Don Umberto DE VANNA sdb"Le nostre tentazioni"

14 febbraio 2016 | 1a Domenica di Quaresima - Anno C | Omelia Per cominciare
Mercoledì scorso è iniziata la quaresima, con un rito suggestivo, tradizionale, solenne, quello delle
Ceneri, che richiama le antiche usanze penitenziali, per entrare in un atteggiamento di conversione. Davanti a noi ci sono 40 giorni speciali, un tempo di deserto e di preghiera per confermare la nostra alleanza con Dio e prepararci a vivere in pienezza la Pasqua del Signore.

La parola di Dio
Deuteronomio 26,4-10. Il popolo ebraico proprio nel deserto scopre di essere un popolo, riconosce di essere stato liberato e accompagnato da Dio, amato da Dio. Celebrerà ogni anno la Pasqua di liberazione, per rinnovare il patto di alleanza con Dio, che segna tutta la loro storia.
Romani 10,8-13. Paolo ci presenta la professione di fede di ogni cristiano. "Gesù è il Signore!", esclama, questa è la nostra fede, la nostra salvezza, che si fonda sulla certezza che Dio lo ha risuscitato dai morti.
Luca 4,1-13. Le tentazioni di Gesù secondo Luca. Nella sua umanità, Gesù subisce la tentazione, ma la supera citando la Scrittura, che rivela la sovranità di Dio. Si rifà alla parola di Dio anche il tentatore, in modo strumentale, per metterla a proprio servizio; naturalmente non riesce a influire sulle scelte del messia.

