Juan J. BARTOLOME sdb Lectio Divina Oggi si è adempiuta questa Scrittura che avete appena ascoltato".

24 gennaio 2016 |3a Domenica T. Ordinario - Anno C | Lectio Divina
Lectio Divina su: Lc 1,1-4; 4,14-21
Il testo evangelico non è uniforme. Il brano presenta due parti molto diverse tra loro; inoltre, la
seconda non presenta la scena completa. Questo rappresenta una
difficoltà per la sua comprensione e l'assimilazione del credente. Nella prima, Luca presenta se stesso e la sua opera e svela la sua intenzione: scrive per mostrare la solidità della catechesi cristiana; si è informato bene e cerca di farlo meglio dei suoi predecessori. Nella seconda, il narratore presenta Gesù e la sua missione personale. E' un testo programmatico: Gesù si fa conoscere dai suoi compaesani; non è colui che conoscono, ma colui che attendevano: l'uomo dello Spirito, l'inviato di Dio, il liberatore del bisognoso, l'annunciatore della salvezza. Anche oggi la Scrittura si compie per coloro che accettano Gesù come lui stesso ci si presenta, come vuole essere per noi. Piuttosto che immaginarsi come deve essere, permettiamogli di essere come Dio ce lo ha dato: varrà la pena il lasciarsi sorprendere.
Illustre Teofilo:
Molti hanno assunto il compito di comporre un racconto degli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, seguendo le tradizioni tramandate da coloro che per primi sono stati testimoni oculari e ministri della parola poi. Anch'io, dopo aver controllato tutto esattamente fin dall'inizio, ho deciso di scriverti con ordine, per conoscere la verità degli insegnamenti che hai ricevuto.

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito, e la sua fama si diffuse in tutto il paese. Insegnava nelle loro sinagoghe ed era elogiato da tutti.
Gesù si recò a Nazareth, dove era cresciuto ed entrò nella sinagoga, com'era sua abitudine il sabato, e si alzò a leggere. Gli fu consegnato il libro del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
"Lo Spirito del Signore è sopra di me,
perché mi ha consacrato con l'unzione.
Mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri,
Per proclamare la libertà ai prigionieri,
E la vista ai ciechi.
Per dare la libertà agli oppressi;
A proclamare l'anno di grazia del Signore".
Poi riavvolse il rotolo, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire:
"Oggi si è adempiuta questa Scrittura che avete appena ascoltato".

I. LEGGERE: capire quello che dice il testo facendo attenzione a come lo dice
Il nostro testo, anche se composto arbitrariamente, ha una chiara funzione introduttoria: il primo paragrafo, proemio del vangelo, presenta il libro; l'episodio che segue presenta il protagonista. Letto come ci viene presentato in questa versione liturgica, quanto afferma l'autore sulla veridicità della sua testimonianza sottolinea ciò che sta per raccontare circa la presentazione ufficiale nella "società" del suo scritto. Seguendo il modello della storiografia a lui contemporanea, Luca indica ai suoi lettori il contenuto, l'obiettivo del suo scritto, e nello stesso tempo rivendica la validità del suo metodo narrativo. Quanto va a narrare, è verificato ed è degno di essere accettato: il lettore, Teofilo a cui va dedicato il volume, può essere sicuro di contare su una narrazione degna di fede.
Luca inizia la cronaca del ministero pubblico di Gesù a Nazareth. Simile scelta è strategica; per questo ha dovuto cambiare l'ordine della sua fonte (Mc 6,1-6). Sebbene già noto nella zona circostante, Gesù presenta il suo programma e si presenta ai suoi concittadini durante il servizio religioso del sabato. Seguendo la propria abitudine, Gesù partecipa al culto, legge la Scrittura e la spiega. Finora tutto è normale. Ciò che è veramente straordinario è il commento che fa, quando tutti gli occhi erano fissi su di lui: oggi si compie. Di fronte a tutti i suoi conoscenti, tra i quali era cresciuto (Lc 2,39 -40), osa dire che compie la scrittura che ha letto. Il compaesano si presenta come l'unto; colui che è stato educato a Nazareth, il Messia annunciato. Il Gesù lucano manifesta così la sua coscienza messianica (chi si crede: un uomo di Spirito) e la missione che ha assegnata (che deve fare: liberazione dei bisognosi).
Mentre il testo di Isaia è citato completamente, il commento di Gesù è breve e schiacciante. La sua presenza a Nazareth realizza la missione del profeta: è il messaggero di Dio, il suo unto, l'inviato ad evangelizzare i poveri, a liberare i prigionieri, a guarire i malati ed annunciare la grazia di Dio. L'appropriazione della profezia, da parte di Gesù, non solo riflette la sua convinzione personale d'inviato di Dio, ma, in aggiunta, descrive con i dettagli la missione per la quale è stato scelto. L'audacia di Gesù - prova evidente del suo sapersi possessore dello Spirito e di una missione specifica - è inaudita: la reazione d'incredulità che nascerà nel cuore di coloro che erano cresciuti con lui, anche se qui non è narrata, è più che comprensibile. Gesù inaugura la sua missione facendola conoscere ai suoi vicini, a coloro che lo conoscono di più. Dove lui si presenta, si compie l' 'oggi' della salvezza divina.


