Don Domenico MACHETTA Lectio Domenica della" Sapienza incarnata."

3 gennaio 2016 | 2a Domenica di Natale Anno C | Appunti per Lectio Domenica della Sapienza incarnata.
"Mentre un profondo silenzio avvolgeva ogni cosa e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola
onnipotente, o Signore, è scesa dal cielo, dal trono regale".
È l'antifona d'ingresso di questa messa, presa dal libro della Sapienza, al cap. 18. I commentatori hanno sempre detto che la Liturgia applica all'Incarnazione del Verbo questo testo, che in realtà si riferisce alla notte dell'esodo (la parola "guerriero implacabile") e indicherebbe l'implacabile giudizio di Dio alla fine dei tempi.
Ma... forse che quel bambino di Betlemme, debole e indifeso, che fa tremare Erode, non è un "guerriero implacabile" che accusa il mondo del male, operando un giudizio?

1ª LETTURA: Sir 24,1-4.12-16(N.V.) [gr. 24,1-2.8-12]

È la pagina più importante del Siracide! Un inno che canta l'incarnazione della sapienza divina. È un canto al progetto che Dio ha concepito nella sua mente infinita.
Ma ecco l'inaudito: Dio decide di mandare la sapienza nel mondo con una destinazione geografica precisa: "Fissa la tua tenda in Giacobbe" (v. 8).

E siamo collegati in diretta con il prologo di Giovanni:

"Il Verbo si fece carne 
e ha posto la sua tenda in mezzo a noi" (1,14).

VANGELO: Gv 1,1-18

Siamo davanti alla vetta della Bibbia. Giovanni inizia il suo Vangelo cantando. La sinfonia di apertura è un inno delle sue comunità, un inno liturgico, perché sia chiara una cosa: che le Scritture non sono un libro di lettura o di studio, ma sono testimonianza di fede.
Ecco allora il solenne inno al Logos, alla Parola: un canto al mistero dell'Incarnazione. Anticamente la Messa si chiudeva con questo prologo: splendido ringraziamento! Ci sono alcuni versetti che interrompono il cammino ritmico dell'inno, e riguardano il Battista, per dare continuità, per legare il prologo al resto del Vangelo.
Se prendiamo quelle due inserzioni, le stacchiamo dall'inno e le piazziamo di seguito al termine del prologo, tutto diventa chiaro.
Giovanni canta Gesù, il Verbo incarnato: Dio che discende, che si abbassa (è stato chiamato "kénosis" questo abbassamento), che opera un esodo, perché l'umanità possa fare esodo. Dio discende perché l'umanità possa salire. Il Logos discende e poi ascende portando con sé i salvati, i prigionieri, conducendo schiava la schiavitù (Sal 67/68). C'è una sintesi del prologo in Gv 16,28: "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre". Questo emerge anche nella forma letteraria: il fuoco, il centro di tutto è il v. 14: "Et Verbum caro factum est", e poi tutto risale e ritorna... al seno del Padre, al mondo dell'eternità da dove si era partiti. C'è una magnifica struttura concentrica, un chiasmo, dove il centro è il Verbo che si fa carne.
Lo scopo dell'Incarnazione non è ridurre Dio alla nostra portata, ma trasferire noi alla portata di Dio, come cante rà la lettera ai Colossesi: "Ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore" (1,13), dopo averci "liberati dal potere delle tenebre". Il Verbo dunque è venuto per salvarci: non è un collega, ma un Salvatore!
Dal mondo dell'eternità parte il grande esodo del Verbo. Inizia solenne: "In principio", come il libro della Genesi. C'è il verbo essere (era... era...) per indicare la preesistenza. Poi userà il verbo divenire per indicare il mondo delle creature. "Era presso Dio" ("pros" con l'accusativo): dialogo, movimento, comunione di vita all'interno della Trinità. Il Verbo in dialogo con il Padre. Parlano anche di ciascuno di noi, perché la lettera agli Efesini dice che siamo stati progettati "prima della creazione del mondo" (1,14)!
Poi la creazione: il Verbo esce come sposo dalla stanza nuziale, e "tutto è stato fatto per mezzo di lui". Dice che di ciò che esiste nulla è stato fatto senza di lui! "Senza" ("cho¯ris" dal verbo chorìz¯o, separare): una parola che tornerà nel cap. 15: "Senza di me non potete far nulla".
Dio allora parla attraverso la creazione, poi parlerà attraverso la voce dei profeti, da ultimo... il Verbo della vita arriva al punto di farsi toccare con le mani (1 Gv 1,1).
"E il Verbo si fece carne".
Dice "carne", non dice solamente "uomo". È qui lo scandalo. Come può essere Dio il carpentiere di Nazareth? Per indicare il massimo della fragilità, il culmine dell'abbassamento. Se Dio è amore, dev'essere condivisione. Ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana.
Allora: tutto ciò che il Verbo tocca, funziona, assume valore salvifico. Ogni minuto della vita quotidiana di Gesù è per la salvezza del mondo. E qui c'è la risposta unica all'enigma del dolore e della morte! Non ci sono risposte umane: il mondo scarta il problema. Noi dobbiamo gridare a tutti questa bella notizia: tutto ha un senso se vissu
to per amore! È la missione di ogni discepolo. A un patto: se stiamo "sul seno del Figlio" come Giovanni nell'ultima cena...
"Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre (letteralmente "sul seno"), è lui che lo ha rivelato". Il Figlio è la rivelazione (l'esegesi) del Padre; e noi riveleremo il Figlio solo se vivremo in intimità con lui.

Don Domenico MACHETTA

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