Don Bruno FERRERO sdb"La più grande di tutte è l'amore"

31 gennaio 2016 | 4a Domenica T. Ordinario - Anno C | Omelia
"La più grande di tutte è l'amore".
Oggi il Vangelo ci racconta un'esperienza tragicamente comica che ha tutto il sapore di un'antica
storiella orientale:

Nasruddin si guadagnava da vivere vendendo uova.
Un tale entrò nel suo negozio e disse: "Indovina cosa ho in mano".
"Dammi un aiutino", disse Nasruddin.
"Te ne darò più d'una: ha la forma di un uovo, le dimensioni dì un uovo. Ha l'aspetto di un uovo, il gusto di un uovo e l'odore di un uovo. Dentro è giallo e bianco. È liquido prima di essere cotto, ma si rassoda con il calore. Inoltre è stato deposto da una gallina...".
"Ah! Ho capito ", disse Nasruddin. "È un tipo di dolce!".
Nasruddin, venditore di uova, non è in grado di riconoscere la realtà più ovvia. Il grande esperto non comprende la realtà più evidente. È lo stesso tragico paradosso dei contemporanei di Gesù, dottori della Legge e farisei in testa: il Messia che hanno tanto aspettato è lì davanti a loro, ma non sanno riconoscerlo.
Ai concittadini di Gesù va ancora peggio.
A Nazaret, si dice, Gesù non poté operare alcun prodigio. Il fatto che conoscano tanto bene Gesù, che sappiano tutto della sua famiglia, impedisce alle persone di quella città di credere.
E Gesù riassume questa situazione in una frase diventata proverbiale: "Nessun profeta ha fortuna in patria".
Il rifiuto è totale, micidiale. E Gesù non fa nulla per ammorbidire la sua posizione: afferma di essere il Profeta venuto in nome di Dio e dichiara che è stato mandato ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi, che secondo l'oracolo del profeta Isaia riceveranno la Buona Novella. Poi rincara ancora la dose:

"Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naaman, il Siro".

Fine dell'eccezione e del privilegio di Israele! Il messaggio del Messia è anche per gli stranieri, anzi soprattutto per loro, perché, se non altro, dimostrano di accogliere gli inviati di Dio.
Il paradosso continua. Mentre Gesù annuncia un Dio che accoglie tutti senza badare alle tessere d'appartenenza, i suoi compaesani rifiutano rabbiosamente di accogliere lui.

È un segnale d'allarme anche per noi.
Anche noi, come i concittadini di Gesù, pensiamo di conoscerlo bene. Troppo. Forse per questo motivo Gesù non riesce a compiere molti miracoli, in mezzo a noi.
Gesù è scomodo, richiede cambiamenti nella nostra vita, urta la nostra tranquillità. Ma noi abbiamo escogitato molti trucchetti per renderlo innocuo.
Un autore ha proposto un provocante parallelo:

Gesù arriva a Nazaret dove era stato allevato. Entra nella sinagoga secondo il costume, nel giorno di sabato. Si alza per la lettura. Gli presentano il volume del profeta Isaia e, svolto il volume, legge: "Lo Spirito del Signore è su di me. Mi ha inviato ad annunziare la buona novella ai poveri, la liberazione ai prigionieri, il recupero della vista ai ciechi, a ridare la libertà agli oppressi, a proclamare un anno di grazia...". Arrotola il volume, lo restituisce all'inserviente e si siede. Nella sinagoga tutti fissano gli sguardi su di lui. Allora, comincia a dire loro: "Queste parole della Scrittura si sono compiute oggi...".
Tutti sono furibondi nella sinagoga.

