MONASTERO MARANGO,"Una via concreta alla conversione"

3° Domenica di Avvento (anno C)
Letture: Sof 3,14-18; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18
Una via concreta alla conversione DON GIORGIO SCATTO
Ancora Giovanni: l’uomo che segnerà come nessun altro il cammino di Gesù.
Questo ruvido profeta conosce la
crisi profonda in cui il popolo è precipitato, conseguenza inevitabile del peccato e della ribellione di Israele. Ormai ogni rimedio posticcio e superficiale, a cui ricorrono spesso gli uomini della religione e i capi delle comunità, sono perfettamente inutili ad evitare quella che lui stesso chiama «l’ira imminente».  Tutto è corrotto e contaminato: il tempio e i sacrifici di espiazione che vi si celebrano; i sacerdoti e gli scribi, che hanno perso ogni possibilità di dire una parola autorevole; il popolo, perso dietro ai suoi affari e ai suoi molteplici idoli. E poi ci sono gli umiliati, gli impoveriti da un sistema oppressivo e violento. L’Alleanza è spezzata. Il «battesimo» di Giovanni è l’inizio di una Alleanza nuova, attraverso un rito di conversione radicale, che invoca il perdono di Dio e la sua misericordia.
Il tempio, i sacrifici, le complicate interpretazioni della Legge, la stessa appartenenza al popolo eletto: tutto viene relativizzato da questo profeta di fuoco. Una cosa soltanto è decisiva e urgente: convertirsi a Dio e accogliere il suo perdono.

Giovanni, per compiere la sua opera di purificazione, sceglie il deserto, fuori dalla terra promessa, lì dove il Giordano sfocia nel mar Morto. E’ il luogo dove, secondo la tradizione, Giosuè aveva attraversato il fiume per entrare nella Terra Santa. Una scelta intenzionale. Il Battista chiama la gente a collocarsi simbolicamente al punto di partenza, prima di attraversare il fiume; come la «prima generazione del deserto», anche ora il popolo deve ascoltare Dio, purificarsi nelle acque del Giordano ed entrare rinnovato nel paese della pace e della salvezza.
La consapevolezza di vivere lontani da Dio, la necessità della conversione e la speranza di salvarsi nel «giorno finale» portavano non pochi a cercare la purificazione nel deserto; Giovanni non era l’unico; a meno di venti chilometri dal luogo in cui battezzava si innalzava il «monastero» di Qumran, dove una numerosa comunità di «monaci» vestiti di bianco e ossessionati dalla purità rituale praticava nel corso della giornata bagni e riti di purificazione in piccole piscine predisposte particolarmente per questo scopo.
Tuttavia il battesimo di Giovanni, e soprattutto il suo significato, erano assolutamente nuovi e originali.
Quando si tratta di impurità molto gravi e contaminanti, la tradizione giudaica esige che non si adoperi acqua stagnante o «acque morte», bensì l’«acqua viva» che fluisce e che scorre.
Il battesimo di Giovanni è un bagno completo del corpo, non un’aspersione con acqua o un lavacro parziale di mani e piedi, com’era abitudine nei riti di purificazione. Si compie una volta sola, come un nuovo inizio della vita. Essere immersi dal Battista nelle acque vive del Giordano significa cogliere la sua chiamata a incorporarsi nel rinnovamento di Israele. D’altra parte, essendo compiuto da Giovanni e non da ciascuno per proprio conto, il battesimo appare come un dono di Dio: è lui a concedere la purificazione a Israele; Giovanni ne è soltanto il mediatore. Il gesto esprime solennemente l’abbandono del peccato e il ritorno all’alleanza con Dio. Questa conversione si deve verificare nel più profondo della persona e deve tradursi in un comportamento degno di un popolo fedele a Dio: il Battista chiede «frutti degni di conversione» «per il perdono dei peccati».
I cultori della religione ufficiale ne sono scandalizzati, perché tra le moltitudini che si recano da Giovanni non vi sono sacerdoti del tempio né scribi di Gerusalemme; in maggioranza si tratta di gente dei villaggi; fra loro prostitute, esattori di tasse venduti vergognosamente ai romani, persone di dubbia moralità. Mentre le persone ‘religiose’ si sentono già a posto, tra costoro si respira un vivo desiderio di «conversione».

«Che cosa dobbiamo fare?».
In certi codici antichi i copisti hanno sentito il bisogno di aggiungere: per salvarci. Come a sottolineare che non si tratta semplicemente di fare qualcosa, ma di un fare che porti alla salvezza, che permetta di sfuggire all’ira che incombe.
Giovanni dice alle folle:«Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto».
Ai pubblicani: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
E ai soldati: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Molti dovevano vivere ai limiti dell’esistenza, se si esige, per convertirsi, di condividere il pane e di vestire gli ignudi. In tempi di calamità, nessuno può tirarsi indietro, pensando che sia più ‘meritorio’ la recita di qualche pateravegloria. Era vero ieri, ed è vero anche oggi.
Agli esattori delle tasse, chiamati anche ‘pubblicani’, Giovanni chiede di vincere il loro sfrenato desiderio di possedere, sfruttando la povera gente, sicuri della protezione dei romani. Anche oggi un economia che non ha alcun scopo se non quello di accumulare danaro, crea vittime, uccide.
In una regione attraversata da rivolte e piccole guerre, Giovanni dice ai soldati di non fare violenza. E’ come se li invitasse a deporre le armi. Quanto è urgente che sorgano profeti di pace!
Mi piace molto questa via concreta alla conversione: verificabile, efficace, per certi versi per niente ‘religiosa’, sconvolgente. E’ una via capace di abbattere gli idoli dell’avere, del potere e dell’apparire.
L’unica via che prepara la venuta del Messia atteso.

Giorgio  Scatto      

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