Riflettere

Iniziamo un periodo liturgicamente forte, quello dei 40 giorni della Quaresima. In realtà si tratta di una cinquantina di giorni, ma vengono escluse nel conteggio le domeniche. Un tempo abbastanza lungo destinato soprattutto a farci vivere nel modo più pieno la Pasqua.
È proprio la centralità della Pasqua ad aver dato importanza sin dai primi secoli a questi giorni di quaresima. Già nel concilio di Nicea (325 d.C.) si parla della Quaresima come di un'istituzione nota a tutti e diffusa ovunque.
La Pasqua è al centro delle prime due letture di questa prima domenica di quaresima. Nella prima, tratta dal Deuteronomio, Mosè ordina agli ebrei di rinnovare a ogni nuova primavera - avendo tra le mani la cesta delle primizie dei frutti della terra - i grandi avvenimenti della prima Pasqua di liberazione, quando la mano potente di Dio li ha liberati dalla schiavitù, e ha condotto loro, gli ebrei, popolo di nomadi, alla terra promessa, un paese dove "scorre latte e miele".
Questa celebrazione annuale della prima Pasqua di liberazione è nata per iniziativa di Mosè, ma ha come fondamento non astratte concezioni teologiche, bensì un fatto storico, talmente straordinario da dover essere ricordato ogni anno.
Così Paolo, nella lettera ai Romani, ricorda la centralità della Pasqua di Gesù per i cristiani. "Gesù è il Signore!" esprime la fede della chiesa, nata appunto dalla risurrezione di Cristo. La Pasqua di Gesù è una realtà ben più importante di quella degli ebrei, perché con la sua risurrezione Gesù ha vinto il nemico radicale dell'uomo, la morte. Anche in questo caso alla base c'è un fatto storico, straordinario e inatteso, la risurrezione di Gesù, che ha colto tutti di sorpresa e ha trasformato il gruppo degli apostoli in testimoni coraggiosi, dando vita alla comunità dei cristiani.
Nella storia biblica ritorna con un'insistenza tutta speciale il numero quaranta come tempo simbolico che precede qualcosa di speciale, di eccezionale. Quaranta giorni e quaranta notti dura il diluvio, poi Noè dà inizio a una nuova umanità. Israele in fuga dall'Egitto trascorre quarant'anni nel deserto per diventare un popolo e prepararsi in questo modo a entrare nella terra promessa. Per quaranta giorni fanno penitenza gli abitanti di Ninive, per ricevere il perdono da Dio; quaranta giorni e quaranta notti cammina Elia per raggiungere il monte di Dio; quaranta giorni e quaranta notti digiunano Mosè e Gesù, per prepararsi alla loro missione. "Allora, per preparare la più grande di tutte le feste cristiane, quanti giorni sarebbero stati necessari? Quaranta, naturalmente!" (Ferdinando Armellini).
Ecco compreso il senso di questo tempo di Quaresima, tempo di deserto e di preparazione. Quaranta giorni di tempo in attesa di un avvenimento grande, la Pasqua di Gesù.
Così lo ha pensato la chiesa sin dai primi secoli. Dice il papa san Leone Magno: "Fra tutti i giorni dell'anno che la devozione cristiana onora in vari modi, non ve n'è uno che superi per importanza la festa di Pasqua, perché questa rende sacre tutte le altre solennità. Ora, se consideriamo ciò che l'universo ha ricevuto dalla croce del Signore, noi riconosceremo che, per celebrare il giorno di Pasqua, è giusto prepararci con un digiuno di quaranta giorni, per partecipare degnamente ai divini misteri. Non solo i vescovi, i sacerdoti, i diaconi devono purificarsi da tutte le macchie, ma l'intero corpo della chiesa e tutti quanti i fedeli: perché il tempio di Dio, che ha come base il suo stesso fondatore, deve essere bello in tutte le sue pietre e luminoso in ogni sua parte".
Fin dai tempi antichi, dunque la Quaresima fu considerata questo periodo di rinnovamento della vita. E le pratiche consigliate erano soprattutto la preghiera, il rinnovamento della vita, il digiuno che ha come corollario la solidarietà, l'elemosina, la carità.
Il vangelo di Luca ci presenta i 40 giorni di Gesù trascorsi nel deserto, all'inizio della vita pubblica. Il racconto della tentazione di Gesù è presente nei tre vangeli sinottici: Marco si limita a poche righe, Matteo lo racconta in dettaglio, e lo inserisce subito dopo il battesimo; Luca lo riporta con qualche variante rispetto a Matteo: mette come ultima tentazione quella di Gerusalemme, in cui Gesù avrebbe dovuto accettare per sé un messianismo vincente e glorioso; scrive che alla fine il tentatore si allontana per ritornare "al momento fissato", quello della croce. Infine mette il racconto delle tentazioni dopo aver presentato l'elenco degli antenati di Gesù, che termina con il nome di "Adamo, figlio di Dio"; come a dire che Gesù è il nuovo Adamo, che vince le tentazioni e dà origine a un'umanità fedele a Dio.

