Don Umberto DE VANNA sdb"Lasciarono tutto e lo seguirono"

7 febbraio 2016 | 5a Domenica T. Ordinario - Anno C | Omelia
LETTURE:Is 6,1-2. 3-8; 1Cor 15,1-11; Lc 5,1-1
Per cominciare
Il Signore Gesù parla, e la sua parola è autorevole e si realizza. Chiama i suoi primi apostoli a
seguirlo e a farsi "pescatori di uomini". La proposta è "vocazionale", così come quella straordinaria di Paolo, chiamato per ultimo tra gli apostoli ad annunciare il vangelo. Sin dall'inizio Gesù associa degli uomini alla sua missione.

La parola di Dio
Isaia 6,1-2a.3-8. Il capitolo sesto di Isaia presenta la sua chiamata alla profezia. Nel contesto di una profonda esperienza religiosa, Isaia vede la gloria di Dio e viene purificato. Quindi sente la voce del Signore che si domanda chi possa fare il profeta e rappresentarlo presso il popolo. Isaia offre se stesso e dice: "Eccomi, manda me!".
1 Corinzi 15,1-11. Quella di Paolo è una grande testimonianza della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù. Afferma di trasmettere i fatti come gli sono stati trasmessi da testimoni autorevoli. Ultimo tra questi è anche lui stesso, che si è messo a disposizione del vangelo.
Luca 5,1-11. Gesù parla alla folla, che lo segue e lo ascolta con avidità. Poi induce Pietro a gettare le reti, nonostante che in quella notte non abbiano preso nulla. La pesca è grandiosa e Pietro riconosce che il risultato è miracoloso. Gesù invita Pietro, ma anche Giacomo e Giovanni, a seguirlo e a diventare "pescatori di uomini".

Riflettere

Da sempre Dio associa gli uomini a realizzare i suoi progetti sull'umanità. Lo ha fatto con Noè, Abramo, Mosè, con i profeti e gli apostoli. Lo fa ancora oggi chiamandoci a prendere parte in modo più diretto alla vita della chiesa.
La prima lettura racconta la chiamata del profeta Isaia. Siamo al capitolo sesto, ma è come se il suo libro cominciasse realmente solo adesso. Nei primi cinque capitoli presenta la situazione problematica di Israele. Accusa il popolo di avere abbandonato il Signore, parla della collera di Dio e dell'attesa di tempi nuovi. Poi presenta la sua chiamata alla profezia.
Isaia ha probabilmente meno di trent'anni quando s'incontra con il Signore. È l'anno della morte del re Ozia. La sua è la descrizione di una profonda esperienza religiosa fatta a mo' di apparizione: assume i contorni di chi ha una visione, con le modalità della cultura e della sensibilità del suo tempo.
Isaia sembra trovarsi nel tempio durante l'intronizzazione del nuovo re e vive un'esperienza mistica, a partire dalla trasfigurazione di ciò che gli si presenta. Vede Iahvè seduto in trono come un principe orientale, che con il manto copre l'intero tempio. Davanti a lui vi sono figure mitologiche o angeli, i serafini, che sono per metà uomini e per metà uccello. Essi proclamano Iahvè tre volte santo, mentre le porte vibrano e il tempio si riempie di fumo.
Isaia si incontra in questo modo con Iahvè. Scopre la trascendenza, la maestà di Dio, che si manifesta nella cornice di una liturgia solenne. La vita di Isaia sarà per sempre segnata da questa esperienza che gli ha cambiato la vita.
Davanti alla trascendenza di Iahvè, Isaia riconosce la sua impurità e la necessità di una purificazione e si domanda come potrebbe, un giovane come lui, annunciare la parola del Signore tre volte santo. Ma uno dei serafini vola verso il suo volto e purifica simbolicamente le sue labbra con un carbone incandescente. Così purificato, Isaia si offre volontario per collaborare con Iahvè a risanare Israele.
