Carla Sprinzeles COMMENTO Domenica delle Palme (Anno C)

 Commento su Is 50,4-7; Lc 22,14-23,56
Carla Sprinzeles
Domenica delle Palme (Anno C) (20/03/2016)
Vangelo: Lc 22,14-23,56 
Tra una settimana è Pasqua, prepariamoci a vivere nella preghiera, nella riflessione gli atteggiamenti
di Gesù per poter interiorizzare il vangelo e viverlo.
Questo è il momento della fedeltà di Gesù al vangelo che aveva predicato, perché è giunto a una forma di amore, di capacità di misericordia, che prima di allora non aveva mai espresso, perché non si era mai trovato in una situazione di questo tipo.
Il grado di amore che noi esercitiamo dipende dalla situazione che attraversiamo, dall'odio che dobbiamo portare, perché anche noi siamo chiamati a portare il male del mondo, come discepoli di Gesù. Ed è per questo che celebriamo l'eucarestia: per prendere coscienza della missione che ci è affidata, per continuare la missione di Gesù.
ISAIA 50, 4-7
La prima lettura è tratta da Isaia al cap. 50 e presenta il "terzo carme del servo di Javeh", dove un personaggio misterioso non percorre, secondo lo schema del messia, la via del trionfo e del giudizio, ma quella della sofferenza e della donazione di se stesso.
Il Servo non è presentato come un maestro di sapienza, che ripete l'insegnamento divino ai suoi discepoli, ma viene messa in luce esclusivamente la sua fedeltà alla Parola, che lui ascolta per trasmettere ai suoi contemporanei sfiduciati.
Per questa fedeltà agli ordini di Dio viene perseguitato, torturato, insultato, sottoposto ai peggiori e più umilianti oltraggi.
Lui non oppone resistenza, ma resta saldo appoggiandosi su Dio che lo assiste, "sapendo di non restare deluso".
Si tratta probabilmente di un brano autobiografico, in cui è possibile cogliere alcune linee caratteristiche dell'itinerario profetico.
Prima di tutto è Dio che plasma il suo profeta, gli dà una lingua, gli apre l'orecchio.
Tutto ciò che il profeta reca agli altri, l'ha ricevuto a sua volta.
Lui non dispone a piacimento della parola. Gli è affidata, di volta in volta, dal Signore. Profeta è essenzialmente uno che ascolta.
Inoltre occorre sottolineare la non-resistenza, sia alla Parola, che alle torture che gli vengono inflitte dagli uomini.
Nel mezzo delle sofferenze più atroci, il Servo esperimenta l'aiuto del Signore, che si rivela più forte del dolore.
Infine, proprio perché ha sofferto, sa confortare i fratelli.
LUCA 22, 14-23, 56
Oggi si legge la passione di Gesù, secondo Luca, osserviamo come "Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme."
Che intenzioni aveva Gesù salendo a Gerusalemme?
Voleva proporre ai capi del popolo, a quelli del sinedrio, a quelli che dovevano decidere, il grande cambiamento che egli riteneva necessario e per cui aveva predicato, soprattutto in Galilea, la conversione era necessaria. E per farlo, doveva scuoterli, sollecitarli in modo anche provocatorio.
Appunto in quel giorno caccia i mercanti dal tempio, racconta la parabola dei due figli e quella dei vignaioli che uccidono i servi e perfino il figlio e afferma: "la vigna sarà data ad altri popoli".
Intendeva così richiamarli alla responsabilità che avevano di fronte alla storia della salvezza, alle scelte che il popolo doveva compiere, al cambiamento di vita che era necessario, pur sapendo che tutto questo era rischioso perché avevano deciso di rifiutare la proposta e di eliminarlo.
Gesù consente l'esaltazione al suo ingresso, anche se entra in città su un puledro di asina, espressione di mitezza e non di potenza, di armonia e non di violenza!
Accetta l'acclamazione, perché era consapevole di tradurre l'amore di Dio, di esprimere la sua misericordia.
Gesù entra a Gerusalemme, disposto anche a morire, per compiere la sua missione, perché apparisse chiara qual'era la via da percorrere per giungere alla pace.
Gesù pianse sulla città, perché aveva rifiutato la proposta, non perché aveva rifiutato lui.
Era la proposta di Dio, cioè l'azione di Dio che esprimeva ed era quindi la garanzia del futuro di pace.
Anche noi non siamo la fonte, il principio, siamo creature ma riveliamo l'azione di Dio. Siamo piccoli spazi dove la giustizia può esprimersi, l'amore può diventare dono, diventiamo trasparenti, cioè accogliamo e lasciamo fluire, incontriamo uno che odia? Moltiplichiamo l'amore per lui.
Incontriamo uno che è violento? Esercitiamo misericordia.
Impegnamoci ad essere gratuiti nelle azioni e diffondere il suo amore, la sua misericordia.
Gesù non ci ha salvato in ragione della sua sofferenza, ma ci ha salvato per la forza di amore che ha esercitato mentre soffriva, mentre ingiustamente veniva condannato.
Così ha rivelato il criterio fondamentale della salvezza, che è l'amore esercitato fino all'estremo.
L'aveva predicato tante volte: aveva chiesto di amare i nemici, di perdonare senza riserve, aveva esercitato misericordia verso i peccatori che incontrava: questo messaggio era così sconvolgente che non veniva accettato neppure dai suoi discepoli.
Al tempo di Gesù, pensavano che fossero i benestanti, i ricchi, i sani ad essere protetti da Dio.
Gesù ha mostrato invece che l'amore di Dio si rivolge verso gli ultimi, gli emarginati, i poveri, gli ammalati: sono coloro che hanno beneficato di meno della forza creatrice di Dio, che sono rimasti agli ultimi posti, non per volontà di Dio, ma per tradimento degli uomini, per l'indifferenza, per la violenza degli uomini.
Anche la passione e la morte di Gesù sono state vissute per essere fedele al principio d'amore, per non venire meno alla fedeltà d'amore, amò gli uomini fino alla possibilità estrema di manifestare l'amore. Neanche lui sapeva se era possibile perdonare, amare in quelle situazioni di violenza, di ingiustizia, di odio.
In questi giorni della settimana santa cerchiamo di individuare questo atteggiamento profondo di compassione.
Il cammino iniziato in Galilea nella compassione dei sofferenti, è terminato con il lungo tragitto della passione di Gesù, dove tutte le sofferenze umane erano caricate sulle sue spalle, per esercitare quell'amore che avrebbe iniziato la nuova tappa dell'alleanza.
Questa nuova tappa dell'alleanza era segnata da un nuovo inizio nella capacità di amare.
Non era una sofferenza offerta a Dio, era un amore accolto da Dio per rivelarne la misericordia per tutti coloro che soffrivano.
E' opportuno essere attenti e non lasciarci ingannare dai criteri facili del nostro interesse e del nostro benessere e ci renda attenti alla sofferenza dei poveri, degli ultimi, per continuare il cammino di Gesù.
Amici, buona Pasqua, il perdono è la vittoria sul male, che permette a tutti di entrare nella vera gloria, quella dell'amore.

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