P. Ermanno Rossi O.P.II Domenica dopo NATALE

II Domenica dopo NATALE
(Gv 1,1-18)
Siamo quasi al termine del periodo natalizio. Ed oggi la liturgia ci presenta questo meraviglioso testo del Vangelo di Giovanni, il Prologo, che è come una sinfonia che precede un'opera lirica e racchiude i motivi fondamentali che saranno poi sviluppati in tutta l'opera.
È la più alta contemplazione sul Cristo, considerato nell'eterna generazione nel seno del Padre, unito a Lui in un profondissimo rapporto d'amore.
Giovanni inizia il suo Vangelo partendo da Dio, dall'eternità: “In principio”. E chi presenta? Il Verbo.
“Verbo” è un vocabolo greco che significa “Parola”.
In principio c'era la Parola. E la Parola era presso Dio e la Parola era Dio.

Il tema della Parola e della Sapienza è presente in tutto il VT.
Il libro della Sapienza ha una pagina
emozionante che sembra la descrizione della nascita di Gesù nella notte di Natale:
«Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso, il tuo Verbo onnipotente, o Signore, è sceso dal cielo, dal tuo trono regale” (18, 14-15).
Ma la rivelazione del VT non riguarda la Seconda Persona della SS. Trinità. La Sapienza, di cui parla l'AT, è anch'essa una creatura di Dio, un dono fatto al suo popolo per rivelargli i segreti della volontà di Dio.
«Nel NT toccava a Giovanni rivelare pienamente - grazie al fatto della rivelazione - la natura personale di questa Parola (sapienza) sussistente ed eterna»[1].
È solo nel NT che si rivela Dio-Trinità. Che esista una pluralità di Persone in Dio è fin dalle prime battute di quest’inno a Cristo, Verbo incarnato.
“In principio era il Verbo / e il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio”.
Quando Giovanni nomina la parola Dio, e la fa precedere dall'articolo, indica il Padre. La frase, dunque, significa: “e il Verbo era presso Dio-Padre”.
Il termine greco “presso”, può essere tradotto anche: “rivolto”. Abbiamo così: “e il Verbo era rivolto verso il Padre”.
C'è, dunque, un profondo rapporto tra il Verbo e il Padre.
“E il Verbo era Dio”.
«Il Verbo, pur essendo distinto dal Padre - è, infatti, presso Dio Padre, a Lui rivolto - non è un'altra divinità, ma è Dio egli stesso, come ci conferma anche la testimonianza di Tommaso Apostolo dopo la risurrezione di Gesù: “Signore mio e Dio mio” (20, 28)»[2].
“Egli era in principio presso Dio; tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.
Tutta la creazione è opera sua.
“In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”.
«Il Verbo contiene la vita, tutta la vita. In Lui, il mondo e la storia umana trovano la loro ragione d'essere e la strada da seguire nel cammino verso la vita».
“La luce splende nelle tenebre / ma le tenebre non l'hanno accolta”.
Qui scoppia il dramma: è la ribellione della creatura, prima degli angeli perversi, poi dell'uomo. Ed ecco il fatto incredibile:
“A quanti, però, l'hanno accolto / ha dato il potere di diventare figli di Dio: / a quelli che credono nel suo nome, / i quali non da sangue, / né da volere di carne, né da volere d’uomo, / ma da Dio sono stati generati”.
Ci ha fatto figli di Dio, simili a Lui, perché il figlio è simile al Padre; generati non da creature umane, ma da Dio.
“E il Verbo si fece carne / e venne ad abitare in mezzo a noi”
Ecco l’intuizione geniale di Giovanni: questo Verbo è Gesù Cristo. L'onnipotente si annienta per amore. Diventa un oscuro bambino, figlio di una giovinetta sconosciuta, di un ignoto paese della Palestina, nato in una grotta perché non c'era posto, per lui, neppure nel più povero albergo di Betlem. Molti lo hanno ignorato, ostacolato, perseguitato. Ma c'è stato chi lo ha accolto: è un piccolo resto, sono i suoi prediletti, coloro che egli chiamava amici, ai quali ha rivelato tutto ciò che aveva udito dal Padre.
A questo punto, nel testo, irrompe la testimonianza di Giovanni, del discepolo che Gesù amava: “e noi vedemmo la sua gloria, / gloria come di unigenito del Padre, / pieno di grazia e di verità”.
In questo discepolo, ormai anziano, si sente ancora tutta la meraviglia e la commozione dell'incontro col Cristo, l'unigenito del Padre: “pieno di grazia e di verità”.
Ebbene, tutto ciò che egli ha appreso da lui, ora egli lo comunica.
Siamo uno con lui, col Cristo, col Padre.

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