Michele Antonio Corona "Passando in mezzo a loro, si mise in cammino"
Commento su Luca 4,21-30
Michele Antonio Corona
IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/01/2016)
Vangelo: Lc 4,21-30
Questa pagina evangelica è strettamente congiunta con quella ascoltata e meditata domenica scorsa.
Il comportamento dei nazaretani, prima stupiti, poi stizziti ed infine minacciosi reagisce alle parole di Gesù pronunciate nella sinagoga e successivamente alle menzioni profetiche evocate in riferimento a se stesso e in risposta alle obiezioni dei compaesani. Il brano è talmente connesso con la liturgia della domenica precedente che l'ultimo versetto di quella pericope diventa il primo di questa a forte testimonianza che si sottolinea un'intima congiunzione. Da notare che l'omelia di Gesù non si è limitata alla frase riportata, ma essa ne fu il titolo o l'incipit. Infatti, l'evangelista sottolinea ciò attraverso l'espressione "cominciò a dire".
Come è abitudine per la cultura antica, il titolo è il riassunto vivido di ciò che l'oratore ha detto nel suo discorso. Spesso in una frase ripetuta più volta o usata come spot si riassumeva l'intero pensiero declinato in varie forme. Pertanto, "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato" è il fulcro vitale dell'intera omelia del Maestro. Le parole da lui pronunciate provocano l'uditorio in modo eccezionale, al punto che gli astanti rimangono sbalorditi del modo e del contenuto delle sue parole.
Uno degli elementi comuni ai vangeli sinottici è la novità delle parole di Gesù, l'autorità inedita del suo modo di proclamare e l'efficacia del suo messaggio. Eppure, affianco a questo momento di popolarità e di successo si fa avanti il sentimento di curiosità e sfiducia nei confronti di questo compaesano. È quasi un atteggiamento antropologico comune: chi mi è pari non può ergersi su di me all'improvviso. Sebbene abbia titoli e prerogative per farlo, gli si ricorda l'origine e la sua storia personale.
La menzione di Giuseppe è inserita in questo contesto di ridimensionamento della parola di Gesù. Il riferimento a Cafarnao appare, in una lettura continua del vangelo, piuttosto fuori luogo. Infatti l'episodio della liberazione dell'indemoniato avvenuta nella sinagoga della città è narrata dal v. 31 in poi. Luca non commette un errore, ma sceglie di anticipare il rifiuto dei nazaretani rispetto al miracolo per mostrare come questa vicenda nel paese natale sia emblematica della sorte finale del Cristo. Non solo sarà consegnato alla fine per mano dei suoi, ma in filigrana già a Nazareth all'inizio del ministero si può intravvedere la sorte del Messia. Quindi, sebbene l'episodio di Nazareth sia avvenuto cronologicamente dopo Cafarnao, diviene indicativo per focalizzare l'intera vicenda del Cristo dai primi passi fino a Gerusalemme.
Luca sembra presentare il DNA della vicenda del Messia che dona la sua parola e fa l'esegeta della Scrittura e della storia e, di fronte a ciò, il rifiuto ostinato e violento dei suoi. Al versetto 24 si riporta la frase divenuta alquanto famosa "Nessun profeta è bene accetto in patria". Una piccola variazione può trasmetterci qualcosa di suggestivo per la comprensione: "Nessun profeta è accettabile in patria", sottolineando il fatto che l'ascolto della parola profetica richiede un superamento degli schemi antropologici e usuali. Proprio come per Elia ed Eliseo che superano i confini di Israele e si rivolgono a stranieri, non essendo stati accettabili per i propri connazionali. La parola di Gesù diventa "accettabile" solo quando si supera il limite dell'appartenenza escludente.
Chi pretende di ascoltare una parola di novità con la vecchiaia del cuore non riesce a sintonizzarsi con essa. Per dirla in termini moderni, è necessario attivare il bluetooth della propria mente, cuore e forze per agganciare il segnale emesso continuamente dalla Parola viva del Signore.
Il drammatico episodio finale richiama due altri racconti della vita di Gesù: in primo luogo, ciò che accadrà alla fine della vita di Gesù con la morte in croce; in seconda battuta, l'appena precedente racconto delle tentazioni. Il ciglio del monte qui e la parte più alta del tempio là sono i luoghi in cui Gesù sceglie di abbracciare la sua missione. Una missione che non prevede la straordinarietà del successo umano e riconosciuto, ma che richiede la capacità di dono e di verità.
È molto interessante la sottolineatura che "passando in mezzo a loro, si mise in cammino". Gesù non scappa o sfugge ai suoi attentatori, ma si "mette in cammino". È l'atteggiamento di chi non si ferma, di chi vuole incontrare nuove realtà, di chi protende verso il domani. Oggi si è adempiuta la Scrittura e questo permette di camminare e andare verso il domani. Gesù non sta fermo, ingenuamente felice dell'evento, ma si muove verso altri lidi umani. La sua scelta di mettersi in cammino non è operata in segreto, ma la compie a partire da quelli che lo vogliono lapidare; infatti, passa in mezzo a loro, continua il suo cammino davanti ai loro occhi. Ad essi, a cui è stata rivolta la parola di salvezza, Gesù offre un nuova opportunità di rimettersi in cammino con Lui.
