padre Gian Franco Scarpitta "Smarrire, ritrovare, gioire"

 Smarrire, ritrovare, gioire
padre Gian Franco Scarpitta  
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (06/03/2016)
Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 
In realtà è l'intero cap. 15 del Vangelo di Luca che attira l'attenzione per la singolarità monografica
del messaggio. Esso è costituito da insegnamenti parabolici e accostamenti che mettono in risalto un solo tema: il ritrovamento gioioso di ciò che viene considerato prezioso. Così è la parabola della pecora smarrita e quella della moneta perduta che ad essa fa seguito (Lc 15, 1 - 10), nelle quali si evincono tre caratteristiche: 1) lo smarrimento, 2) il ritrovamento, 3) la gioia condivisa ("Rallegratevi con me"). Gesù ha intavolato questi discorsi in seguito alla provocazione di scribi e e farisei che lo stavano ad osservare mentre accoglieva pubblicani e peccatori che pendevano dalle sue labbra mentre insegnava: "Costui accoglie i peccatori e mangia con loro". Era riprovevole nella mentalità raffinata dei sapienti conoscitori della Legge e del Talmud che un "giusto" si contaminasse con i peccatori e con i reprobi. Questi dovevano essere tenuti a debita distanza, doveva esservi una precisa distinzione fra "giusti" e peccatori ed era considerato impuro ed empio anche entrare in contatto indiretto con i malvagi. Per la qualcosa adesso stanno muovendo questa critica a chi per primo vedono disattendere una norma per loro fondamentale. Gesù però, come è solito fare quasi sempre in queste circostanze, non ribatte con invettive e programmati discorsi di autodifesa, ma spiega la realtà evidente della vita: quando si smarrisce una qualsiasi cosa che ritenevamo davvero importante per noi, lo si cerca sempre, da soli o con l'aiuto di altri. Non appena la si ritrova, si esulta per lo scampato pericolo con serenità e gioia condivisa da altri e in determinati casi si festeggia anche la gioia del ritrovamento.
Seguendo le vicende dei sequestri di persona degli anni '80 - 90 quali Cesare Casella e Soffiantini, ho riflettuto sul fatto di quanto sia importante per una madre aver ritrovato il proprio figlio che era stato creduto anche morto; o per una famiglia intera aver ritrovato il proprio padre che era stato sequestrato e tenuto segregato, in precarie condizioni di salute. Non importa se sia stato pagato il riscatto o in quali condizioni ci si ripresenti il nostro caro che era stato tenuto sotto sequestro; neppure ci interessa quale vita abbia condotto durante la sua assenza o come o quanto sia cambiato: averlo ritrovato è un motivo di gioia per cui occorre fare festa tutti quanti.
Lo smarrimento, il ritrovamento e la festa sono il trittico che presenzia però soprattutto nella parabola che ci viene proposta oggi, che esplicita i due insegnamenti succitati soprattutto nel particolare che colui che smarrisce, cerca, ritrova e gioisce con tutti è Dio, Padre di misericordia.
Effettivamente questo figlio sibarita e dissoluto che ha delapidato ricchezze che non gli spettavano (per la sua richiesta al padre avrebbe meritato forse la condanna a morte) non era propriamente pentito del male commesso verso se stesso e verso il genitore, perché considerava più i vantaggi e le prospettive del suo ritorno a casa che non l'entità del male commesso. Meditava più una situazione rimediata per se stesso che una volontà di rimediare all'errore commesso: "Quanti salariati hanno pane in abbondanza mentre io qui muoio di fame... Mi alzerò e andrò da mio padre.... Trattami come uno dei tuoi garzoni." Ma che importa? Il padre vede ritornare a casa un figlio che si era perduto, che aveva considerato probabilmente morto o disperso. Un padre conosce bene i propri figli, anche nelle loro abitudini, nei costumi e nel loro carattere e certamente questo genitore durante la sua assenza deve aver intuito già da se stesso che sarebbe precipitato nel baratro della miseria; magari sarebbe entrato nel giro della malavita e sarebbe stato ucciso oppure si sarebbe suicidato. Forse avrà anche pianto, poiché anche se si trattava di un mascalzone, era pur sempre carne della sua carne, il figlio che non ritrovava più. Ecco perché adesso gli corre incontro e lo abbraccia, noncurante de fatto se questi si sia davvero pentito o meno. Bisogna solo fare festa e rallegrarsi in compagnia di tutti.
Parimenti che con una persona sequestrata, Dio non considera lo stato personale della pecorella smarrita che ha ritrovato, non tiene conto del come essa sia stata ritrovata o di come nel frattempo si sia trasformata: semplicemente gioisce e fa festa per averla di nuovo con sè. Che cos'è infatti il peccato se non un "sequestro della nostra persona" da parte della nostra stessa presunzione e tracotanza? Che cos'è esso se non lo smarrimento volontario da parte nostra nelle illusioni del fittizio e dell'effimero? Il peccato è rottura con Dio che è Padre di misericordia che a sua volta, lo considera come un perdersi dell'uomo paragonabile allo stato di fame e di pericolo in cui è caduto questo giovane scialacquatore. Ma soprattutto che cos'è l'intervento risolutore di Dio se non il pagamento del prezzo del nostro riscatto? Soprattutto sulla croce, espiativa dei nostri peccati, Dio ci ha comprati a prezzo (1Cor 6,20), pagando con il suo sangue. Scrive papa Francesco nel suo ultimo volume che "Dio non si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono" e che la Misericordia non è semplicemente un aspetto di Dio o una sua qualità, ma piuttosto è l'essere stesso di Dio. Misericordia è l'amore gratuito verso coloro che sono "miseri" per aver dissipato ogni cosa della loro stessa dignità e tali siamo tutti quanti. E per questo la parola d'ordine è la gioia, la letizia, la felicità condivisa con tutti nella Chiesa da lui istituita.
In effetti la vera comunità cristiana non può non rallegrarsi con il suo Signore per il ritrovamento di un solo fratello che si era perduto nel peccato e che la misericordia di Dio ha fatto ritornare sano e salvo. Atteggiamenti altezzosi e superbi non di rado ci fanno guardare con sospetto, nelle nostre comunità parrocchiali, a quanti si avvicinano ai Sacramenti e alla vita ecclesiale reduci da un passato discutibile. Anche per esperienza personale posso dire che non è raro il caso in cui il parroco venga tacciato di discriminazione quando presta particolare attenzione a chi vive una situazione di disagio familiare o a chi proviene da un'esperienza di perversione morale. Tante volte si usano riprovazioni per gli eccessi dei movimenti carismatici, che vengono accusati di fanatismo o di esagitazione, ma poche volte si considera che, grazie alla loro opera e alla loro preghiera, tantissime persone sono approdate alle fede provenendo direttamente dalla droga o dalla prostituzione. La strada da fare è ancora molto lunga per entrare nell'ottica della misericordia di Dio e forse dovremmo esserne toccati noi stessi a sufficienza per poter gioire quando altri ne vengono toccati.

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