Iahvè gli ha fatto dono di quest'esperienza particolare, che equivale a una vera e propria chiamata vocazionale. Probabilmente, già prima di questa visione Isaia era un giovane ben disposto, ma da questo momento la sua fede e la sua sicurezza sanno incrollabili.
Nella seconda lettura ci troviamo in qualche modo ancora di fronte a una chiamata, quella di Paolo, che da persecutore della chiesa è stato chiamato all'apostolato. Lo dice lui stesso, mentre esprime con sicurezza la sua fede nella risurrezione di Gesù. Nella città di Corinto alcuni, anche tra quelli che hanno accolto il vangelo, sembrano avere qualche incertezza di fronte alla risurrezione dei morti. Ma Paolo reagisce con estrema chiarezza: Gesù è risorto, e dunque anche noi risorgeremo.
Che Cristo poi sia risorto, è un fatto documentato più di ogni altro, dice Paolo, esprimendo la fede della chiesa primitiva: "Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture, apparve a Cefa e quindi ai Dodici". Questa professione di fede, aggiunge Paolo, è un fatto confermato da altre apparizioni del Risorto a Giacomo e a più di cinquecento fratelli.
"Ultimo fra tutti apparve anche a me", conclude, portando a testimonianza il suo cambiamento di vita: da persecutore della chiesa, si è fatto apostolo infaticabile del vangelo.
Marco e Matteo presentano la chiamata degli apostoli all'inizio della vita pubblica di Gesù. Luca ordina i fatti in modo diverso e in modo curiosamente più problematico. Siamo in questo caso al capitolo quinto; nel capitolo precedente Gesù ha appena guarito la suocera di Pietro, e questo significherebbe che gli apostoli erano già stati scelti e chiamati. Si potrebbe però anche pensare che, secondo Luca, la chiamata degli apostoli non sia avvenuta attraverso un unico incontro, ma in momenti successivi. Comunque è questa la chiamata decisiva, perché Luca al termine dell'episodio scrive che essi "tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono".
Gesù ha cominciato la vita pubblica associando sin da subito altri alla sua missione. La chiamata di Pietro e degli altri due apostoli viene vista da Luca nel contesto simbolico di una pesca straordinaria.
Il momento non è propizio per la pesca, quegli uomini di mare lo sanno. Forse con un po' di scetticismo cedono alle parole di Gesù e calano le reti. Dice il vangelo che "presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano"; che "riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano"… Pietro, che con gli altri ha faticato tutta la notte senza prendere nulla, non fa fatica a cogliere la straordinarietà del miracolo e il mistero di chi gli sta davanti, ed esclama: "Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore". Gesù invece lo fa "pescatore di uomini".
D'ora in poi Gesù non sarà più solo. Non si dice ancora quale sarà il compito degli apostoli e perché li ha chiamati: si sa però perfettamente che Gesù li ha voluti con sé e che d'ora in poi cambieranno mestiere per mettersi al suo seguito.
A guardare le cose simbolicamente, nel racconto di questo episodio c'è in filigrana tutta l'avventura della chiesa, la comunità che Gesù ha voluto perché continui la sua missione. Anche il lago che non dà pesci è carico di simboli per la chiesa: è sulla parola di Gesù che la pesca ci sarà, e sarà abbondantissima.