II. MEDITARE: applicare quello che dice il testo alla vita
Dopo aver affermato con una certa solennità la veridicità del racconto che inizia, Luca ci presenta Gesù, all'inizio del suo ministero pubblico, nel suo villaggio natale, tra conoscenti e amici d'infanzia. Come in molte altre occasioni partecipa ad un'assemblea settimanale, dove si leggevano le Scritture, anche se ora è lui che le spiega ai suoi concittadini: il vicino è diventato maestro. Sembra naturale che Gesù avesse scelto Nazareth per annunciare il regno per la prima volta, che volesse manifestarsi ai suoi connazionali come colui che ha lo Spirito di Dio, che è stato inviato ad annunciare il suo Vangelo, l'anno di grazia del Signore, che è la libertà per gli oppressi, vista per i non vedenti e liberazione per gli schiavi.
E' quindi sorprende che coloro che meglio conoscevano Gesù, si sono rifiutati di accettarlo. I Suoi concittadini non gli hanno creduto: non potevano pensare che la persona che era stata vicina e conosciuta da tanto tempo fosse ora l'inviato di Dio. Sarebbe un vero peccato che anche noi adesso, come i suoi connazionali, rispondessimo con la stessa indifferenza e incredulità a questo dono di Gesù.
Corriamo il pericolo, come loro, di credere di conoscerlo da sempre, di sapere molte cose su di lui, ma che non siamo disposti a riconoscerlo come colui che Dio ci ha inviato, che ci porta un nuovo spirito e una buona notizia. O non è forse vero che Cristo sta divenendo per noi, cristiani da sempre, qualcosa di così familiare che non ci aspettiamo più di quanto già sappiamo di lui?
Non è forse vero che il suo Vangelo, che riteniamo così noto, ci sembra una somma di parole senza attrattiva, incapace ormai di suscitare interesse? Se ancora ci interessa, cosa ci può far scoprire di nuovo Gesù? Come i concittadini di Gesù dobbiamo fare un notevole sforzo per capire che quello che ci dice è qualcosa di nuovo e rinnovatore, con sufficiente capacità per farci recuperare gioia e speranza nella nostra vita.
Ma per giungere a questo dobbiamo superare l'iniziale sorpresa di vedere che la buona notizia lo è, perché è l'annuncio di un futuro libero da ingiustizie, liberato dalle malattie, liberatore dalle oppressioni. E questo, è solo un esempio, se il regno di Dio si deve instaurare nella storia concreta degli uomini, come passare sotto silenzio che oggi vengono calpestati gli uomini e i loro diritti?
Gesù evangelizzò i suoi concittadini annunciando loro la libertà e la consolazione; è stato così bello ciò che annunciava che non poterono credere in lui; era così familiare la sua persona che non hanno prestato fede a promesse tanto stupende. Senza dubbio, avevano bisogno, come noi oggi, della salute e della pace, della consolazione e della compassione. Sarebbe sufficiente che incontrasse oggi nei nostri cuori ciò è mancato fra i suoi concittadini: fede e consenso. Se non ci mancano i problemi, perché scarseggia la fede in chi viene a curarci?
Ma non basta credere che Gesù vuole guarirci. Bisogna prestargli voce e dargli la vita perché la sua volontà raggiunga tutti, a cominciare - come ha fatto lui- dai nostri.
