don Alberto Brignoli"Amore e servizio, e satana è battuto.
Amore e servizio, e satana è battuto.
don Alberto Brignoli
I Domenica di Quaresima (Anno C) (14/02/2016)
Vangelo: Lc 4,1-13
Come sarebbe bello, se le tentazioni di Gesù - e le nostre! - durassero l'arco di una domenica di
Quaresima, o al massimo i quaranta giorni nei quali, stando ai Vangeli, Gesù fu inviato dallo Spirito nel deserto! Invece, poiché nella Bibbia i numeri hanno sempre una valenza più simbolica che aritmetica, quei "quaranta giorni" dicono ben altro. A partire dalla tradizione dell'Esodo, che ha visto un'intera generazione camminare e morire nel deserto per cercare di raggiungere la terra promessa, il numero quaranta (che si tratti di giorni, mesi o anni, nella simbologia non ha importanza) è stato fatto coincidere con la speranza di vita media di una persona, e quindi con una generazione: da allora in poi, dire "quaranta" nella Bibbia significa dire l'intera durata della vita di una persona. Ci consoli sapere, dunque, che le tentazioni, nella vita, non sono legate a una situazione, a una causa, a un momento, e meno ancora alla moralità del singolo: sono parte dell'intera nostra esistenza, del nostro quotidiano vivere, della nostra umanità nuda e cruda, e proprio per questo, essere tentati non significa essere malvagi, e il fatto che il Figlio di Dio sia stato tentato per tutta la sua vita terrena ne è la prova e - come dicevo - la nostra consolazione.
Siamo, in fondo, tutti quanti nella stessa situazione: tentati lo saremo tutta la vita, non solo all'inizio della Quaresima. L'importante è avere piena coscienza di quale sia l'oggetto della nostra tentazione, ovvero cos'è ciò su cui siamo tentati. Le tentazioni possono riguardare molti aspetti della nostra vita, e quelli che percepiamo maggiormente sono quelli legati ai sensi e ai vizi: dalla vista alla gola, dal tatto all'udito, oltre a tutto ciò che tocca la sfera dell'amore e degli affetti, sono gli elementi che più avvertiamo come "tentati" e quindi come soggetti a essere indotti all'errore. Si tratta solamente di una percezione, perché le tentazioni più forti sono quelle che riguardano il nostro rapporto con Dio, rispetto al quale spesso assumiamo un atteggiamento di potere invece che di servizio. Ci sentiamo talmente potenti e superiori a tutti da sentirci uguali a lui: che in fondo, altro non è se non il peccato delle origini, quello che ci portiamo dietro dalla Creazione del mondo.
E, allora come oggi e come nel deserto di Giuda, il protagonista è sempre lui: l'avversario di Dio, il subdolo, l'intrigante avversario, che addirittura nei confronti del Figlio di Dio ha la sfrontatezza di presentarsi come suo fidato collaboratore, suo consigliere di fiducia capace di spiegargli addirittura come avrebbe dovuto fare per fare il Messia... E la questione fondamentale è solo una: il potere, con tutto ciò che ne consegue. Satana vuole che passiamo dalla logica del servizio alla logica del potere. Satana vuole non che "serviamo" Dio, ma che "ci serviamo" di Dio. Satana sa bene che ce n'è uno solo che può tutto, che c'è un solo onnipotente: ma siccome sa altrettanto bene che l'Onnipotente ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, allora gioca con la creatura a presentargli i suoi prodotti migliori per ottenere la medesima onnipotenza.
A partire dall'uso delle proprie capacità per trarne vantaggio e profitto personale, come avviene nella prima tentazione, quella in cui ci insinua che anche le pietre possono diventare pane, se ci lasciamo prendere dalla brama di usare tutto sempre e solo per noi. Tutto può essere trasformato dal nostro egoismo in qualcosa di cui possiamo usufruire e sfruttare fino in fondo, fino a sbranarlo, fino a divorare tutto e tutti come si divora un panino quando si è affamati. Ma "non si vive di solo pane", per fortuna: grazie a Dio, ci sono valori che valgono molto, molto di più, e con i quali è impossibile divorare gli altri. Pensiamo alla solidarietà, alla condivisione, all'accoglienza... tutte armi di cui satana non dispone, e contro le quali può davvero poco.
