Don Domenico MACHETTA"Parabola del figlio prodigo o del padre misericordioso"

6 marzo 2016 | 4a Domenica di Quaresima Anno C | Appunti per Lectio
Parabola del figlio prodigo o del padre misericordioso
VANGELO: Lc 15,1-3.11-32: 
Israele entra nella terra promessa, dopo il lungo peregrinare nel deserto. Cessa la manna, come
cesserà l'Eucaristia quando arriveremo alla Terra Promessa, quella vera, di cui la terra di Canaan era solo una figura. Quasi nessuno di quelli usciti dall'Egitto ha raggiunto quella terra. Quelli che sono arrivati sono soprattutto i figli nati nel deserto; per questo Giosuè deve farli circoncidere. Non è entrato neanche Mosè, lui che aveva parlato a tu per tu con Dio. Si è cercato di spiegare questo fatto dicendo che aveva colpito due volte la roccia... Ma il vero motivo è un altro. Intanto il profeta deve subire la sorte del suo popolo. Il motivo più profondo però è stato intuito dagli uomini più spirituali, già all'interno del popolo d'Israele.
Ad Abramo Dio aveva promesso una terra: "Ti darò... ti darò...". E quando muore sua moglie deve comprare dagli Ittiti un fazzoletto di terra, la caverna di Macpela, per farne un sepolcro. Là sarà sepolto anche lui, e poi saranno sepolti anche Isacco e Giacobbe. Quando muore dunque, Abramo ha come unico possedimento un sepolcro. Allora? Qui c'è il grande messaggio. Dio promette ai patriarchi la terra e tutti muoiono senza terra, stranieri e pellegrini. Di che terra si parla? La "lectio divina" viene fatta dalla lettera agli Ebrei, al cap. 11.
Il cap. 34 del Deuteronomio ci fa intuire una verità. È come se Dio un giorno avesse detto a Mosè: "Vieni! Ti devo dire una cosa all'orecchio, la dico solo a te! Adesso tu puoi capire qualcosa, dopo tutte le esperienze di impotenza che hai avuto; ora puoi ricevere il messaggio verso cui ti ho portato. Ti ho promesso una terra. Lascia che vadano gli altri nella terra di Canaan, tu vieni con me! Sono io la Terra!". E se ne andò, nel bacio di Dio.
VANGELO: Lc 15,1-3.11-32:
la parabola del Figlio Prodigo o del Padre Misericordioso

"Un vangelo nel vangelo" è stata definita questa classica parabola, chiamata tradizionalmente "parabola del figliol prodigo". Bisognerebbe piuttosto chiamarla parabola del padre misericordioso, perché è lui il protagonista, oppure parabola della festa di Dio. Il capitolo 15, il capitolo della misericordia, parte con lo scandalo dei benpensanti: "Costui riceve i peccatori, mangia con loro...".
Gesù giustifica il suo atteggiamento dicendo che Dio ama i peccatori. E poi comincia a raccontare le tre parabole della misericordia: la pecora smarrita, la dracma perduta e infine questo capolavoro.
C'è un dato da far emergere e approfondire: la conversione è un dono di Dio, che può essere accolto o rifiutato. Quando uno decide nel suo cuore di "tornare", è già sotto le "raffiche" dello Spirito Santo. La parola centrale della parabola è: "entrato in se stesso". Sì, perché prima era "fuori". Agostino, che conosceva questa dinamica, avendo provato le carrube e i porci, poteva dire: "Noli foras ire, in teipsum redi; in interiore homine habitat veritas" (Non andare fuori, rientra in te stesso; nell'interno dell'uomo abita la verità). Senza vita interiore non c'è felicità. Questo figlio, lontano dal padre, prende coscienza di ciò che ha perduto, gli vengono alla mente i doni ricevuti, l'amore del padre... La presa di coscienza dei doni e delle meraviglie del Signore fa luce sui nostri peccati. E giunge la grande decisione: "Surgam et ibo". Mi alzerò e andrò. Prepara con cura le parole da dire. Gesù ha certamente nella mente ciò che disse il profeta Osea: "Torna Israele, al Signore tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. Preparate le parole da dire e tornate al Signore" (14,2). Sì, il figlio prepara le parole con trepidazione, e parte, ripetendole nella mente lungo il cammino, non immaginando che cosa stia succedendo nel cuore del padre. Qui la parabola tocca il vertice della commozione. "Quando era ancora lontano, suo padre lo vide". È evidente dunque che lo stava aspettando, e usciva sovente sul terrazzo per guardare lontano...

Suo padre
lo vide:
ebbe compassione,
gli corse incontro,
gli si gettò al collo,
lo baciò.

Di tutti questi verbi il soggetto è il padre! Non è il figlio che corre e si getta al collo: è il padre!
Questa parabola è la descrizione dettagliata del sacramento della misericordia, la "confessione". Si parla delle "viscere" di misericordia del nostro Dio, quelle cantate dai salmi, dal Benedictus e dal Magnificat: la "confessione" è l'abbraccio del Padre. È estremamente interessante un particolare. Il figlio dice le parole che ha preparato nel campo dei porci. Il padre non lo lascia neanche finire: "Ma il padre disse ai servi: "Presto..."". Ha urgenza di far festa e di ridare la dignità al figlio (il vestito, l'anello, i calzari...).

La reazione del figlio maggiore, causata dall'invidia, ha una sola spiegazione: il figlio segue la logica del "dovuto", il padre la logica dell'amore!
Colpiscono i dettagli di questa parabola, che Gesù ha scelto con acutezza. Il figlio maggiore, irritato, dice con distacco al padre: "ora che è tornato questo tuo figlio...". Mentre il padre dirà: "bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita".

È la parabola della gioia di Dio e di tutto il paradiso.
Si fa festa in cielo, quando un peccatore chiede perdono.
Questo è inaudito!
Allora un mio atto sincero di pentimento
fa crescere il mondo e dà gioia al paradiso!

Don Domenico MACHETTA
 Fonte:  www.donbosco-torino.it  

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