Clarisse Sant'Agata, LECTIO DIVINA"La Parola “scartata”...

4 Domenica TO - C
Antifona d'Ingresso
Salvaci, Signore Dio nostro, e raccoglici da tutti i popoli, perché proclamiamo il tuo santo nome e ci gloriamo

della tua lode.
Colletta
Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l'anima e di amare i nostri fratelli
nella carità del Cristo. Egli è Dio e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei
secoli.
Oppure:
O Dio, che nel profeta accolto dai pagani e rifiutato in patria manifesti il dramma dell'umanità che accetta o
respinge la tua salvezza, fa' che nella tua Chiesa non venga meno il coraggio dell'annunzio missionario del
Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Prima Lettura
Ger 1, 4-5. 17-19
Dal libro del profeta Geremia.
Nei giorni del re Giosìa, mi fu rivolta questa parola del Signore: "Prima di formarti nel grembo materno, ti ho
conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni. Tu, dunque,
stringi la veste ai fianchi, àlzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti
sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro
e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo
del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti".
Salmo 70 (71)
La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.
Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.
Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.
La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.
Seconda Lettura
1 Cor 12,31 - 13,13
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.
Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le
lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo
che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se
possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in
cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi
servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio,
non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non
gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità
non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in
modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto,
quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo
da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso,
come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora
conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la
speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
Canto al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione.
Alleluia.
Vangelo
Lc 4, 21-30
Dal vangelo secondo Luca.
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete
ascoltato". Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua
bocca e dicevano: "Non è costui il figlio di Giuseppe?". Ma egli rispose loro: "Certamente voi mi citerete questo
proverbio: "Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua
patria!"". Poi aggiunse: "In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi
dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu
una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di
Sidòne. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non
Naamàn, il Siro". All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo
cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per
gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Sulle Offerte
Accogli con bontà, o Signore, questi doni che noi, tuo popolo santo, deponiamo sull'altare, e trasformali in
sacramento di salvezza. Per Cristo nostro Signore.
Comunione
Fa' risplendere sul tuo servo la luce del tuo volto, e salvami per la tua misericordia. Che io non resti confuso,
Signore, perché ti ho invocato.
Oppure:
"Oggi si è adempiuta la Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi".
Dopo la Comunione
O Dio, che ci hai nutriti alla tua mensa, fa' che per la forza di questo sacramento, sorgente inesauribile di
salvezza, la vera fede si estenda sino ai confini della terra. Per Cristo nostro Signore.

La Parola “scartata”...

