don Marco Pedron" Questo è quello che hai dentro

 Questo è quello che hai dentro
don Marco Pedron
I Domenica di Quaresima (Anno C) 
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Inizia il tempo della quaresima, che è il tempo che ci conduce alla Pasqua: fra 40 giorni celebreremo
la domenica delle Palme e l'inizio della Settimana Santa. Quando sentiamo la parola "quaresima" (che vuol dire appunto quaranta giorni) pensiamo ai 40 giorni prima della Pasqua. Ma la quaresima più che un tempo fissato è una dimensione della vita.
Per gli antichi un uomo era veramente morto quaranta giorni dopo il decesso. Per la Bibbia quaranta indica un tempo di passaggio. Saul, Davide (2 Sam 5,4) e Salomone (1 Re 42) regnarono 40 anni. Il diluvio durò 40 giorni; Giona predica un tempo di 40 giorni prima della distruzione di Ninive. Mosé è chiamato a 40 anni d'età (pure Buddha e Maometto sono chiamati a 40 anni) e rimane 40 giorni nel Sinai. Gesù predica 40 mesi e appare ai suoi discepoli nei 40 giorni che precedono l'ascensione. È tentato per 40 giorni e rimane 40 ore nella morte. Gli ebrei stettero 40 anni nel deserto.
40 è il tempo necessario perché avvenga una trasformazione, un passaggio, perché si compia qualcosa. La quaresima, allora, non sono tanto i 40 giorni prima della Pasqua, ma quaresima è ogni tempo dove tu cammini, cresci, fatichi, lavori, piangi, sudi, t'arrabbi, imprechi (a volte), fino ad arrivare ad nuova meta.
Se tu compi la tua quaresima, il tuo passaggio, arriva la Pasqua. Ogni Pasqua, ogni conquista, ogni traguardo, ogni realtà bella, felice, armoniosa e profonda, è preceduta dalla sua quaresima.
Una donna "fa la forte"; lei non ha bisogno di nessuno, lei pensa a se stessa, lei ha la sua autonomia. Se gli altri vengono bene, altrimenti lei se ne sta bene anche da sola. Sembrerebbe una cosa buona (e lo è!), ma l'altro aspetto è che si nasconde, che non riesce a legittimarsi la sua vulnerabilità, la sua parte "tenera". Quaresima per lei è accettare di essere anche debole; che non è vero che lei basta a se stessa; che non è vero che lei non ha bisogno di nessuno; che non è vero che lei è sempre forte per cui non si abbatte mai o non ci sta mai male. Non sappiamo quanto le vorrà ma per lei questa è quaresima. Se andrà fino in fondo arriverà la Pasqua.
Una coppia "non funziona più", è s-coppiata! Lui era sempre stato l'uomo di casa, forte, che lavorava, che dirigeva la famiglia e che faceva le scelte. Lei era sempre a traino: "Chiedi a papà se puoi fare questa cosa", diceva sempre ai figli. Magari non era buono questo modo, ma avevano trovato un loro equilibrio e ognuno aveva i suoi vantaggi in questo. Tuttavia ora la situazione è mutata perché, giustamente, lei vuol sentirsi più autonoma, vuole prendere parte alle decisioni e non le va più bene assecondare sempre e in tutto lui. Lei dice: "Ma lui è veramente un despota; si fa sempre quello che vuole lui!": e tu finora dov'eri? Lui: "Non è più quella di una volta! Io sono sempre quello!": capisco che ti andava bene, facevi sempre quello che volevi! Quaresima per loro è compiere questo passaggio per ritrovare un equilibrio nuovo e diverso. Pasqua sarà per lui sentire che può contare su di lei e non sempre "tirare il carro lui"; per lei sarà sentirsi indipendente, percepire il proprio valore e constatare che anche lei può dare. Non sappiamo quanto ci vorrà (quaranta giorni non basteranno di certo!): ci vorrà il tempo che ci vorrà. Nel frattempo ci saranno litigi, difficoltà, passaggi, prove, conflitti: ma se andranno fino in fondo poi sarà Pasqua.