Michele Antonio Corona
IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/01/2016)
Vangelo: Lc 4,21-30
Questa pagina evangelica è strettamente congiunta con quella ascoltata e meditata domenica scorsa.
Il comportamento dei nazaretani, prima stupiti, poi stizziti ed infine minacciosi reagisce alle parole di Gesù pronunciate nella sinagoga e successivamente alle menzioni profetiche evocate in riferimento a se stesso e in risposta alle obiezioni dei compaesani. Il brano è talmente connesso con la liturgia della domenica precedente che l'ultimo versetto di quella pericope diventa il primo di questa a forte testimonianza che si sottolinea un'intima congiunzione. Da notare che l'omelia di Gesù non si è limitata alla frase riportata, ma essa ne fu il titolo o l'incipit. Infatti, l'evangelista sottolinea ciò attraverso l'espressione "cominciò a dire".
Come è abitudine per la cultura antica, il titolo è il riassunto vivido di ciò che l'oratore ha detto nel suo discorso. Spesso in una frase ripetuta più volta o usata come spot si riassumeva l'intero pensiero declinato in varie forme. Pertanto, "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato" è il fulcro vitale dell'intera omelia del Maestro. Le parole da lui pronunciate provocano l'uditorio in modo eccezionale, al punto che gli astanti rimangono sbalorditi del modo e del contenuto delle sue parole.
Uno degli elementi comuni ai vangeli sinottici è la novità delle parole di Gesù, l'autorità inedita del suo modo di proclamare e l'efficacia del suo messaggio. Eppure, affianco a questo momento di popolarità e di successo si fa avanti il sentimento di curiosità e sfiducia nei confronti di questo compaesano. È quasi un atteggiamento antropologico comune: chi mi è pari non può ergersi su di me all'improvviso. Sebbene abbia titoli e prerogative per farlo, gli si ricorda l'origine e la sua storia personale.
La menzione di Giuseppe è inserita in questo contesto di ridimensionamento della parola di Gesù. Il riferimento a Cafarnao appare, in una lettura continua del vangelo, piuttosto fuori luogo. Infatti l'episodio della liberazione dell'indemoniato avvenuta nella sinagoga della città è narrata dal v. 31 in poi. Luca non commette un errore, ma sceglie di anticipare il rifiuto dei nazaretani rispetto al miracolo per mostrare come questa vicenda nel paese natale sia emblematica della sorte finale del Cristo. Non solo sarà consegnato alla fine per mano dei suoi, ma in filigrana già a Nazareth all'inizio del ministero si può intravvedere la sorte del Messia. Quindi, sebbene l'episodio di Nazareth sia avvenuto cronologicamente dopo Cafarnao, diviene indicativo per focalizzare l'intera vicenda del Cristo dai primi passi fino a Gerusalemme.
Luca sembra presentare il DNA della vicenda del Messia che dona la sua parola e fa l'esegeta della Scrittura e della storia e, di fronte a ciò, il rifiuto ostinato e violento dei suoi. Al versetto 24 si riporta la frase divenuta alquanto famosa "Nessun profeta è bene accetto in patria". Una piccola variazione può trasmetterci qualcosa di suggestivo per la comprensione: "Nessun profeta è accettabile in patria", sottolineando il fatto che l'ascolto della parola profetica richiede un superamento degli schemi antropologici e usuali. Proprio come per Elia ed Eliseo che superano i confini di Israele e si rivolgono a stranieri, non essendo stati accettabili per i propri connazionali. La parola di Gesù diventa "accettabile" solo quando si supera il limite dell'appartenenza escludente.
Chi pretende di ascoltare una parola di novità con la vecchiaia del cuore non riesce a sintonizzarsi con essa. Per dirla in termini moderni, è necessario attivare il bluetooth della propria mente, cuore e forze per agganciare il segnale emesso continuamente dalla Parola viva del Signore.
Il drammatico episodio finale richiama due altri racconti della vita di Gesù: in primo luogo, ciò che accadrà alla fine della vita di Gesù con la morte in croce; in seconda battuta, l'appena precedente racconto delle tentazioni. Il ciglio del monte qui e la parte più alta del tempio là sono i luoghi in cui Gesù sceglie di abbracciare la sua missione. Una missione che non prevede la straordinarietà del successo umano e riconosciuto, ma che richiede la capacità di dono e di verità.
È molto interessante la sottolineatura che "passando in mezzo a loro, si mise in cammino". Gesù non scappa o sfugge ai suoi attentatori, ma si "mette in cammino". È l'atteggiamento di chi non si ferma, di chi vuole incontrare nuove realtà, di chi protende verso il domani. Oggi si è adempiuta la Scrittura e questo permette di camminare e andare verso il domani. Gesù non sta fermo, ingenuamente felice dell'evento, ma si muove verso altri lidi umani. La sua scelta di mettersi in cammino non è operata in segreto, ma la compie a partire da quelli che lo vogliono lapidare; infatti, passa in mezzo a loro, continua il suo cammino davanti ai loro occhi. Ad essi, a cui è stata rivolta la parola di salvezza, Gesù offre un nuova opportunità di rimettersi in cammino con Lui.
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