Abbazia Santa Maria di Pulsano"Lectio Divina «DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE»

DOMENICA «DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE»
Anno C
Luca 22,14-23,56; Isaia 50,4-7; Salmo 21; Filippesi 2,6-11
Antifona d'Inizio   Mt 21,9
Osanna al Figlio di Davide.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore:
è il Re d'Israele.
Osanna nell'alto dei cieli.

L’antifona tratta da Mt 21,9, l'Osanna al Figlio di David, conferisce l'orientamento, con una nota particolarmente gioiosa e festale al rito d’inizio di questa Domenica. Accolto dall'Osanna della folla alle Palme, il medesimo Figlio di David sarà accolto dai fedeli con l'Alleluia tra sette giorni. Viene per la sua Città, per portare a essa la Gloria nuziale.
Tuttavia, per giungere alla Resurrezione, il Signore è dovuto affondare nell'oscura voragine della morte. Per comprendere la Quaresima, che è celebrazione del Signore Risorto contemplato mentre si avvia alla Croce per la Resurrezione, e porta i suoi fedeli alla loro e alla resurrezione comune, occorre anche celebrare il medesimo Signore Risorto contemplato mentre prende possesso della sua Città regale, Gerusalemme, la Sposa (processione delle Palme). E così, quale Figlio dell'uomo, Re, Profeta, Sacerdote, che si avvia alla Croce, la accetta, la vive per intero portando il carico del peccato e del dolore di tutti gli uomini (Evangeli della «Passione del Signore», nei tre Cicli). E realizza così per intero la sua missione divina di Servo sofferente (A. T, Is 50,4-7). Mentre dalla Croce grida al Padre il suo sconforto momentaneo ma insieme la gioia del popolo futuro che nasce dal dolore (Salmo 21). Colui che si manifesta come il Dio da Dio, che prende volontariamente la «forma di servo», e si è fatto obbediente perfettamente al Padre, e accetta la morte infame della Croce nella consapevole «umiliazione di se stesso», nel volontario «svuotamento di se stesso» come Dio, e come Uomo, ricevendo dal Padre «il Nome» divino da adorare per la Gloria del Padre (Apostolo, Fil 2,6-11).
Da questo momento la Settimana grande attenderà il tempo fino al grido: «È stato compiuto!» dal Padre (Gv 19,30), con la riconsegna dello Spirito Santo al Padre, affinché sotto forma di Sangue e Acqua Lo doni agli uomini (19,34).
Tutto è risposta alla Resurrezione del Signore con lo Spirito Santo, Dono inconsumabile del Padre ai figli suoi.
La solenne celebrazione di oggi dovrebbe cominciare con la commemorazione dell'ingresso messianico del Signore a Gerusalemme. Questa comporta anche la «processione con le palme». Questo rito molto simbolico, che in Oriente, con centro l'Evangelo dell'ingresso, è assunto nella celebrazione dei Misteri (lì non si legge la Passione), sarebbe bene che fosse eseguito in tutte le nostre cattedrali e parrocchie, magari per questo giorno riducendo l'orario delle Messe. Esso presenta una tipica struttura, che porta ricchi contenuti.

Evangelo della processione: Lc 19,28-40

In Occidente con questa domenica che è l'ultima della Quaresima ha inizio la grande settimana dell'anno liturgico, la «settimana santa». La liturgia di questa giornata si apre con la commemorazione dell'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme e prosegue poi con la celebrazione domenicale della Passione.
- Per questo il titolo della Domenica ha voluto unire i suoi due aspetti, che sono perfettamente coerenti, poiché 1’entrata del Signore nella città santa, prossimo scenario dei fatti culminanti della sua vita, sta a indicare la definitiva visita di Dio al suo popolo. È come un’inquadratura generale di tutto il mistero, che nei giorni seguenti rivivremo con fedeltà addirittura cronologica. L'ingresso gioioso di Gesù a Gerusalemme è una scena messianica che ricalca le cerimonie d’investitura regale molto comuni nell’antico oriente e anche qualche volta nei libri della bibbia (cf. 1 Re 1,33-35).
- Gesù tuttavia lo sappiamo bene è un re che viene non per dominare, ma per servire e dare la sua vita a redenzione dell'umanità.
Così la liturgia, dopo la scena gioiosa dell’intronizzazione regale di Gesù, passa immediatamente al racconto della sua passione.
- Se guardiamo il testo della sinossi, vediamo come il nostro brano ha paralleli sia in Mt 21,1-11 sia in Mc 11,1-11 ed anche nell’evangelo di Gv 12,12-16.
Rispetto ai testi paralleli la scena presentata da Luca evidenzia la riprovazione e il richiamo dei farisei fatto a Gesù a causa dei discepoli che lo acclamano come «colui che viene».