Una donna soffre di attacchi di panico. Non può andare in ascensore; non può stare dove c'è troppa gente; non può rimanere in ambienti chiusi. Aveva sempre avuto un sentore di questo, ma adesso è esploso tutto. Quaresima, per lei, è accettare questa difficoltà e coglierla come un segnale che la vita le dà per crescere. Nel tempo, infatti, ha scoperto che si è sposata per non rimanere da sola e che ha avuto un figlio per sentirsi qualcuno. Deve lavorare sulla propria personalità e sul ritrovare il proprio reale valore. Quanto ci vorrà non lo sappiamo (ci vorrà un po'!) ma questo tempo per lei è quaresima. Quando arriverà Pasqua potrà percepire che lei, come persona, vale; potrà stimarsi per quello che lei è e non le sarà più necessario essere madre solo per sentirsi qualcuno. Potrà finalmente stare bene con se stessa.
Un uomo è andato in crisi religiosa. Non si ritrova più nel Dio che ha conosciuto così come gli hanno insegnato. Si sente tradito e smarrito. Quaresima, per lui, è accettare questa perdita e camminare per ritrovare "il nuovo Dio", per trovare il Dio di Gesù, per trovare il Dio che parla al suo cuore. Pasqua sarà quando lo potrà sentire vivo e forte dentro di sé. Fino ad allora sarà un cammino di quaresima.
Una ragazza soffre di anoressia. Quaresima è avere il coraggio di parlarne, di non raccontarsi più bugie sulla questione, di chiamare le cose con il loro nome e di farsi aiutare. Quaresima è accettare che può vivere e che può guarire, ma che può anche morire. Quaresima è accettare che dentro ha una rabbia enorme e un odio feroce, ma che lo nasconde a sé e agli occhi degli altri. Quaresima è accettare che ha un problema, anche se tutti la considerano "perfetta" (ma cosa vedono chi le è attorno?). Non ci vorranno quaranta giorni e neanche due mesi. Questo per lei è il tempo della Quaresima. Pasqua sarà tornare a mangiare, a vivere, ad avere le mestruazioni, ad essere donna.
È importante per me capire che la quaresima è un tempo della vita (e ce ne sono molti di questi tempi!). La gente dice: "Speriamo che i problemi non arrivino". Sì giusto, non cerchiamoceli e non creiamoceli dove proprio non è il caso. Ma verranno comunque ed è un bene che venga il tempo della difficoltà, della prova, della quaresima. Non devo rifiutarlo solo perché è faticoso; lo accolgo come tempo propizio per maturare, per passare.
Pasqua, in ebraico, non vuol dire altro che questo: "Passaggio". Quando il passaggio è avvenuto, allora è Pasqua.
Chi non vive la quaresima non vivrà la Pasqua. Chi non compie il proprio esodo non può arrivare alla Terra Promessa. Chi non passa il pericolo del Mar Rosso non può incamminarsi verso la libertà.
Il vangelo di oggi, parlando delle tentazioni di Gesù, è il modello di ogni tentazione. Gesù ha appena ricevuto il battesimo (3,21-22), e sente tutta la forza di Dio ("Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto"). Proprio quando si sente così forte, proprio quando è "pieno di Spirito Santo" (4,1) arriva la tentazione. Anzi è lo stesso Spirito (4,1) che lo conduce nel deserto. Se Dio ti ama ti conduce nel luogo della tentazione.
Il serpente che ha sedotto Adamo è שחנ nahas; ma da questa parola viene anche la parola "condurre", nahoh. Per noi il serpente è sempre stato simbolo del peccato e del male, ma in realtà il serpente ha il compito di "condurti" verso un passaggio più profondo, verso di te, verso di Lui. La stessa parola שחנ nahas indica una barriera ח che tu devi superare per andare, per essere lanciato (ש è una freccia che parte). La Bibbia dice (Dt 8,2): "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e per metterti alla prova, per sapere quello che avei nel cuore".