È proprio in questa nostra situazione, le nostre parole e le nostre azioni dovrebbero essere, come a Nazareth sono state quelle di Cristo, annuncio di libertà e promessa di salvezza; la nostra vita cristiana oggi non proclama vita nuova, non è una buona notizia; abbiamo già desistito di presentarci davanti agli altri, a cominciare dai parenti e conoscenti, come i portatori dello Spirito di Dio e delle sue promesse, perché non viviamo, come Gesù, sapendoci possessori del suo Spirito né impegnati con il suo vangelo.
Chi farà giungere la voce di Cristo ai nostri, se noi facciamo silenzio? Come potranno sapersi amati da Dio, se non glielo ridiciamo? Quando inizieremo a presentarci dinanzi a loro come inviati di un Dio che li vuole liberi e sani, come fece Cristo a Nazareth?
Il mondo ha ancora bisogno del vangelo ed noi cristiani, dovremmo essere oggi una "buona notizia" per il mondo, una ragione per la speranza tra gli uomini, un vangelo, dei nuovi cristi. Così si è presentato Cristo a Nazareth, perché non provarci anche noi? O forse non siamo cristiani?
Tuttavia, non è imbarazzante dover ammettere che quasi tutte le grandi conquiste che oggi si conseguono nella nostra società, sociali, culturali, tecniche e politiche, si stanno realizzando al margine dei cristiani o nonostante loro. E ci produce tristezza lo spettacolo delle nostre divisioni interne, dei nostri partitismi, della nostra disunione. Come possiamo presentarci dinanzi al mondo portatori di una speranza nuova, con fiducia, se viviamo uccidendo speranze, disincantati, e ci nutriamo - questo, almeno, sembra- solo di delusioni. Facciamo sì che il vangelo sia, per noi, la notizia nuova e rinnovatrice, che ci riempie di entusiasmo e ci rende capaci di promuovere l'unità, superare le ingiustizie, lottare contro il male e dare ragioni di speranza.
Se vogliamo essere cristiani oggi incominciamo ad offrirci, come Cristo a Nazareth, ai nostri, a quanti ci conoscono, ai nostri familiari e amici come appoggio alle loro migliori speranze, come cura dei loro mali, come lavoratori del regno.
Ricordando loro le promesse di Dio si ricorderanno più facilmente del nostro Dio e vedranno più vicina la loro salvezza personale. E la nostra vita sarà per loro, familiari e vicini, come a Nazareth, vangelo di Dio. E se i tempi non sono abbastanza buoni, sono i migliori per dimostrare a Cristo e al mondo che vogliamo essere buoni cristiani, efficaci annunciatori del suo messaggio e suoi luogotenenti; assumiamo con la nostra vita e con la nostra voce la sua presentazione, siamo sufficientemente cristiani per poterci presentare agli altri come "cristi" nuovi. Così il nostro ricordo di Gesù oggi si farà per noi vita: e lo testimonieremo, così come lui spera da noi. Egli conserva una certa fiducia in noi; continua ad aver bisogno di essere rappresentato da noi: vivendo il suo programma, la liberazione dal male giungerà al mondo e noi vivremo del suo Spirito. ]
Juan J. BARTOLOME sdb

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