PADRE BALDO ALAGNA"MI HAI CHIAMATO… MI PRECIPITO, ECCOMI !

MI HAI CHIAMATO… MI PRECIPITO, ECCOMI !
PADRE BALDO ALAGNA IV Domenica di Avvento (Anno C) 
Commento alla Liturgia della Parola – Il tempo incalza sembra aumentare la temperatura. Dopo la domenica della gioia ci avviciniamo alla meta dell’attesa. Nel periodo di Avvento, la liturgia ci parla e ci am­maestra
attraverso tre grandi guide: Isaia, Giovanni Bat­tista e Maria; il profeta, il precursore, la madre. Oggi è la volta della madre, Maria; in tutti e tre i cicli liturgici, la IV do­menica di Avvento è dominata dalla sua figura dolce e silenziosa. Maria nella sua fede ci aiuta a intensificare e a concentrare la nostra attesa. Nelle domeniche precedenti, contemplavamo il Redentore quasi da lontano: prima con lo sguardo di Isaia che lo vedeva scendere come rugiada dai cieli, poi con lo sguardo di Giovanni Battista che lo attendeva dal de­serto. Oggi siamo invitati a fissare una persona modello dell’attesa e dell’accogliere Gesù in sè, nella propria vita: Maria !

Maria si precipita in missione! Il contesto è dopo l’annunciazione, quindi Maria si trova già incinta di Gesù. In quei giorni Maria si alzò e ai “precipitò”, andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Quello che Luca sta scrivendo è qualcosa di incredibile, qualcosa di difficile da comprendere ! Come fa una ragazzina tra i dodici e i tredici anni, all’inizio di una gravidanza a intraprendere un viaggio da sola – Luca non dice che si sia unita a qualche carovana, e tanto meno che l’accompagni il marito! E poi, passare attraverso la regione montuosa verso Ein Karem nel sud vicino Gerusalemme da Nazareth nel Nord… Perché Maria, se vuole scendere giù nella Giudea non ha scelto il percorso che facevano i pellegrini lungo la valle del Giordano, un po’ più lungo, ma senz’altro più tranquillo? Invece, mettendo a rischio la propria vita, va attraverso la Samaria. Sappiamo che tra Samaritani e Giudei c’era una grande rivalità, e quindi intraprende un viaggio pericoloso. Perché ? Per Maria il desiderio di comunicare vita di annunciare la Buona Notizia che agisce in Lei é più forte della propria sicurezza, ciò la spinge fino a lasciare la sicurezza e la tranquillità per iniziare la prima missione del Nuovo Testamento. Quindi Maria parte senza indugio. E soprattutto, secondo quel che appare, senza aver consultato il marito o il padre, cosa inammissibile nella società e nella cultura dell’epoca. Quindi l’evangelista, attraverso questa descrizione incredibile, ci sta dando delle indicazioni sulla figura, sulla realtà di Maria, una donna libera, una donna indipendente, non sottomessa al patriarcato dell’epoca, una donna che mette a rischio la propria vita pur di comunicarla a chi ne ha bisogno.

Maria madre e modello dell’attesa. Se Avvento significa attesa di Cristo, Maria è l’at­tesa in persona; l’attesa ebbe per lei quel senso realis­simo e delicato che questa parola ha per ogni donna che aspetta la nascita del suo bambino. E così che dobbiamo raffigurarci Maria nell’imminenza del Natale: con quello sguardo dolcissimo, rivolto più dentro che fuori di sé, che si nota sul volto della donna che porta in grembo una creatura e sembra già contemplarla e dialogare con essa. Tra Maria e Gesù ci fu una comunione ininterrotta d’amore, come in chi ha appena ricevuto l’Eucaristia. Maria é la donna eucaristica che ci apre ad una possibile comunione con Gesù in ogni istante della nostra vita ! Gesù veniva evangelizzando dal di dentro la Madre con la sua grazia. Il Vangelo era già tutto in lei; Maria è la madre del Vangelo perché in lei era la Parola stessa, unica, totale e personale; il Verbo del Padre come uomo cre­sceva nel suo seno di madre e come Dio si andava stam­pando per fede nella sua anima. Ecco perché appena Ma­ria apre la bocca per dar corso ai suoi pensieri e ai suoi sentimenti, quello che esce fuori è un fiotto di Vangelo vivo: il Magnificat è un kerigma, é una Buona Notizia, é un Vangelo in miniatura; vi risuo­nano tutte le beatitudini, specie quella ai poveri in spi­rito!