In greco "tentare" si dice "peirasmos", che vuol dire verificare. La tentazione fa verità su chi sei tu e su cos'hai veramente dentro; ti dice, insomma, chi sei per davvero.
Tutti i grandi profeti e i grandi personaggi sono stati tentati: non è un'istigazione a fare del male, ma una luce sulla propria identità e su quanto profonde sono le tue radici.
In passato si diceva: "Bisogna evitare le tentazioni". E così la gente si sentiva in colpa se pensava ad un'altra donna, se faceva qualche pensiero perverso o di odio o di rabbia. "Non si devono fare", si diceva, "e guai a chi li fa!". Ma in realtà la tentazione non si può evitare. La tentazione dice: "Guarda quanto sono profonde le tue radici. Guarda su cosa puoi contare. Guarda bene e osserva se quello che credi di te è vero".
Un uomo molto religioso e onesto viene chiamato a scuola dagli insegnanti perché suo figlio ruba. "Noi crediamo che suo figlio, con questo gesto, vi stia dicendo che c'è qualcosa tra voi genitori e lui che non va!". "Non è possibile, io mio figlio lo educo benissimo". Ecco la prova (tentazione): non accetti che la tua immagine di genitore perfetto sia messa in discussione. Ci sei caduto. La prova (tentazione) ti ha fatto vedere che non sei come dici o come pensi.
Un uomo è deluso dal suo parroco, che considera (magari a ragione) un arrivista e un ipocrita. Così ha detto: "Tanto vale la pena di non credere! A che serve credere se poi chi dovrebbe insegnarti si comporta così?". Tutta qui la tua fede che prima sbandieravi? È bastata questa semplice cosa per farti recedere? Ecco la prova (tentazione): dicevi di avere fede ma era solo un'infarinatura religiosa. Adesso sai cos'hai veramente dentro.
Un altro uomo ha detto: "Questo prete non mi piace; io in chiesa non ci vado più!". Tutta qui la tua fede in Dio? Tutta qui la tua passione per Lui? È bastato che uno non ti piaccia, che uno non faccia come vuoi tu, per abbandonare tutto? Adesso sai cos'hai dentro! Questa ne è stata la prova, la conferma.
La tentazione è il momento della libertà. Gesù non era costretto a compiere la sua missione: l'ha voluta. Avrebbe potuto agire diversamente; avrebbe potuto dire di no; era libero di rifiutare.
Nel deserto Gesù esercita la sua libertà e dice "no" ad un modo di vivere e "sì" ad un altro.
Questo vangelo ci vuol dire che non fu semplice neanche per lui, che anche lui subì il fascino del potere e l'attrazione di usare per sé e per la propria immagine tutto il suo carisma.
Il vangelo dice che Gesù fu spinto nel deserto e non mangiò in quei 40 giorni. Gesù è spinto nel deserto. Perché? Perché nel deserto sei solo e non c'è nessun altro. Nel deserto sei solo con te e con quello che sei veramente. Allora è proprio lì che emerge realmente quello che hai dentro.
Nel deserto Gesù digiuna. Noi non capiamo più il senso profondo del digiuno e per questo non lo pratichiamo. Il digiuno non è questione di non mangiare carne (astinenza) o di sacrificarsi per chissà cosa. Il digiuno è questione di verità su di sé.
