordiamo con gioia come voleva farsi trovare da noi, la Parola di Dio oggi ci ricorda il comportamento di Maria, la vergine che aspettando di avere un figlio si mise a servire chi, più bisognosa di lei, viveva la stessa esperienza. Chi, infatti, meglio di Maria può insegnarci come dobbiamo aspettare Dio, di cosa occuparci mentre lo aspettiamo, cosa fare mentre giunge a noi? Chi ci può insegnare meglio di lei ad aspettarlo e a riceverlo?
In quei giorni,
39 Maria partì e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda; 40 entró nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta.
41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta, piena di Spirito Santo 42 disse ad alta voce:

"Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 Chi sono io perché mi visiti la madre del mio Signore? 44 Quando il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino sussultò nel mio grembo. 45 Beata tu, che hai creduto, perché quello che ti ha detto il Signore si compirà".

I. LEGGERE: capire quello che dice il testo facendo attenzione a come lo dice

La visita di Maria ad Elisabetta (Lc 1,39-56) collega i due annunci di nascita precedentemente riportati separatamente, quello di Giovanni (Lc 1, 5-25) e quello di Gesù (Luca 1:26-38) e consente l'incontro tra il profeta e il suo Signore anche prima della nascita. Annunciando la concezione straordinaria dei bambini, l'angelo ha rivelato il piano salvifico di Dio: l'impensabile, Dio l'ha reso possibile. Ora Luca lascia parlare le loro madri, che, senza averlo cercato, sono diventate beneficiarie e testimoni di questa salvezza.
Nell'intenzione dell'evangelista il racconto dell'incontro di Maria, Madre del Salvatore, con Elisabetta, madre del Precursore, si propone di evidenziare la superiorità di Gesù sul Battista. Maria è il personaggio centrale. Ma non per quello che fa, quanto per ciò che in lei si è realizzato. Questo è riconosciuto da Elisabetta. La scena dell'incontro, di cui il nostro testo è solo una parte, si apre e si chiude con lei (Lc 1,39.56). L'intervento di Elisabetta (Lc 1,41), motivato dall'arrivo di Maria (Lc 1,40), non ha altro interesse che quello di scoprire l'azione di Dio in lei (Lc 1,42-45), e provocare la lode di Maria, che per la prima volta esprime pubblicamente la sua reazione personale alla maternità verginale (Lc 1,46-56).
Elisabetta riconosce che l'arrivo di Maria ha riempito il suo seno di vita e dello Spirito la sua vita, quello stesso Spirito che aveva fatto diventare madre una vergine. Elisabetta nota l'azione di Dio nella sua maternità già percepita. Deve tutto a chi ha osato credere nel suo Signore, perché tutto è iniziato nel momento dell'arrivo della vergine madre. La prima beatitudine del NT fu indirizzata a Maria non perché era la madre del Figlio di Dio, ma perché si era fatta serva del suo Signore. Divenne madre di Dio perché ha creduto nella sua Parola. Giungere ad essere familiare di Dio è il destino possibile per qualsiasi credente che osa fidarsi del suo Dio come Maria. E chi lo capisce, sarà per gli altri occasione di grazia e motivo di gioia: porta Dio nella vita del suo prossimo, chi gli ha permesso di entrare nella sua vita.