MAGNIFICAT ! Nel Vangelo di oggi, il Magnificat è appena intonato (i primi due versetti), ma è come se esso fosse stato ascol­tato per intero. Vi sono due modi di leggere il Magnifcat: il primo consiste nel leggerlo in rapporto al passato, per quello che contiene dell’Antico Testamento; il secondo nel leggerlo in rapporto al Nuovo Testamento, per quello che anticipa del Vangelo. Il primo modo è proprio degli esegeti e dei dotti i quali ricercano le fonti del Magnificat e ]e scoprono in Isaia 29, 14… nel Cantico di Anna, la madre di Samuele (1 Sam. 2, 1-10) e un po’ dapper­tutto nella Bibbia. Daltronde Maria é stata la madre che si è nutrita della Bibbia per il suo ruolo di educare e formare il Figlio di Dio; tutto quello che sa è la storia del suo popolo; non è inverosi­mile perciò che ella si esprima cosi, con parole e frasi attinte dalla Scrittura, come fac­ciamo, del resto, anche noi oggi, quando preghiamo con preghiera spontanea. Ma pur avendo i suoi meriti non seguiremo questo approccio, ci interessa soprattutto il se­condo modo di leggere il Magni!icat: quello che ricerca in esso la “novità” del Vangelo.

L’anima  mia  magnifica  il  Signore: con  que­sto grido di lode e di gioia, Maria proietta la sua mente direttamente in Dio; si eleva al di sopra di tutto il mon­do e, perfino, al di sopra di se stessa; fissa lo sguardo alla sorgente della luce; si mette al cospetto di Dio. Que­sto richiama il “ Gloria a Dio ” degli angeli, il “ Sia san­tificato il tuo nome ” del “ Padre Nostro ”. Anche noi, quando siamo toccati dalla grazia, sentiamo questo biso­gno di elevarci sopra tutte le cose, gli interessi e le ri­chieste e ringraziare Dio per se stesso, per quello che è, più che non per quello che ci dà; perché egli esiste; “ per la sua gloria immensa ”, come diciamo appunto nel “ Glo­ria ”.

Perché ha guardato l’umiltà della sua serva: Maria non sta magnificando la sua virtù dell’umiltà, sarebbe in sé orgoglio puro. Non si tratta infatti qui dell’umiltà soggettiva, ma dell’umiltà ogget­tiva, cioè della reale piccolezza e insignificanza della crea­tura davanti all’onnipotenza di Dio che Maria riconosce! Anche Gesù un giorno pregò il Padre così’: Ti benedico, o Padre perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelli­genti e le hai rivelate ai piccoli  (Mt. 11, 25). Da questo momento, il canto di Maria si concentra tutto quanto su tale tema: Dio che respinge i superbi ed esalta gli umili. E come se il suo sguardo fissasse, successivamente, due punti estremi: Dio, il Santo, l’Onnipotente, e lei, piccola e ignota schiava del Signore. Ma questa distanza infinita non la schiaccia perché è tutta riempita dalla infinita misericor­dia e dalla condiscendenza di Dio: Dio si china con tene­rezza, come fa un padre, verso questa piccolezza ricono­sciuta e accettata nella verità. L’umiltà evangelica appare qui ciò che è veramente in se stessa: e cioè un modo di stare davanti a Dio, più che un modo di stare dinanzi a se stessi o agli altri.

Ha disperso i superbi… ha rovesciato i potenti… ha rimandato a mani vuote i ricchi: la voce della Madre quasi si confonde con quella del Figlio che dice: Guai a voi ricchi… guai a voi che ora siete sazi (Lc. 6, 24 s.). E in questo periodo in cui il business e il consumismo trasformano la nostra attesa del Natale in una sazietà che crea vuoti é tanto attuale e ci fa riflettere ! Nell’affermazione di Maria la categoria dei sazi non comprende solo i ricchi di beni materiali, ma anche i satolli, cioè i soddisfatti della propria posizione, della propria condotta di vita: in una parola, di se stessi. Da ciò si intuisce chi sono gli “ affa­mati ”: sono coloro che hanno fame e sete della giustizia di Dio (Mt. 5, 6), perché non confidano nella pro­pria giustizia; sono coloro che tengono fissi gli occhi in Dio, senza tuttavia tenere le mani inoperose ma facendo quanto è in loro potere per compiere la volontà del Pa­dre e per procurarsi il cibo materiale se hanno bisogno anche di questo. Tale umiltà-piccolezza evangelica non esclude la ma­gnanimità; non restringe, ma dilata il cuore, fino a far dire a Maria: D’ora in poi tutte le generazioni mi chia­meranno beata… Grandi cose ha fatto in me l’Onnipo­tente. Ed è stato proprio così’: tutte le generazioni l’hanno chiamata beata! Il Magnificat ci parla di Dio, del suo stile, del suo agire. Dove trovare, nella liturgia di oggi, qualcosa che parli di noi e per noi, qualcosa che possiamo fare nostro e attuare nella vita quotidiana?