Noi siamo pieni, zeppi di anestetici che sedano le nostre voci interne. Se non dormiamo prendiamo i tranquillanti. Se andiamo facilmente in ansia, ci "facciamo alcune gocce" per calmarci. Se siamo "troppo eccitati" con alcune gocce torniamo a poterci gestire. Fumiamo così tanto perché "calmiamo" le nostre tensioni interne: le droghiamo per non sentirle. La cocaina è così diffusa e in continuo aumento, per dare una parvenza di felicità ad un'esistenza infelice. Ci buttiamo nel bere e nell'alcool per annegare tutto il disagio che c'è dentro. Ci rimpinziamo di cibo per non per percepire la fame d'amore che bussa dentro di noi. Ci buttiamo nel lavoro per dare importanza e senso ad un'esistenza che altrimenti non avrebbe senso. Non facciamo altro che sistemare sempre e di continuo la casa con continui lavori e faccende solo perché non sappiamo fare nient'altro (e ce la raccontiamo di quanto ci impegni la casa!). Abbiamo bisogno ogni giorno di sesso e di provocazione per eccitare una vita evidentemente morta. Abbiamo bisogno di parlare sempre e siamo un fiume in piena e dilagante, per zittire le urla che abbiamo dentro.
Cosa succede se non c'è più radio, né tv? Cosa succede quando devi fare silenzio e stare con te? Cosa succede se digiuniamo da tutto questo? Cosa succede se non possiamo fare più niente di tutto questo? Cosa succede se tutto quello che facevi prima adesso non lo puoi più fare?
Sai che succede? Succede che tutto quello che tenti (tentazione!) di coprire adesso esce. Quando digiuni, quando cioè non puoi più nasconderti, quando cioè non c'è più una via di fuga, allora sei di fronte a te stesso nella tua verità. E potrebbe non piacerti. Potresti rifiutare di vederti così.
Quando digiuni da tutto questo ti metti di fronte a te stesso nella tua nudità. Allora tutti i mostri che hai dentro vengono fuori e sembrano sbranarti. Per questo faremo di tutto pur di non far silenzio, pur di non fermarci, pur di non guardarci allo specchio, pur di evitare che qualcuno ci metta di fronte alla verità.
La gente preferisce magari fare "cose buone", magari aiutare qualcuno, ma stare di fronte a se stessi per quello che si è, questo all'inizio è veramente terribile.
Quando Adamo ed Eva cadono nella tentazione del serpente si scoprono nudi. Non è una punizione, è una realtà. Quando ti vedi per quello che sei, quando accetti di stare con te, quando fai silenzio allora emerge tutta la tua nudità, la tua vulnerabilità, la vera realtà che hai dentro. Allora tutti i mostri, anche quelli più dimenticati, anche quelli più lontani, anche quelli più terribili, si materializzano di fronte a te. E chi mai vorrebbe andare nel deserto? E chi mai vorrebbe "smettere di riempirsi" in modo da anestetizzare tutto questo?
Ma, dice il vangelo, è lo Spirito che conduce Gesù, anzi lo caccia nel deserto.
Devi andare là; devi andare nel deserto per confrontarti tutte le tue voci interiori. È Dio che lo vuole. Perché se non affronti i tuoi demoni interni ne sarai sempre in balia. questione di libertà. Nel deserto tutte le voci più nascoste escono. Molte persone dicono: "Io sono tranquillo; io non ho grossi problemi; io non ho rabbia; io ho avuto un'infanzia felice; io sono soddisfatto delle mia vita; io sono in pace con me". No, amico, tu neppure ti conosci!
Satana gioca sull'illusione della realtà. Satana, il male, cerca sempre di distaccarci dalla nostra realtà e di evadere. Cerca di insinuare il dubbio che "se" fossi diverso, se fossi un altro, allora sì che andrebbe bene. Satana ti mostra dei miraggi. Il miraggio è vedere quello che non esiste, che non c'è. Tu vedi una cosa che non esiste, ma la credi vera e poi la miri, la insegui, orienti la tua vita lì. Chiaramente quando ti accorgi che non c'è niente là dove sei arrivato, che non esiste quello che tu hai inseguito, allora ti senti fallito.
Il diavolo tenta, prova, ad illudere Gesù con tre "se": "Se tu sei figlio di Dio (4,3); se ti prostri dinanzi a me (4,7); se tu sei figlio di Dio (4,9)".
