P. Carlo Sansoni""Rallegratevi sempre nel Signore, , rallegratevi, il Signore è vicino”

III Domenica AVVENTO – Anno C
(Lc 3, 10-18)
(cf P. Carlo Sansoni, Ciclo C)

Tutta la liturgia di questa terza domenica d’Avvento, è intessuta di testi, d’invocazioni, di preghiere invitanti alla gioia.
L’intonazione è data dall’antifona d'ingresso: "Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”. Anche il Battista - pur annunciando che il messia sarebbe venuto "con il ventilabro in mano per ripulire la sua aia" - di fatto annuncia la buona novella. Egli proclama che Dio salva tutti, in qualunque condizione si trovino, purché si convertano nella piena sincerità del loro cuore.
In realtà, la gioia è uno dei temi principali della Scrittura. Il messaggio della Bibbia è profondamente ottimista: Dio vuole che gli uomini siano felici, vuole la loro riuscita, la loro promozione. Ma dobbiamo dire subito che - mentre per gli antichi ebrei la gioia è il sentimento di chi ha già qualcosa o spera di riceverla - per i cristiani la gioia è diversa.
Per gli ebrei, la gioia è strettamente collegata al possesso di qualcosa: sono le cosiddette gioie della vita, percepite come altrettante benedizioni di Dio: la gioia del lavoro ben fatto, della vendemmia, del raccolto abbondante…, come pure la gioia intima del cuore, quella che proviene dalla certezza di avere Dio vicino, perché lo si ama e gli si è fedele. Ma la storia della gioia biblica segue passo passo l'approfondimento della fede.
Sulla linea di quest’approfondimento, la gioia assume una dimensione nuova, grazie soprattutto ai profeti.
Essa diviene oggetto di promessa ed è annunciata per i tempi messianici od escatologici. Iahvé - essi dicono - riserva la vera gioia a coloro che si fanno poveri e piccoli dinanzi a lui, e attendono tutto dal loro Dio. Nulla potrà offuscare questa gioia, nemmeno l'angoscia, nemmeno la prova, e anzi saranno in grado di fecondarla.

Con la venuta di Gesù si realizza un clima particolarmente gioioso. Le pagine consacrate da Luca all'infanzia di Gesù sono indicative al riguardo: forse la parola 'gioia' è quella che più vi ricorre.
Giovanni Battista esulta di gioia nel seno di sua madre quando Maria viene a farle visita; la sua nascita è causa di letizia per tutti.
L'angelo dell'annunciazione invita Maria alla gioia: "Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te"; Maria stessa magnifica il Signore in un canto pieno d’esultanza, perché egli si è fatto suo figlio per la salvezza degli umili.
E gli angeli annunciano una gran gioia ai pastori, al momento della nascita di Gesù: è nato il Salvatore del mondo.
Il motivo di questa gioia è evidente: in Gesù, la redenzione tanto attesa si fa imminente; con lui comincia l'era della salvezza.
Ma Gesù non tarderà a mostrare che la gioia messianica è riservata ai piccoli, ai poveri, agli infelici ed ai peccatori che si pentono, perché essi solo percepiscono la natura della salvezza che Gesù porta con sé e che procura la gioia. Questa scaturisce non tanto dal fatto che si ha qualcosa, quanto dal fatto che si vive in un determinato modo.
Riprendendo e completando il messaggio dei profeti, Gesù fa capire che egli comunica una gioia tutta sua. Questa è stata generata in lui dal dono totale di sé e dall'obbedienza perfetta al Padre. Solo quelli che vivono, con la sua grazia, in un simile atteggiamento di docilità e di disponibilità al Padre e osservano il comandamento nuovo dell’amore, sono capaci di riceverla: “Se osservate i miei comandamenti rimanete nel mio amore, come io ho osservato i suoi comandamenti e rimango nel suo amore. Vi dico questo affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia perfetta” (Gv 15, 10-11).
La gioia messianica  - che ci annuncia la liturgia, oggi - consiste, dunque, soprattutto nel farci suoi discepoli, percorrendo il solco aperto da lui, seguendo cioè lo stesso itinerario di povertà, di apertura al Padre, e di amore che caratterizzò la sua vita terrena.
Il dinamismo della gioia cristiana comporta insomma un modo nuovo di vivere e d’essere, secondo il discorso della montagna. Se c’impegneremo ad uscire da certe barriere mentali - per aprirci con coraggio a Dio e ai fratelli -, se c’impegneremo ad essere ‘nuove creature’, allora potremo festeggiare degnamente il Natale del Signore, e la nostra gioia sarà piena, perché sarà frutto autentico dello Spirito di Dio in noi. È Lui che ci rinnova nell’intimo.

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