Eccomi sono la serva del Signore: L’acclama­zione al Vangelo ci ha messo davanti la risposta di Ma­ria all’agire di Dio: avvenga di me quello che hai detto. Nel brano evange­lico, Elisabetta dichiara beata la Madre del Signore, pro­prio per quel suo “ Eccomi ” pronunziato nell’Annuncia­zione: Beata colei che ha creduto. Al fondo di ogni bea­titudine, c’è quella della fede: Beati quelli che pur non avendo visto crederanno (Gv. 20, 29). Credere è fidarsi di Dio, è affidarsi a Dio; Maria si è fidata di Dio, senza “ vedere ”, cioè senza capire tutto e subito ciò che stava succedendo e dove sarebbe andata a finire. Se rileggiamo con attenzione la seconda lettura, sco­priamo che anch’essa ci parla di un “ Eccomi! ”: En­trando nel mondo, Cristo dice.. Io vengo… per fare, o Dio, la tua volontà. La nostra redenzione si è inaugurata con due “ Eccomi! ”, con due “ si’ ” detti a Dio: quello di Gesù e quello di Maria; essi hanno interrotto, rispetti­vamente, i due “no ” antichi: quello di Adamo e quello di Eva. Il si di Maria è radicalmente diverso dal sì di Cristo: esso esprime solo l’umile accettazione della creatura ed è esso stesso frutto del sì di Cristo. Eppure, mi­steriosamente, questo si che Maria pronuncia a nome di tutti noi, era anch’esso indispensabile, perché esprime il consenso della libertà umana che Dio rispetta. Dio non sfonda la nostra libertà, ma la salva.

“Eccomi!” come Maria! É la parola più piccola che possiamo dire, ma quanto preziosa! Con essa diciamo: Ci sono, sono qui per te, che vuoi che io faccia? L’importante però non è tanto quanto pronunciano, ma quan­to attuano. Come si fa a dire “ Eccomi ” a Dio con i fatti? Obbedendo momento per momento alle sue ispi­razioni, cioè alle mozioni e illuminazioni interiori dello Spirito Santo che, quando stiamo attenti, ci fa capire cosa vuole da noi Dio in quel preciso frangente. Per Maria dire: “ Eccomi ”, significò alzarsi e raggiungere in fretta la parente bisognosa di aiuto e di incoraggiamento. Dio ci chiama ad ogni ora del giorno, ora a superare un con­trasto, ora a prestare aiuto a qualcuno, ora a raccoglierci in preghiera, ora a dire una parola, ora a tacere. Bisogna che ci abituiamo a sentire Dio che pronuncia il nostro nome, per rispondergli, come gli rispondeva Samuele: Mi hai chiamato, eccomi! (1 Sam. 3, 8); si, mio Dio, faccio ciò che mi chiedi, vado dove mi mandi!  Beata tu che hai creduto; ma beati anche voi che avete udito e creduto: poiché “ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio” diceva sant’Am­brogio.

E questo è il nostro vero Na­tale! Se c’è in noi questa disposizione di fede e di obbe­dienza, allora anche tutte le altre cose belle e delicate che accompagnano la festa di Natale acquistano signifi­cato e alimentano la gioia. Diversamente. sono dei po­veri surrogati che non bastano a mettere in festa il cuore di nessuno, nemmeno – contrariamente a quello che si pensa – quello dei bambini. Chiudiamo la nostra riflessione, tornando con il pen­siero a contemplare Maria. San Bernardo diceva: “La Vergine è ella stessa la via regale per la quale è venuto a noi il Salvatore. Dob­biamo cercare di andare verso il nostro Salvatore per la stessa via per la quale egli è venuto verso di noi ”. Ora stesso, nell’Euca­ristia, noi andiamo incontro a Gesù con colei attraverso la quale egli venne a noi. Il corpo di Cristo che riceviamo è “il vero corpo nato da Maria vergine”, oggi il nostro “Amen” afferma la nostra fede con Maria e attraverso di Lei in Gesù.

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