Attualizzare

"Chi manderò e chi andrà per noi?", si domanda Iahvè rivolgendosi a Isaia, invitandolo a condividere i suoi sogni per dare inizio a una nuova storia di Israele.
"Vi farò pescatori di uomini", dice a sua volta Gesù, invitando Pietro Giacomo e Giovanni a seguirlo e a condividere la sua missione.
In ambedue i casi la chiamata è di tipo "vocazionale", coinvolge interamente la persona, prende la vita. Questo tipo di invito da parte di Dio - perché è sempre lui che ci precede nella chiamata - non è mai a tempo, provvisoria, settoriale, ma a "tempo pieno". "Vivere 24 ore su 24 per Dio", dice lo slogan di una storica campagna pubblicitaria destinata a suscitare nuove vocazioni. "Una vita da marine" si legge in un manifesto negli Stati Uniti, per indicare ciò che la vita di un prete comporta.
"Comincio da me, lo propongo a tutti quanti" è la parola d'ordine che si è diffusa in Messico tra i giovani cattolici partecipanti al progetto "I giovani con Cristo per Los Mochis". Giovani destinati a occuparsi dei ragazzi delle periferie, a cui dare motivazioni forti per uscire dalla loro situazione di disagio ispirandosi alla fede.
Di fronte a questa chiamata, la prima reazione spesso non è quella del "perché proprio io?", del rifiuto o del menefreghismo, ma piuttosto quella del disagio, dell'inadeguatezza. Non sono io l'uomo giusto - si pensa - non sono la donna giusta, non sono all'altezza, sono inadeguato. È la reazione che ha avuto Isaia, che dice di avere le labbra impure; di Pietro che chiede a Gesù di allontanarsi da lui, perché è un peccatore. Anche quella di Paolo, che dichiara che il Signore Gesù si è manifestato a lui, ma "come a un aborto", cioè, come a colui che è nato male e viaggiava fuori strada.
Ma a guardare alla storia di molte vocazioni, anche straordinarie, si deve riconoscere che Dio è sovranamente libero di fronte alla sua chiamata. Sono frequentissimi i casi di chi dice che prima di essere chiamato era orientato su tutt'altre strade, che non si collocava tra quelle persone per bene, a cui si pensa per questo tipo di chiamata.
Isaia, Pietro, Paolo accettano e mettono la loro persona a disposizione: "Eccomi, manda me", dice Isaia. Altre volte la risposta positiva è molto più faticosa. Possiamo ricordare il profeta Geremia, chiede a Iahvè di mandare un altro, perché lui è troppo giovane; Giona, che si dà alla fuga; Mosè che trova il pretesto di non essere sciolto nel parlare. Ma Dio si servirà proprio di loro, così come dimostra di fare spesso con altre persone apparentemente meno adatte per realizzare i suoi piani. Madre Teresa, una minuscola donna albanese partita per le missioni in India, diceva che non c'era persona più inadeguata di lei per fare ciò che stava facendo.
Dio chiama anche gli sfaccendati (ricordiamo gli operai dell'ultima ora), magari anche i ritrosi, ma più spesso non chiama i perditempo. Ha chiamato Pietro e gli altri mentre stanno pescando, chiama Matteo mentre si trova al banco delle imposte. E questi mettono a disposizione tutto ciò che sono e hanno: il loro mestiere, le competenze, le proprie idee, fidandosi unicamente della parola di Gesù che invita.
La chiamata di Dio rimane sempre qualcosa di misterioso: "Perché sceglie proprio me e non un altro?". Ma è altrettanto misteriosa la risposta dell'uomo. Comunque una chiamata di Dio porta sempre con sé un enorme carico di responsabilità. "Dio ha bisogno degli uomini" è il titolo di un vecchio film, che esprime qualcosa di reale, perché Gesù ha voluto effettivamente aver bisogno di dodici apostoli per costruire la chiesa e realizzare il regno di Dio. Chiama anche oggi, e se ottiene come risposta un "no", si rivolge a un altro. Dobbiamo però chiederci che cosa sarebbe successo se Pietro avesse rifiutato il suo invito, se avessero detto di "no" sant'Agostino, san Francesco, Ignazio di Lojola, san Giovanni Bosco, il Cottolengo, Madre Teresa, Papa Giovanni, Giovanni Paolo II. Essi invece hanno detto: "Sulla tua parola getterò le reti", e la storia ha preso un corso diverso per se stessi e per gli altri.
Il discorso sulla vocazione riguarda tutti da vicino, Non dobbiamo pensare necessariamente alle vocazioni sacerdotali e religiose. Non erano della casta sacerdotale Isaia e Pietro. Non lo era nemmeno Gesù. La vocazione è accogliere la vita mettendo in gioco le qualità che abbiamo, vivendo per qualcosa e per qualcuno. È sempre un "vivere con", un "vivere per". E non si deve attendere che venga un angelo dal cielo a dirci come rispondere alla nostra vocazione profonda. Basta un tempo più intenso di riflessione personale e di preghiera; oppure la proposta di qualcuno che lo fa a nome della chiesa e ci affascina per il suo modo di vivere. Ancor più è l'esserci dati a un servizio di carità che porta a maturare l'idea che questa può diventare la nostra scelta per la vita.
In ogni caso, la scelta di Dio rimane sempre sovranamente e misteriosamente libera, e gli esempi non mancano. Ha chiamato Paolo nel momento in cui andava a perseguitare i cristiani; ha chiamato l'apostolo dei lebbrosi, il giornalista Raoul Follereaux mentre faceva un safari in Africa; ha chiamato Lorenzo Milani che aveva la madre ebrea e il padre indifferente alla religione; ha chiamato Piergiorgio Frassati, che è nato in una famiglia che si vergognava di lui e delle sue opere di carità.

Lasciarono tutto e lo seguirono

"Erano giovani, felici, protese verso un'esistenza che si annunciava ricca di soddisfazioni e di prospettive. Alcune di loro stavano per sposarsi e progettavano una vita piena e completa. Poi un giorno, spesso all'improvviso, è giunta "la chiamata". Hanno risposto di sì, hanno lasciato tutto e l'hanno seguito. Adesso sono in luoghi che le stesse carte geografiche ignorano, nei lebbrosari, nelle trincee delle metropoli, accanto a chi soffre o muore di Aids. Sono le donne che ho incontrato nel mio viaggio fra le suore, che ho interpellato stupita e commossa per il loro eroismo. "Ho risposto alla sua chiamata perché la felicità che avevo non mi bastava più", mi ha detto con la conferma di una serenità luminosa una suora missionaria, "parroco" in Amazzonia tra i garimpeiros che si dannano a cercare l'oro nelle miniere" (Mariapia Bonanate).

Don Umberto DE VANNA sdb

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