Ma non pensiamo che sia finita, perché l'avversario ne sa proprio una più del demonio... e collega la prima tentazione alla terza partendo dall'affermazione fondamentale, che egli stesso condivide: "Se tu sei il Figlio di Dio", che non è affatto un'ipotesi, ma suona come una dichiarazione, ovvero "Dal momento che lo sei". Non hai ceduto sul profitto e sul vantaggio personale? Bene, allora cederai su ciò che è alla base della tua fede: la fiducia in Dio, al quale piace - secondo l'avversario - farsi vedere in cose spettacolari. Miracoli, guarigioni, manifestazioni clamorose, fenomeni soprannaturali: dai, buttati su queste cose! Buttati giù anche dal tempio, tant'è, Dio verrà a prenderti in braccio, ti salverà alla vista di tutti, lo dice anche la Bibbia (e satana, terribile, la cita perché la conosce bene...). No, col Messia non attacca: Dio non lo si tenta, lo si ama così com'è, anche quando amarlo costa e non ci sono miracoli. Punto.
Finita qui? No, ci siamo dimenticati la seconda tentazione, quella messa al centro forse perché la più importante, alla quale è proprio difficile resistere. Tant'è vero che è diversa dalle altre, al punto che satana non la mette sotto l'ottica del "Poiché sei Figlio di Dio". La sua affermazione è drammatica: dopo aver condotto Gesù nelle altezze (a fianco di Dio Padre, pensate a che punto...) "gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio". Il potere, la ricchezza, la gloria sono di satana perché gli sono stati dati (e da chi?), e lui ne fa ciò che vuole: è un'affermazione biblica, è una verità, è scontato e assodato che dove c'è potere, soldi e gloria, lì c'è satana. Ma non c'è Dio, perché potere, ricchezza e gloria sono incompatibili con il Dio di Gesù Cristo.
Potere, ricchezza e gloria fanno parte dei regni di questo mondo: e lì, satana faccia pure ciò che vuole. Ma il Regno di Dio è altro: non si basa sul potere, ma sul servizio, non sul dominio, ma sull'amore. La partita con satana è chiusa. Ma non pensiamo che si fermi lì, perché - ce lo dice il Vangelo - "si allontanò da lui fino al momento fissato". E in Luca, questo momento è al capitolo 10, quando un dottore della legge dà una mano a satana e si avvicina a Gesù "per tentarlo" (l'unica volta in cui si tornerà ad usare questo verbo, in Luca). Vorrà sapere da lui "come si eredita la vita eterna", cioè come avere il possesso sull'eternità.
La risposta sarà la parabola del Buon Samaritano: amore e servizio allo stato puro. Le tentazioni nella vita si vincono così.
don Alberto Brignoli
I Domenica di Quaresima (Anno C) (14/02/2016)
Vangelo: Lc 4,1-13
Come sarebbe bello, se le tentazioni di Gesù - e le nostre! - durassero l'arco di una domenica di
Quaresima, o al massimo i quaranta giorni nei quali, stando ai Vangeli, Gesù fu inviato dallo Spirito nel deserto! Invece, poiché nella Bibbia i numeri hanno sempre una valenza più simbolica che aritmetica, quei "quaranta giorni" dicono ben altro. A partire dalla tradizione dell'Esodo, che ha visto un'intera generazione camminare e morire nel deserto per cercare di raggiungere la terra promessa, il numero quaranta (che si tratti di giorni, mesi o anni, nella simbologia non ha importanza) è stato fatto coincidere con la speranza di vita media di una persona, e quindi con una generazione: da allora in poi, dire "quaranta" nella Bibbia significa dire l'intera durata della vita di una persona. Ci consoli sapere, dunque, che le tentazioni, nella vita, non sono legate a una situazione, a una causa, a un momento, e meno ancora alla moralità del singolo: sono parte dell'intera nostra esistenza, del nostro quotidiano vivere, della nostra umanità nuda e cruda, e proprio per questo, essere tentati non significa essere malvagi, e il fatto che il Figlio di Dio sia stato tentato per tutta la sua vita terrena ne è la prova e - come dicevo - la nostra consolazione.
Siamo, in fondo, tutti quanti nella stessa situazione: tentati lo saremo tutta la vita, non solo all'inizio della Quaresima. L'importante è avere piena coscienza di quale sia l'oggetto della nostra tentazione, ovvero cos'è ciò su cui siamo tentati. Le tentazioni possono riguardare molti aspetti della nostra vita, e quelli che percepiamo maggiormente sono quelli legati ai sensi e ai vizi: dalla vista alla gola, dal tatto all'udito, oltre a tutto ciò che tocca la sfera dell'amore e degli affetti, sono gli elementi che più avvertiamo come "tentati" e quindi come soggetti a essere indotti all'errore. Si tratta solamente di una percezione, perché le tentazioni più forti sono quelle che riguardano il nostro rapporto con Dio, rispetto al quale spesso assumiamo un atteggiamento di potere invece che di servizio. Ci sentiamo talmente potenti e superiori a tutti da sentirci uguali a lui: che in fondo, altro non è se non il peccato delle origini, quello che ci portiamo dietro dalla Creazione del mondo.