Attualizzare

La Quaresima è un'esperienza di deserto per l'intera chiesa e per i singoli cristiani. Il deserto riduce l'uomo all'essenziale, lo libera dal superfluo, dalla vanità, gli fa riscoprire le cose indispensabili, primarie: l'acqua, il cibo, l'importanza di un sentiero, di un'orma da seguire, di una stella per orientarsi.
Il deserto è il luogo in cui i grandi personaggi dell'antico testamento hanno fatto le loro scelte e preso coscienza della propria missione. Anche Gesù ha voluto provare l'esperienza del deserto, e per lui diventa il luogo del sì al Padre. Un sì definitivo, una professione perpetua, anche se la dovrà confermare nel Getsemani e sulla croce, comprendendo fino in fondo la misura, il peso, di quel sì che ha detto all'inizio della vita pubblica.
Gesù nel deserto abbraccia tutte le tentazioni che la vita gli presenterà. Molti ebrei guardavano ai tempi messianici come a un periodo di benessere materiale, di splendore terreno (la ricomposizione del regno di Davide), come a un periodo di dominio politico. Questa concezione messianica invece si pone a Gesù come tentazione; ma la supera, scegliendo per sé l'immagine del messia-servo, che non cerca prestigio e potere e non sfrutta i miracoli mettendoli a servizio della propria ambizione o usandoli in modo magico.
Questa immagine nuova del messia, che pure era stata prefigurata in alcune visioni profetiche, si farà strada a fatica anche agli occhi degli stessi apostoli. Anch'essi si porranno continuamente a Gesù come tentazione, chiedendogli di orientarsi verso un cammino vincente, più sicuro, fondandolo sul potere e sul successo politico. La presenza di questo racconto in tre evangelisti testimonia però che essi, anche se a fatica, sono riusciti a capire il senso profondo del cammino compiuto da Gesù.
La scelta di Gesù è prima di tutto una scelta di vita, un modo di essere uomo, una risposta di fedeltà ai piani di Dio su di lui. Gesù sceglie per sé una vita senza compromessi, entrando in una logica che lentamente lo condurrà a duri contrasti e alla croce. È questo aspetto che riguarda più da vicino ogni uomo, perché tutti in qualche modo nella loro vita, e in ogni singola scelta, sono chiamati a fare propria la scelta di Adamo o quella di Gesù.
Le tentazioni di Gesù sono praticamente le tentazioni a cui sono soggetti gli uomini di tutti i tempi. Ma è innegabile che "le tentazioni del deserto, così decisamente respinte da Gesù, abbiano avuto più successo con i suoi discepoli di ieri e continuino ad averne, talvolta anche con quelli di oggi" (Giuseppe Savagnone).
Soprattutto coloro che intendono affrontare la vita in modo più pieno, e rifiutano di vivacchiare o di abbrutirsi, si scontreranno sempre con la tentazione di risolvere i loro problemi esistenziali dando importanza ai beni materiali, andando alla ricerca del successo, sfruttando in qualche modo il piccolo o grande potere che si ritrovano.
È facile illudersi che il grande problema della vita, o i piccoli problemi quotidiani nostri e di chi ci sta vicino, siano superabili con un po' di denaro, con la sicurezza economica, rinnovando le attrezzature o cambiando automobile.
È tentazione affidare le proprie sorti alla organizzazione, ai regolamenti, alle consulte, alle circolari, alla più o meno forte pressione della propria autorità e capacità organizzativa.
Ma è tentazione anche ricercare il successo, desiderare di stupire, di farsi battere le mani: pensare che l'importante sia fare qualcosa di nuovo, "agganciare", colpire, suscitare interesse, fare buona impressione, diventare simpatici.
Sono tentazione perché chi si affida a queste cose, attende in qualche modo salvezza da esse, mentre la salvezza è qualcosa di più profondo e di più personale. Queste cose hanno certamente un senso e una precisa utilità, ma sono anche un'arma a doppio taglio, che acquistano il valore che ad esse si attribuisce. Possono cioè diventare strumenti o, al contrario, piccoli idoli. Non a caso Satana non chiede a Gesù di scegliere tra Dio e il potere, tra Dio e il benessere, ma di usare queste cose a gloria di Dio.
Gesù uomo nuovo, superando le tentazioni, non ci presenta soltanto un modello, anche se irraggiungibile, di fedeltà: diventa invece per noi sicurezza e possibilità di vittoria, perché le sue scelte possono diventare le nostre. Gesù infatti non si limita a indicarci la strada, ma ci sostiene nel momento in cui anche noi ci proponiamo di essere fedeli. La salvezza infatti è un dono che viene da Dio, e anche la possibilità che abbiamo di fare delle scelte giuste e di realizzarci, di diventare nuovi, non nasce dal nostro sforzo personale, ma dalla fede in lui.

Le nostre tentazioni

"Ora combattiamo contro un nemico insidioso, un nemico che lusinga..., non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni dandoci così la vita, ma ci arricchisce dandoci così la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci percuote ai fianchi, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l'anima con il denaro, l'onore, il potere"
(Ilario di Poitiers).

Don Umberto DE VANNA sdb

Fonte:  www.donbosco-torino.it

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