II. MEDITARE: applicare quello che dice il testo alla vita

Dopo aver assunto il progetto che Dio aveva per lei e una volta che, dichiarandosi serva del Signore, cominciò ad essere sua madre, Maria si mise subito in cammino per mettersi al servizio di chi ne aveva bisogno, la cugina Elisabetta. La prima cosa che fece, appena fu concepito Dio nel suo seno, fu quella di andare di fretta a casa di chi sarebbe stata madre prima di lei. La Madre di Dio presentò la propria maternità accudendo la maternità di una familiare più anziana. Maria non ha saputo aspettare Dio tranquillamente, da sola, con le braccia conserte, insensibile ad altre maternità meno importanti. Sapere che il figlio che le stava nascendo nel suo grembo era, in realtà, l'unico figlio di Dio, non lo vide come un privilegio personale, né come una logica scusa per evitare di servire una familiare. Sentendo Dio dentro di lei, non si poté sentire liberata dal bisogno della sua parente. Proprio perché Dio si stava facendo bambino nel suo seno, ha dovuto mettersi a disposizione di un'altra futura madre e di un altro bambino che, come suo figlio, stava per nascere. Maria ha vissuto il suo stato di attesa, facendo del bene a chi, come lei, sperava anche di essere madre per grazia di Dio.
Aiutando sua cugina, la madre di Dio iniziò il suo periodo di gestazione; attese la 'prima nascita' servendo il prossimo. Maria ci insegna il modo autentico di aspettare Dio: avvicinarsi a chi ha bisogno del nostro aiuto e mettersi a sua disposizione è il modo mariano di preparare il Natale. Qui si trova la ragione per cui, nonostante vogliamo Dio nel nostro cuore, non riusciamo mai ad averlo nelle nostre mani: in Maria vediamo come un'attesa di Dio non può convertirsi per noi in un inutile passatempo. Lei ci insegna che non aspetta bene Dio chi non fa del bene agli altri. La strada che percorse Maria tra le montagne, la sua fretta di giungere alla casa di Elisabetta ci fa più grafica, più concreta, più reale e più dolorosa, l'attesa che viveva.
Non si accontentò di sapere che il bambino che aspettava era il figlio di Dio. Non seppe aspettare Dio che aiutando la sua parente anziana. Non trovò modo per servire Dio, che curando chi aspettava anche un bambino. E non c'è un modo più efficace di aspettare Dio che mettersi al servizio di chi lo attende: prendersi cura dei bisogni del prossimo è il modo migliore, se non l'unico, di prendersi cura di Dio che sta per arrivare. Chi crede che aspettare Dio ci deve rendere indifferenti a questo mondo, incurante dei suoi problemi, insensibili dinanzi alle sue esigenze, non aspetta realmente quel Dio che è nato da Maria, né si prepara degnamente a celebrare la nascita di Gesù.
E tuttavia, non è vero che coloro che aspettiamo Dio oggi, passiamo la vita sopraffatti dai nostri problemi, che ci preoccupano di più che le nostre difficoltà di fede? Non è vero che aspettiamo solo un Dio che ci liberi da esse, senza renderci conto che l'unico modo degno di aspettare questo Dio è quello di aspettarlo avvicinandoci al bisogno degli altri? Non è certo che ci crediamo liberati dall'obbligo di riempire il nostro tempo e la nostra attesa, le nostre mani e il nostro cuore, dalle angosce e dalle necessità degli altri? O forse non siamo soliti preparare il Natale facendo l'inventario delle cose che ci mancano e sentendo nostalgia delle persone che non verranno a casa, senza renderci conto che ci sono molte cose che potremmo dare agli altri e persone che potremmo benissimo aiutare?
I credenti spesso disperiamo di incontrarci con Dio. Sono pochi, anche tra coloro che oggi ci prepariamo a ricevere Dio nel prossimo Natale, coloro che crediamo veramente che Dio può farsi incontrare da noi, che vuole venire per stare nella nostra famiglia, che vuole farsi sentire dentro di noi nel nostro intimo. Ma non incolpiamo Dio del fatto che non crediamo possibile ciò: visto che non lo aspettiamo come Lui vuole essere aspettato, così come Maria lo aspettò, mettendosi anima e corpo al servizio degli altri, non riusciamo a incontrarci con Lui. Corriamo il rischio che, purtroppo, il prossimo Natale sia, per noi che crediamo in Dio fatto uomo, fatto di giorni vuoti, una gioia senza contenuto, una festa di famiglia che non riesce a renderci familiari del nostro Dio. E tutto perché non siamo riusciti ad aspettarlo come Dio vuole essere aspettato, come Maria lo aspettò, servendo chi ha bisogno di noi.
Non avremo alcuna scusa se ancora una volta il Natale non riesce ad essere più un'esperienza unica: mentre abbiamo ancora tempo fino a quando Lui viene, mettiamo il nostro tempo a disposizione di coloro che ne hanno bisogno; mentre abbiamo desiderio di incontrarlo, guadagniamoci la sua venuta avendo cura di coloro che hanno bisogno. Così ha fatto Maria e così divenne Madre di Dio. Smettiamola, quindi, di lamentarci: Dio vuole, in questo Natale, farsi nostro Dio, desidera entrare nel nostro ambiente e farsi nostro familiare. Se non ci riesce nemmeno quest'anno, non sarà perché non ha provato a farlo Lui di nuovo. E' che, ancora una volta, ci ha trovati ad attenderlo come dovremmo, cioè, non ci ha trovati a fare del bene al prossimo più bisognoso.
Se in questo Natale Dio ancora ci trova troppo preoccupati di noi stessi, non si incontrerà con noi nemmeno quest'anno. Non dimentichiamo la lezione di Maria, la madre di Dio: quando seppe che aspettava Dio, si mise in cammino verso chi aveva bisogno di lei. Mettersi ad aiutare il prossimo è il modo in cui si aspetta il vero Dio: se Dio non ci trova a servire chi ha bisogno di noi, non vorrà incontrarsi con noi. Servono poco i servi che non sono dove il loro signore li vuole! E mentre Lui non è con loro, i servi di Dio si occupano di chi è nel bisogno. Se Maria si è fatta domestica di Elisabetta, ed è stata riconosciuta da lei come Madre del suo Signore, non c'è altro modo di essere con Dio in questo mondo che servire il prossimo che ha bisogno di noi. Né c'è altro modo per portare la vita, la gioia e il Signore stesso.
Prima che Gesù nascesse e che venisse per servire e non per essere servito, fu sua madre che si è messa a servire una familiare che era nel bisogno. L'attesa del Signore si vive veramente quando si serve il prossimo. Questo era il metodo di Maria. Qui sta la nostra opportunità di preparare la venuta di Gesù riempiendo di Dio e di vita coloro che serviamo. [Traduzione di don Nino Zingale sdb]

Juan J. BARTOLOME sdb



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