Esaminiamo il brano

v. 28 - La pericope inizia con una conclusione: «dette queste cose» che ci rimanda all'ultimo insegnamento, quello della parabola delle mine (19,11-27), ma anche a quanto precedeva il grande viaggio. Questa salita iniziata al 9,51-19,27.
v. 29 - L'ingresso nella capitale dal monte degli ulivi corrisponde all'itinerario consueto dei pellegrini che vengono da Gerico, toccando i due villaggi di Betània e Bètfagia a circa 3 Km dalla città.
La tradizione evangelica, da cui dipende anche Luca, ha riletto quest'ultimo ingresso di Gesù sullo sfondo delle antiche profezie che alimentavano le attese messianiche.
Il profeta Zaccaria (14,4), descrivendo l'ultimo intervento di Dio dice: «In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente ...»;
anche in Ez 43,1-2 dove la visione del ritorno di Dio corrisponde strettamente a quella della sua partenza (cf. Ez 10,18-19).
vv. 30-31-32 - Per preparare la sua entrata in Gerusalemme, il Signore si sceglie un puledro di asina, giovane, ancora mai usato dall'uomo, ne ha necessità, e tutto si svolge come lui dice. È il medesimo motivo che si ripeterà ancora alla preparazione della cena (cf. 22,9-13).
Alla domanda arrendevole dei proprietari dell'animale, che tuttavia rivela l'incomprensione del fatto (v. 33), segue la risposta dei discepoli sulla necessità del Signore; tutto è appianato.
v. 34 - «Il Signore ne ha bisogno»: la nostra unica spiegazione è la fede nella Parola del Signore, che così ha detto, dopo aver fatto così. Il nostro buon senso farebbe ben diversamente!
- Un puledro mai cavalcato, come dovevano essere gli animali destinati a uso sacro (cf. Nm 19,2; Dt 15,19; 21,3).
vv. 35-36 - Adesso i discepoli preparano il corteo come possono, in modo umile, anziché drappi, i loro poveri mantelli, come si usava anticamente per intronizzare i re d'Israele (cf. 2 Re 9,13).
- Luca non si sofferma a commentare il senso del re che cavalca pacificamente non un focoso destriero di battaglia, ma un'asina mite; lo fa invece Mt 21,5 che cita come avveratasi la profezia di Zaccaria 9,9 e dove continuando la lettura (v. 10) si dice che distruggendo le armi, egli viene per annunciare finalmente la pace alle nazioni. Ecco il motivo dell'esultanza.
Il messia sarà «umile»; rinunziando all'apparato dei re storici (Ger 17,25; 22,4), il re messianico avrà l'antica cavalcatura dei principi (Gen 49,11; Gdc 5,10; 10,4; 12,14). Si confronti anche 1 Re 1,38 con 1 Re 1,5.
v. 37 - Luca descrive qui le folle dei discepoli che lodano dio per l'evento cui partecipano; i verbi e i sostantivi abbondano: esultare, lodare, a gran voce.
v. 38 - Le folle, tra gli altri canti che possiamo immaginare siano stati eseguiti, assumono, forse come ritornello, un versetto di salmo; il 118,26a.
- Il salmo 118 fa parte e finisce il gruppo di salmi (che vanno dal 113 al 118) detti dell’«Hallel egiziano», che insieme con quelli del «grande Hallel» (salmi 135-136), sono recitati nella cena pasquale ebraica. I salmi 146-150 sono chiamati dalla tradizione l'«Hallel finale» (Hallel = lode).
Il sal 118 è importante perché, da questo scrigno, il Nuovo Testamento e la liturgia vi hanno attinto a piene mani:
a) è il salmo responsoriale nella liturgia della Dom. di Risurrezione;
b) citato a più riprese dal NT (cf. v. 22 in Mt 21,42; At 4,11 e il v. 26 in Mt 21,9 e 23,39);
c) il v. 24 nella tradizione cristiana è applicato al giorno della resurrezione di cristo;
d) il salmo ha dato origine anche all'acclamazione cristiana «Osanna», dall'ebraico hòshi’ah-na’ «oh, sì, salvaci!» del v. 25; questi con il v. 26 sono poi entrati nel Sanctus della messa romana (come anche in oriente).
v. 39 - Tanta esultanza non piace ai farisei che tentano di ricondurre tutto a un corteo silenzioso, forse per paura di noie con le autorità romane, sempre sospettose di sollevazioni popolari, e non invano.
Forse tentano di conservare l'antica legge e la loro ortodossia e quindi non possono permettere che Gesù sia detto «colui che viene», la presenza di Dio in terra.
v. 40 - Gesù che ha provocato tutto e non è disposto a calmare la situazione prende le difese dei suoi.
- La risposta del Signore è data con forma solenne che la nostra traduzione forse non rende compiutamente : «lo parlo a voi...», è una frase di tipo proverbiale che afferma l'ineluttabilità del suo trionfo.
Le pietre di Gerusalemme saranno un grido di protesta contro il loro rifiuto come lo diventarono contro Babilonia quelle di Abacuc 2,11.
- Le stesse pietre che se necessario diventeranno figli di Abramo (cf. Lc 3,8); le stesse pietre che non furono chiamate a diventare pane (cf. Lc 4,3) ma che serviranno Dio al posto degli uomini riluttanti.
Possiamo finire dicendo che è giunto il momento in cui la vera confessione messianica s’impone con tale urgenza che nessuno può impedirla.


Abbazia Santa Maria di Pulsano

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