E, allora come oggi e come nel deserto di Giuda, il protagonista è sempre lui: l'avversario di Dio, il subdolo, l'intrigante avversario, che addirittura nei confronti del Figlio di Dio ha la sfrontatezza di presentarsi come suo fidato collaboratore, suo consigliere di fiducia capace di spiegargli addirittura come avrebbe dovuto fare per fare il Messia... E la questione fondamentale è solo una: il potere, con tutto ciò che ne consegue. Satana vuole che passiamo dalla logica del servizio alla logica del potere. Satana vuole non che "serviamo" Dio, ma che "ci serviamo" di Dio. Satana sa bene che ce n'è uno solo che può tutto, che c'è un solo onnipotente: ma siccome sa altrettanto bene che l'Onnipotente ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, allora gioca con la creatura a presentargli i suoi prodotti migliori per ottenere la medesima onnipotenza.
A partire dall'uso delle proprie capacità per trarne vantaggio e profitto personale, come avviene nella prima tentazione, quella in cui ci insinua che anche le pietre possono diventare pane, se ci lasciamo prendere dalla brama di usare tutto sempre e solo per noi. Tutto può essere trasformato dal nostro egoismo in qualcosa di cui possiamo usufruire e sfruttare fino in fondo, fino a sbranarlo, fino a divorare tutto e tutti come si divora un panino quando si è affamati. Ma "non si vive di solo pane", per fortuna: grazie a Dio, ci sono valori che valgono molto, molto di più, e con i quali è impossibile divorare gli altri. Pensiamo alla solidarietà, alla condivisione, all'accoglienza... tutte armi di cui satana non dispone, e contro le quali può davvero poco.
Ma non pensiamo che sia finita, perché l'avversario ne sa proprio una più del demonio... e collega la prima tentazione alla terza partendo dall'affermazione fondamentale, che egli stesso condivide: "Se tu sei il Figlio di Dio", che non è affatto un'ipotesi, ma suona come una dichiarazione, ovvero "Dal momento che lo sei". Non hai ceduto sul profitto e sul vantaggio personale? Bene, allora cederai su ciò che è alla base della tua fede: la fiducia in Dio, al quale piace - secondo l'avversario - farsi vedere in cose spettacolari. Miracoli, guarigioni, manifestazioni clamorose, fenomeni soprannaturali: dai, buttati su queste cose! Buttati giù anche dal tempio, tant'è, Dio verrà a prenderti in braccio, ti salverà alla vista di tutti, lo dice anche la Bibbia (e satana, terribile, la cita perché la conosce bene...). No, col Messia non attacca: Dio non lo si tenta, lo si ama così com'è, anche quando amarlo costa e non ci sono miracoli. Punto.
Finita qui? No, ci siamo dimenticati la seconda tentazione, quella messa al centro forse perché la più importante, alla quale è proprio difficile resistere. Tant'è vero che è diversa dalle altre, al punto che satana non la mette sotto l'ottica del "Poiché sei Figlio di Dio". La sua affermazione è drammatica: dopo aver condotto Gesù nelle altezze (a fianco di Dio Padre, pensate a che punto...) "gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio". Il potere, la ricchezza, la gloria sono di satana perché gli sono stati dati (e da chi?), e lui ne fa ciò che vuole: è un'affermazione biblica, è una verità, è scontato e assodato che dove c'è potere, soldi e gloria, lì c'è satana. Ma non c'è Dio, perché potere, ricchezza e gloria sono incompatibili con il Dio di Gesù Cristo.
Potere, ricchezza e gloria fanno parte dei regni di questo mondo: e lì, satana faccia pure ciò che vuole. Ma il Regno di Dio è altro: non si basa sul potere, ma sul servizio, non sul dominio, ma sull'amore. La partita con satana è chiusa. Ma non pensiamo che si fermi lì, perché - ce lo dice il Vangelo - "si allontanò da lui fino al momento fissato". E in Luca, questo momento è al capitolo 10, quando un dottore della legge dà una mano a satana e si avvicina a Gesù "per tentarlo" (l'unica volta in cui si tornerà ad usare questo verbo, in Luca). Vorrà sapere da lui "come si eredita la vita eterna", cioè come avere il possesso sull'eternità.
La risposta sarà la parabola del Buon Samaritano: amore e servizio allo stato puro. Le tentazioni nella vita si vincono così.
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