P. Ermanno Rossi O.P.“Oggi questa Scrittura che avete sentito è stata compiuta”.

IV Domenica Ordinaria – Anno C
(Lc 4, 21-30)
“Oggi questa Scrittura che avete sentito è stata compiuta”.
Con queste parole, Gesù non dà la spiegazione esegetica del testo d’Isaia, ma attira l’attenzione
sull’evento che lo compie: la sua venuta, appunto. Il consacrato e l’inviato dallo Spirito è Lui. Allora “gli occhi di tutti - nota Luca - erano fissi attoniti su di lui”.
L’oggi – di cui parla Gesù - non è soltanto una nota cronologica riguardante la sua persona; si prolunga nel tempo della Chiesa. Il tempo messianico è in svolgimento, e il nostro tempo è l’oggi di Dio.
Gesù dichiara d’essere l’inviato per svolgere due compiti: evangelizzare i poveri e predicare l’anno giubilare del Signore.
I poveri erano gli esclusi dall’assemblea: per Gesù essi sono, invece, l’oggetto dell’attenzione di Dio.
L’anno di grazia, poi, allude all’anno giubilare di cui parla il libro del Levitico, in cui è scritto: “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete nel paese la libertà per ogni suo abitante. Ognuno tornerà nei suoi possessi, ognuno tornerà nella sua famiglia”.
Secondo Luca l’anno del giubileo coincide con l’oggi di Gesù e si qualifica per la liberazione dei prigionieri e per la predicazione di un Dio che ha il volto della misericordia. Il giubileo è un oggi, non un anno che di tanto in tanto si proclama. Dalla venuta di Gesù in poi tutto il tempo è un tempo di grazia. Il giubileo è una dimensione perenne della storia.
Presto, però, la meraviglia iniziale (“tutti gli rendevano testimonianza”) si cambia in rifiuto: “Tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno”.
La ragione del rifiuto non sta nella sua umile origine; Gesù delude il suo paese perché compie i miracoli altrove. Ma Gesù è universale: la sua patria è il mondo. Del resto, questa linea era già prefigurata nei profeti: c’erano molte vedove in Israele al tempo d’Elia; eppure il profeta fece il miracolo per una vedova straniera.
“Lo condussero sul ciglio del monte per buttarlo giù”.
Storicamente, l’opposizione alle parole e alle azioni di Gesù è cresciuta a poco a poco; ma Luca vuole che il lettore la incontri subito, fin dalle prime pagine, e vi rifletta. Per questo mette l’episodio all’inizio del suo racconto. In tal modo, il punto più delicato dell’intera storia di Gesù - il fatto, cioè, che abbia incontrato l’opposizione del suo popolo e sia strato crocifisso - non è differito, ma affrontato immediatamente. Da una parte, il Messia che annuncia l’oggi di Dio e offre la sua liberazione ai poveri e ai peccatori; dall’altra gli uomini che ne provano irritazione: ecco il contrasto già chiaro nell’episodio di Nazareth e di cui l’intero vangelo vuol essere un’ampia illustrazione.
Ciò che per i concittadini fu una pietra di scandalo, è per noi un canto di gioia: la salvezza è offerta ad ogni uomo di buona volontà, ad ogni essere umano che si apre ad accogliere la misericordia del Padre che è nei cieli. Ma per essere così disponibili è necessaria la povertà dello spirito. Chi è già sazio, non ha in sé spazio per la grazia e la misericordia.

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