Oggi la liturgia si pone in stretta continuità con quella della scorsa settimana: il Vangelo riprende con
il versetto conclusivo di domenica scorsa ("Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato"),
approfondendo la reazione degli ascoltatori di fronte a Gesù, la Parola che si offre e si compie.
Il Signore Gesù è sempre la Parola di Dio che vuole compiersi nelle nostre vite, cercando ascolto e
accoglienza nelle nostre orecchie e nei nostri cuori. Tuttavia la “fecondità” di questa Parola dipende da noi,
dalla nostra apertura al mistero “altro” che è Colui che ci parla.
Il brano del Vangelo di oggi è paradigmatico di quella che sarà l’accoglienza che troverà la Parola/Gesù
in mezzo ai suoi. Per questo l’evangelista Luca la pone al principio del suo ministero pubblico: lungo l’intero
percorso del Vangelo, infatti, Gesù andrà progressivamente presentandosi come il “profeta” inviato da Dio a
Israele, ma che, rifiutato e disprezzato dai “suoi”, diventerà salvezza per tutti i popoli.
Proprio perché la Parola è rifiutata e “uccisa” “si compie”, proseguendo il suo cammino (cfr. Lc 4,30)
fino a raggiungere tutte le genti: è il mistero che Luca continuerà a descrivere negli Atti degli apostoli dove il
rifiuto di Israele della Parola che è Gesù diviene il kairos, il momento propizio per portarLo a tutti gli “altri”
uomini. Sì, perché la Parola che Dio manda non può “ritornare” a Lui “senza effetto, senza aver operato ciò che
desidera, e senza aver compiuto ciò per cui l’ha mandata” (cfr. Is 55,10-11), cioè senza aver dato la vita a tutti.
Dio aveva parlato molte volte in passato ai padri per mezzo dei profeti (cfr. Eb 1,1) ora ci parla in
Qualcuno che non è soltanto “profeta”, ma che è il Figlio: questa è la sua Parola definitiva, quella davanti alla
quale siamo chiamati a scegliere. Di fronte a Lui che “è segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti
cuori” (Lc 2,34) l’uomo non può rimanere inerte, è costretto a prendere posizione: o la accoglie per la salvezza o
la rifiuta, scegliendo la “non vita”. Il mistero della libertà dell’uomo davanti alla Parola rimane il più grande
segno dell’Amore di Dio, che non può “costringerci” ad accoglierLo!
Nella prima lettura, incontriamo la figura di Geremia, che Dio costituisce profeta per il suo popolo:
inviato a uomini dal cuore di pietra, incapaci di riconoscere Dio che li ri-chiama alle esigenze dell’alleanza,
Geremia si prepara al suo ministero come se stesse andando a combattere. È la lotta che Dio stesso ingaggia
con tutto ciò che si oppone alla Sua iniziativa di amore verso Israele. Geremia, uomo mite e timido, diverrà
con la sua parola e la sua vita, il profeta “potente” che indica la presenza di Dio dentro la storia. E per farlo
porterà sulla sua pelle le conseguenze del rifiuto di Dio che il popolo ribadirà a più riprese.
Anche Gesù, nel Vangelo, è presentato come il profeta rifiutato.
Di fronte alla sua Parola che proclama la realizzazione delle promesse di Dio, il rifiuto nasce dallo
“scandalo” che scaturisce da una scontata “familiarità” con Lui: “non è il figlio di Giuseppe?”. A volte viviamo
tanta familiarità con la Parola che è Gesù da non coglierne più la straordinaria novità, la chiamata a operare
cose inedite, la “potenza” che opera nella “debolezza” del suo presentarsi come un conosciuto, uno di noi.
Qual è la novità della Parola/profezia che è Gesù?
Non è una Parola che opera prodigi o miracoli o segni: “Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao,
fallo anche qui, nella tua patria!” (si consideri anche ciò che S. Paolo dice nella Prima lettera ai Corinzi: “mentre i
Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza…” 1 Cor 1,22-25). Ma è la Parola “stolta” della Croce, quella
che si lascia uccidere per mostrare un altro tipo di “miracolo”, un “segno” di un altro ordine: quello di un
amore, l’amore di Dio, che “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”, un amore che “non avrà mai fine”
(2 lettura).
La Parola profetica che è Gesù “non cura se stessa” (cfr. Lc 4,23), cioè è talmente dimentica di sé e
protesa verso la vita di coloro a cui è inviata, da non scendere dalla croce, nel momento in cui tornerà
nuovamente l’invito dei Giudei: “Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto” e “Se tu sei il re
dei Giudei, salva te stesso” e “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi” (cfr. Lc 23,35.37.39). Gesù è il profeta
“potente in opere e in parole” (Lc 24,19) nella misura in cui la sua vita diventa “Parola della croce” (1Cor 1,18).
Infatti Gesù non è soltanto come Elia (che egli cita ai nazaretani nella sinagoga), il padre del
profetismo, che ha prolungato la vita di una vedova straniera in tempo di carestia, moltiplicandone la farina e
l’olio; e neppure soltanto come Eliseo, successore di Elia, che ha sanato un lebbroso straniero, restituendogli
vita e dignità. Gesù, con il dono della vita nella sua Pasqua di morte e resurrezione, si farà Lui stesso pane che
non viene meno per la vita di tutti e diverrà Lui stesso “lebbroso” (così lo definisce il canto del Servo, Is 52,14
nella traduzione latina) per eliminare alla radice ciò che sfigura l’uomo nella sua dignità e bellezza, il peccato e
la morte.
Questo “profeta” che è Gesù è veramente il profeta atteso, in Lui solo c’è salvezza (At 4,11-12).

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