padre Antonio Rungi" L'inno alla carità e alla misericordia"

 L'inno alla carità e alla misericordia
padre Antonio Rungi
IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/01/2016)
Vangelo: Lc 4,21-30
Questa quarta domenica del tempo ordinario ci offre testi della parola di Dio, molto impegnativi da
un punto di vista morale, soprattutto la seconda lettura, tratta dalla prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, nella quale è presentato il celebre inno alla carità, che ben a ragione, in un contesto giubilare come quello che stiamo vivendo, possiamo definire l'inno alla misericordia. Approfondendo il testo, si comprende perfettamente quanto siamo lontani da questo stile di vita che dovrebbe essere tipico di ogni buon cristiano e di ogni uomo di buona volontà. Invece, molto spesso ci troviamo a parlare e ad inneggiare all'amore e alla carità, ma poi, nella vita quotidiana, non la viviamo affatto, non sappiamo immergerci nell'esperienza vera della tolleranza, del perdono e della misericordia. L'Apostolo Paolo ci fa comprendere l'importanza di questo tema centrale per un autentico cammino di conversione che chiunque vuole farlo, non può prescindere dal porsi con senso di responsabilità davanti al grande mistero del dono e del perdono.
Possiamo avere di tutto e di più nella vita, ma se non abbiamo amore, se non viviamo la carità, siamo campane stonate, che danno semplicemente fastidio al solo primo rintocco del loro dire. Quante prediche, in tutti gli ambienti, in ordine alla carità e all'amore, e poi nessuno, o poche persone, sanno vivere l'amore nel vero senso della parola, secondo un modello che Paolo Apostolo ci propone in questa sinfonia del cuore, che batte per un solo scopo: dono e perdono. "La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta". Saper vivere in questa logica dell'amore e del perdono è sicuramente l'esperienza mistica più bella ed esaltante di ogni credente. Non un amore distorto e deviato, non un amore egoistico, fine a se stesso e interessato al proprio successo e alla propria carriera, ma un amore sincero, capace di entrare nelle maglie più intime e profonde della nostra personalità, spesso contorta e senza apertura alla relazione. Non bisogna aver paura di amare e di annunciare l'amore, di proclamarlo e gridarlo al mondo intero, di cantarlo con la stessa passione dello spirito con cui lo canta anche il profeta Geremia, nel brano della prima lettura della liturgia della parola di questa domenica di fine gennaio 2016. «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni. Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Annunciare l'amore come via di salvezza e liberazione dell'uomo, schiavo di tante cose che lo rendono pauroso e dubbioso su molte questione, anche apparentemente banali ed insignificanti. Si ha paura di amare, di essere amati e soprattutto si ha terrore di annunciare l'amore ogni giorno, con la gioia nel cuore di chi incontra il Signore e trova forza e coraggio per combattere e vincere la noia del quotidiano. Il coraggio vero ce l'ho dimostrato Gesù, che, durante la sua vita e nella sua attività pubblica, ha parlato dell'amore, ma ha vissuto nell'amore, perché è stato e continua ad essere dalla parte degli umili e degli ultimi. Non c'è vangelo dell'amore e della carità, se non passa attraverso la testimonianza di un profondo convincimento interiore che solo amando, si sogna e si spera, ma anche ci si impegna concretamente a dare un volto nuovo alla nostra storia. Gesù ci provò a farlo, partendo proprio dalla Sinagoga del suo Nazaret, ma ebbe forti resistenze, al punto tale che Egli stesso cita un antico proverbio (medico, cura te stesso) per dire che un profeta è rifiutato proprio tra i suoi e nella sua patria. Come è vera questa affermazione di principio, lo dimostra il fatto che i cristiani sono considerati, dal coloro che non credono, a partire dai familiari più stretti, alla capacità di ogni persona umana di riabilitarsi mediante il dono, il perdono e s l'amore. Di fronte alle parole di contestazione da parte di Gesù nei confronti dei falsi giusti di Israele, egli usa parole dure, che fanno scuola da sole: "All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino". Se una comunità non sa entrare in un vero dialogo d'amore, bisogna andare oltre, passare in altre zone, dove più sentita è l'accoglienza della parola di Dio. Se una persona non sa condividere vere esperienze di carità, fraternità, misericordia, si fa necessaria passare oltre, come fece Gesù con i suoi compaesani, per nulla aperti all'accoglienza.
Sia questa la nostra umile preghiera che rivolgiamo a Dio in questo giorno di festa: "Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l'anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo". Amen.

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