Le illusione sulla nostra vita: "Se fossi stato; se avessi agito così; se fossi nato da un'altra parte; se le cose fossero andate diversamente; se non fosse successo che; se avessi conosciuto altre persone; se avessi avuto un'altra famiglia; se fossi nato in un altro paese".
Le illusioni sugli altri: "Se cambierà; se troverò l'uomo giusto; se capiterà che lui; quando lui sarà diverso".
Le illusioni di felicità: "Se avrò i soldi; se avrò quella donna; se sarò più magro, più bello, "rifatto"; se avrò quell'auto; se farò carriera e arriverò là, ecc".
Le illusioni sul futuro: "Se mi capiterà quella cosa; se sarò fortunato; e se mi capitasse quella sventura?; e se le cose cambieranno?; e se le cose non cambieranno?; e se accadrà che?; e che ne sarà di me?; ce la farò?; e se non mi accetteranno?".
Satana insinua il dubbio riportandoci a ciò che è stato, all'irrealtà di come sarebbe stato se o sarebbe se... Ma ciò che è stato, è stato. E ciò che è, è. La realtà non si cambia, si vive. Oppure ci porta nel futuro mettendoci paura su come potrebbe essere. Ma il futuro non c'è, c'è solo il presente, c'è solo l'oggi.
Il diavolo fa così: ti fa vedere una cosa (miraggio) e tu la rincorri. Ma siccome è un miraggio non la raggiungi mai. Se non sei felice oggi, nulla domani ti farà felice. Perché la vita non è questione di cosa si ha, ma di quanto la si può gustare e sentire.
Un uomo aveva sempre detto: "A sessant'anni i figli saranno grandi, non avrò più grandi problemi, avrò un certo gruzzolo in banca, smetterò di lavorare e mi godrò la vita". Lo diceva e aspettava questo momento da quando aveva vent'anni. E così fece. Come compì sessant'anni si disse: "Adesso vado in pensione e mi godrò, finalmente, la vita". Andò in pensione; dopo due mesi si ammalò di cancro e morì.
"Se" aspetti quella cosa per essere felice, per vivere, per fare, per scegliere, non lo farai mai.
Le tre tentazioni riportate da Lc sono la sintesi di tutte le tentazioni.
La prima tentazione è: "Tutto in funzione mia". "Trasforma questa pietra in pane" (4,3). La prima tentazione riguarda il godere: utilizzo gli altri per me, li asservo per i miei scopi. "Utilizza, cioè, tutto ciò che c'è attorno a te per te, per i tuoi scopi, le tue necessità e per la tua realizzazione".
"Se puoi arrivare prima, anche a scapito degli altri, non vedo perché non devi farlo". "Per raggiungere il successo, per essere qualcuno, va bene tutto e ogni mezzo". "Aiuta gli altri perché così sarai importante per loro e dovranno riconoscerti". "Utilizza la tua posizione per farti strada, per avere privilegi, per sentirti più degli altri". "Utilizza tuo figlio (e lo chiami amore) per te perché tu sei sola e la tua vita non ha senso". "Siccome non sei nessuno e senti di non valere come persona, utilizza allora il tuo lavoro per sentirti qualcuno, per poter comandare e dirigere, per sentire che gli altri ti obbediscono".
La seconda tentazione: "Tutto (o tutti) in pugno". "Se ti inginocchi, tutto sarà tuo" (4,6). La seconda tentazione riguarda il possesso: "Possiedo, cioè controllo, gli altri e le mie emozioni". Siccome tutti noi sperimentiamo e conosciamo la nostra debolezza e la nostra fragilità, allora tentiamo di evitare la nostra vulnerabilità, il nostro essere feriti, la nostra debolezza.
Quanta gente è controllata, controlla ogni emozione (non prova niente), è insensibile. Quanta gente "fa la forte", l'invulnerabile, quella che non ha nessun problema: "Tutto bene!; tutto perfetto!".