Allora, secondo il costume, alla domenica, in chiesa il sacerdote si alza per la lettura. Gli presentano il libro. Egli l'apre e legge: "Sono stato inviato per dire ai poveri che sono fortunati d'essere poveri, per annunziare ai prigionieri che rimarranno in prigione, per avvertire i ciechi che non riavranno la vista, per togliere agli oppressi ciò che rimane della loro libertà e per proclamare che quest'anno sarà un anno come tutti gli altri...". Il sacerdote chiude il libro e si siede. Nella chiesa, tutti fissano gli sguardi su di lui.
Il sacerdote dice loro: "Oggi tutto è in ordine...".
Allora nella chiesa si leva un enorme sospiro di sollievo.
Ciò che conta di più è proprio il modo in cui Gesù cambia la nostra vita. Dobbiamo ribadirlo con forza: seguire Gesù significa cambiare il modo di vedere Dio, gli altri, il mondo, se stessi. Rispetto agli obiettivi sponsorizzati dall'opinione corrente, è un altro modo di vivere e un altro modo di morire.

La seconda lettura ce l'ha detto con forza.
In qualche momento della nostra vita, tutti noi ci siamo posti la domanda che si ripresenta a ogni generazione: "Qual è la cosa più importante della nostra esistenza?"

Un famoso filosofo giorno dopo giorno si tormentava per cercare il significato ultimo dell'esistenza. Aveva dedicato alla ricerca della soluzione di questo enigma i suoi migliori anni di vita e di studio. Aveva consultato i più grandi saggi dell'umanità e non aveva trovato alcuna risposta soddisfacente alla domanda.
Una sera, nel giardino della sua casa, mettendo da parte i suoi pensieri, prese in braccio la sua bambina di cinque anni che stava giocando allegramente e le chiese:
"Bambina mia, perché sei qui sulla terra?"
La bambina rispose sorridendo: "Per volerti bene, papà".
San Paolo è dello stesso parere. Abbiamo ascoltato questo brano sorprendente: l'Inno all'Amore.

"Se io so parlare le lingue degli uomini e degli angeli
ma non posseggo l'amore
sono come una campana che suona
come un tamburo che rimbomba.
Se ho il dono di essere profeta di svelare tutti i segreti
se ho il dono di tutta la scienza
anche se ho una fede che smuove i monti
se non ho l'amore che vale?
Se distribuisco ai poveri tutti i miei averi
e come martire lascio bruciare il mio corpo:
senza l'amore niente io ho.
Chi ama è paziente e premuroso.
Chi ama non è geloso
non si vanta
non si gonfia di orgoglio.
Chi ama è rispettoso
non va in cerca del proprio interesse
non conosce la collera
dimentica i torti.
Chi ama rifiuta l'ingiustizia
la verità è la sua gioia.
Chi ama, tutto scusa
di tutti ha fiducia tutto sopporta
non perde mai la speranza.
Cesserà il dono delle lingue
la profezia passerà
finirà il dono della scienza
l'amore mai tramonterà.
Il dono della scienza è imperfetto
il dono della profezia è limitato.
Verrà ciò che è perfetto
ed essi svaniranno…
Ora solo tre cose contano fede, speranza, amore.
La più grande di tutte è l'amore".
Siamo abituati a sentir dire che il tesoro più importante del mondo spirituale è la Fede. Su questa semplice parola si fondano molti secoli di religione. San Paolo afferma invece: "Ora solo tre cose contano fede, speranza, amore. La più grande di tutte è l'amore". Neanche una fede che trasporta le montagne o il martirio valgono come l'amore.
San Pietro a sua volta dice: "Soprattutto, però, dimostrate un fervente amore gli uni per gli altri, perché l'Amore vince una moltitudine di peccati".
E Giovanni si spinge oltre: "Dio è Amore".
In un altro testo di Paolo possiamo leggere anche: "Il compimento della Legge è l'Amore".

Così san Paolo ci porta nel cuore della Buona Novella, ma non possiamo dimenticare la frase solenne e terribile con cui termina il Vangelo di oggi:

Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Come dire: "Gesù passò in mezzo a loro e se ne andò".
Su un fatto non può esserci alcun dubbio: Gesù di Nazaret è passato in mezzo agli uomini. Tutto quello che gli uomini hanno saputo fare è stato ammazzarlo.
Può accadere anche nel nostro tempo, a noi, oggi.
Sant'Agostino dice: "Ho paura di Dio che passa e che non ritorna"
Lo lasceremo partire anche questa volta, senza che niente cambi?

Don Bruno FERRERO sdb

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