Don Marco PANERO sdb"Nutriti di misericordia"

28 febbraio 2016 |  3a Domenica di Quaresima - Anno C  |  Omelia
Nutriti di misericordia
Vangelo: Lc 13,1-9 
1. Inauguriamo quest’oggi il bel trittico dei vangeli quaresimali, secondo la narrazione di Luca. Nella
tavola centrale brilla l’icona del Padre misericordioso, su cui ci intratterremo domenica prossima, che risulta come incastonata tra due pannelli laterali, rispettivamente la parabola dell’albero di fichi, appena proclamata, e la scena memorabile dell’adultera perdonata da Gesù, che ci verrà presentata tra due settimane. Ecco dunque dispiegato il consolante trittico della misericordia che la liturgia ci offre.

Vale la pena entrarvi dentro, percorrere nelle sue molteplici direzioni quello spazio di misericordia che è il cuore di Dio. Teniamolo sempre ben presente: accogliendo con fede la Parola, non veniamo soltanto a ‘sapere delle cose su Dio’, quasi andassimo a collezionare informazioni su di Lui, al pari di qualunque altro possibile tema di indagine. Conoscere Dio equivale ad entrare in relazione con Lui, perché non conosce realmente il Signore, se non chi si lascia raggiungere da Lui, chi accetta di dargli il credito di un sì, così che Dio possa farsi largo in noi e rivelarci così il Suo volto.

2. Dico questo perché, mentre andiamo ad esplorare il campo della misericordia divina, occorre essere pronti ad approfittarne, a renderci conto che questo tesoro di misericordia è dispiegato lì apposta per noi, e non attende altro che il timido sussulto del nostro cuore.

Un primo indizio della misericordia di Dio all’opera ce lo offre il celebre episodio del roveto ardente. Qui si vede benissimo come sia Dio colui che prende l’iniziativa e, in modo sorprendente, si rende prossimo del popolo di Israele, schiavo in Egitto. Dio è sensibile alla miseria dei suoi figli, questo significa essere misericordioso: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto … conosco le sue sofferenze» (Es 3,7).

Questo primo dato è consolante. In verità, fino ad allora non si dice che gli Israeliti abbiano invocato l’intervento di Dio, o sollecitato una sua presa di posizione: Egli interviene di propria iniziativa, mosso solo dalla compassione per quel popolo che resta sempre Suo, sebbene forse, sotto il peso dell’oppressione, abbia finito quasi per dimenticarsi di Dio. No, invece Dio non si è dimenticato del suo popolo, continua a prendersene cura, ben oltre le sue aspettative: «Si dimentica forse una donna del suo bambino? … Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15).

3. Questo primo, consolante indizio della misericordia divina, viene ripreso ed amplificato dal Vangelo, soprattutto nella parabola del fico infruttuoso. Anche qui c’è una dimenticanza, e grave assai: l’albero di fichi si è ‘dimenticato’ di fare ciò per cui è stato piantato, ossia di produrre frutti. Con ciò, rischia seriamente di perdere il diritto alla sua stessa sussistenza: «Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?». Le esigenze della giustizia sono nette, inoppugnabili.

Ma ecco che interviene un’altra voce, quella del vignaiolo: «Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai». Ecco, questa è la voce della misericordia, una voce che arriva sempre dopo la determinazione della giustizia perché va oltre questa, sebbene fosse all’opera già prima di questa. Così, la misericordia oltrepassa la giustizia e la apre in direzioni inedite, la compie eccedendola, ma senza mai snaturarla.

La parabola termina senza che sia stata pronunciata la risposta da parte del padrone, ma è facile immaginare che, di fronte alla pietosa richiesta del vignaiolo – il quale, notate bene, si fa lui stesso carico della costosità che l’esercizio della misericordia comporta – il padrone abbia volentieri accondisceso, perché, in fondo, quel vignaiolo proponeva proprio quel che il padrone voleva sentirsi dire: aver assicurata la sopravvivenza di una pianta di fichi, che risultasse però feconda.

4. Saremmo tentati di attribuire le figure della parabola ora al Padre, ora al Figlio, ma così rischieremmo di muoverci su una falsa pista. Piuttosto, il Vangelo lascia intuire che il dramma della giustizia adempiuta nella misericordia avviene interamente in Dio, nel quale non vi sono, per così dire, due volontà contrapposte che rivaleggiano, l’una inflessibile e l’altra accondiscendente.

Il Signore è al tempo stesso nostro amabile padrone e nostro vignaiolo premuroso. È colui che ci ha piantati nel giardino della Chiesa, colui al quale apparteniamo e che legittimamente attende da noi frutti; ed è pure colui che si prende cura di noi, che non si stanca di predisporre attorno a noi un terreno buono, appropriato, e lo feconda con l’abbondanza della Sua Parola e l’efficacia dei suoi sacramenti.

5. Ora, tutta quest’abbondanza di misericordia che Dio usa nei nostri confronti chiama in causa la nostra responsabilità. Più ancora, ci mette di fronte all’estrema serietà della vita cristiana, che non è affatto una piacevole commedia dall’esito scontato, ma una continua interpellanza rivolta alla nostra libertà. Si tratta davvero del caso serio della fede, perché ad ogni istante, in ogni libera scelta, anche apparentemente minima, è in gioco ultimamente il nostro posizionamento di fronte a Dio. Decidendo del nostro agire, noi stiamo in verità decidendo di Dio, stiamo scegliendo se orientarci verso di Lui, oppure contro di Lui.

Ecco perché san Paolo mette in guardia i Corinzi con quell’ammonimento sempre salutare: «Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere» (1Cor 10,12). Paolo non intende di certo suscitare inutili ansie spirituali, ma avvertire i suoi lettori che la risposta fedele alla misericordia che Dio usa con noi non è mai scontata, né assicurata una volta per tutte: richiede piuttosto costanza e perseveranza.

In verità, non abbiamo nulla da temere. Il Signore non ci farà mancare, momento per momento, la sua grazia, la sua azione salvifica che ci raggiunge e ci sostiene nel quotidiano operare. Così, sorretti ad ogni istante dalla misericordia del Signore, potremo corrispondere con quei frutti, anche minimi, che il Signore si attende da noi.

Don Marco PANERO sdb

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