Nel Faust, Thomas Mann, racconta la storia di Adrian Leverkuhn, che stipula un patto con il diavolo. In cambio dell'amore ottiene la capacità di comporre musica sempre più geniale. Ma per avere questo deve rinunciare a provare amore per tutta la vita. Così diventa freddo e la sua vita vuota. È così: se tu vuoi essere invulnerabile diventi freddo.
Quanta gente ha bisogno di controllare chi è vicino, di dirigerlo, di tenerlo in pugno. Quanta gente ha bisogno di tenere in pugno il marito, il figlio, il fratello. Tenendo in pugno l'altro allora ci si sente forti, invulnerabili o superiori, e non si lascia spazio alla propria umanità. Se tu vivi così, e smetti di aprirti agli altri, diventi insensibile alla vita.
La terza tentazione: "Posso tutto". "Buttati giù dal pinnacolo perché gli angeli ti sosteranno" (4,9-11). La terza tentazione riguarda la potenza, il credere di poter far tutto. La terza tentazione è religiosa: Dio viene usato per i miei scopi oppure mi sento onnipotente (mi sento Dio).
Nel primo caso: quanta gente giustifica con il "volere di Dio" precetti che sono solo degli uomini. Con la volontà di Dio si sono fatte le guerre, riempiti di sensi di colpa le persone, condannato a umiliazioni infinite le persone.
L'uomo che dice alla donna che ha un figlio down: "E' la volontà di Dio!", sta usando Dio. Il padre che dice a suo figlio: "Dio vuole che tu ti comporti bene con il papà; Dio si arrabbia quando tu alzi la voce contro di me", sta usando Dio per i scuoi scopi. Il sacerdote che non assolve la donna che ha avuto rapporti prematrimoniali, sta usando il potere di Dio. La persona che si permette di decretare che "tu non puoi essere in unione con Dio" sta usando un potere non suo. Non usare mai Dio per il tuo potere, per i tuoi scopi, per le tue finalità, neanche per quelle positive. Dio non si usa; Dio si ama e si segue. Non far dire a Dio quello che vuoi tu.
Nel secondo caso, invece, alcune persone si sentono onnipotenti.
Quando tu puoi gestire milioni di euro, influenzare le banche, il flusso di soldi, ti senti un po' come Dio perché ti sembra di potere tutto, che tutto dipenda da te. Quanto tu sei riconosciuto, famoso, importante, stimato, apprezzato, riconosciuto da tutti come "il bello", allora tutto questo potere rischia "di darti alla testa", rischia di non metterti più in discussione, di farti passare sopra gli altri e di usarli come "i condomini e le case del Monopoli" che si spostano di qua e di là a tuo piacimento.
Farsi come Dio, dice la tradizione, è stato il grande peccato di Satana e di Adamo ed Eva: volevano diventare ciò che non potevano diventare e che non avrebbero mai potuto essere. Perché chi vuol farsi Dio finisce, inevitabilmente, all'inferno (di questa vita).
Il vangelo si conclude con l'annotazione che "esaurita ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da Gesù per tornare al tempo fissato" (4,13). Nella vita la prova c'è e ritornerà più volte.
Sarebbe bello dire: "Questa cosa l'ho affrontata, sono a posto".
E, invece, a livelli sempre diversi, saremo sempre messi alla prova. Ed è bene che sia così perché ogni prova, se superata, ci radica sempre di più in Dio.
La più grande tentazione è quella di fuggire la tentazione, di evitarci ciò che è difficile. Sembra una soluzione ma non lo è. E, invece, il deserto non lo si può evitare: bisogna rimanerci dentro tutto il tempo che serve.
Ma come il vento scuote l'albero non per farlo cadere ma per radicarlo ancor di più nel terreno così la prova non "ci fa male" per farci soffrire ma per radicarci ancor di più dentro di noi, nel mistero della vita e di Dio.
Pensiero della Settimana
La più grande tentazione è non tentare.

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