don Giovanni Berti"Una parabola in cerca di un titolo"
Una parabola in cerca di un titolo
don Giovanni Berti
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (06/03/2016)
Vangelo: Lc 15,1-3.11-32
Clicca qui per la vignetta della settimana.
Che titolo dare a questa famosa parabola di Gesù? La tradizione la chiama da sempre "la parabola del
figliol prodigo", mettendo l'accento sul primo personaggio, il figlio minore, che scatena tutta l'azione, sconvolgendo la vita di questa famiglia e arrivando ad un degrado umano e spirituale ben sottolineato nel racconto (da ricco a misero tra i porci in punto di morte per fame...). Una titolazione più recente più rispettosa del vero fine del racconto di Gesù, la chiama "la parabola del padre misericordioso", mettendo ovviamente l'accento sul suo atteggiamento sia verso il figlio minore che viene riaccolto in casa dopo la vita da dissoluto, sia verso il figlio maggiore il cui cuore indurito lo fa rimanere fuori dalla festa per la famiglia riunita.
Ho provato anche io a trovare un titolo che può riassumere il senso profondo del racconto così come a me colpisce. Ancora una volta, sono stati i bambini del catechismo a farmi riflettere.
Questo giovedì alla fine del catechismo mi hanno avvicinato le due catechiste che seguono il gruppo dei più piccoli di prima e seconda elementare, e mi hanno raccontato quello che era successo e le aveva colpite. Con loro l'ora settimanale dell'incontro è organizzata in piccoli giochi, disegni, racconti, tutti legati ovviamente al Vangelo. Questa volta le due giovani catechiste avevano voluto raccontare ai bambini la parabola di Gesù di questa domenica come fosse una storia vera. Il bello è che dopo aver raccontato del figlio più giovane e del suo proposito di tornare a casa dal padre, tutti i bambini alla domanda "secondo voi cosa è successo?" hanno detto senza esitazione che è stato accolto dal padre con gioia, con abbracci e baci e con una bella festa. Forse qualche bambino aveva già sentito la parabola ma la gran parte non sapeva nulla di questa famosa storia del Vangelo. Le catechiste mi hanno raccontato del loro stupore nel vedere che i bambini senza conoscere la storia sapevano che quel papà non può rifiutare quel figlio e che gli vuole bene sempre, anche se ha sbagliato.
Anche a me queste risposte dei bambini di prima e seconda elementare hanno fatto riflettere, e mi hanno aiutato a comprendere ancor di più cosa Gesù mi vuol dire di Dio.
Gesù quando racconta la parabola, lo fa rivolto a quei farisei e scribi che si consideravano i soli puri e i pii di fronte a Dio. Questi lo criticano aspramente perché sta con quelli che sono considerati lontani da Dio e peccatori arrivando persino a mangiare con loro. Gesù allora, fedele alla sua missione di mostrare il vero volto di Dio come Padre misericordioso e non come Giudice spietato, racconta questa parabola che è altamente spiazzante per i suoi ascoltatori, rigidi come quel figlio maggiore che se ne sta fuori dalla casa in festa, chiuso nel suo giudizio paralizzante.
Il padre della parabola vede il figlio da lontano e non si cura dei beni persi e non si cura nemmeno di essere umiliato di fronte all'opinione pubblica perché corre incontro e rinuncia alla vendetta. Lui è guidato solo dall'amore verso questo figlio che vuole con se e per il quale è pronto a fare una festa come fosse la visita di un re. La veste nuova con i calzari (solo i padroni portano i calzari) e l'anello (segno di colui che ha il potere di amministrare i beni) manifestano una misericordia paterna senza limiti.
Questo è Dio! Così lo rivela Gesù, non solo con le parole ma soprattutto con le sue opere, che tanto mettono in crisi i più religiosi del suo tempo (e forse anche del nostro...)
Dio, secondo Gesù, ragiona come i bambini del catechismo, che non hanno la mente troppo occupata da ragionamenti, distinzioni, calcoli di convenienza e ritorsioni. Dio è come questo padre che non può che buttare le braccia al collo di questo figlio e soffocarlo di baci. Così i bambini pensano ai loro genitori, ed è così che vuole essere pensato Dio. Dio ama come un bambino, senza se e senza ma. Ama e amando insegna ad amare, e nell'amore misericordioso ha la sua eredità più preziosa che spartisce con tutti i figli.
Ecco il titolo che allora mi sento di dare a questo meraviglioso racconto di Gesù e che riassume quel che sento nel profondo dopo averla letta, meditata e pregata: "la parabola del papà dal cuore di bambino"
Fonte :qumran2.net
don Giovanni Berti
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (06/03/2016)
Vangelo: Lc 15,1-3.11-32
Clicca qui per la vignetta della settimana.
Che titolo dare a questa famosa parabola di Gesù? La tradizione la chiama da sempre "la parabola del
figliol prodigo", mettendo l'accento sul primo personaggio, il figlio minore, che scatena tutta l'azione, sconvolgendo la vita di questa famiglia e arrivando ad un degrado umano e spirituale ben sottolineato nel racconto (da ricco a misero tra i porci in punto di morte per fame...). Una titolazione più recente più rispettosa del vero fine del racconto di Gesù, la chiama "la parabola del padre misericordioso", mettendo ovviamente l'accento sul suo atteggiamento sia verso il figlio minore che viene riaccolto in casa dopo la vita da dissoluto, sia verso il figlio maggiore il cui cuore indurito lo fa rimanere fuori dalla festa per la famiglia riunita.
Ho provato anche io a trovare un titolo che può riassumere il senso profondo del racconto così come a me colpisce. Ancora una volta, sono stati i bambini del catechismo a farmi riflettere.
Questo giovedì alla fine del catechismo mi hanno avvicinato le due catechiste che seguono il gruppo dei più piccoli di prima e seconda elementare, e mi hanno raccontato quello che era successo e le aveva colpite. Con loro l'ora settimanale dell'incontro è organizzata in piccoli giochi, disegni, racconti, tutti legati ovviamente al Vangelo. Questa volta le due giovani catechiste avevano voluto raccontare ai bambini la parabola di Gesù di questa domenica come fosse una storia vera. Il bello è che dopo aver raccontato del figlio più giovane e del suo proposito di tornare a casa dal padre, tutti i bambini alla domanda "secondo voi cosa è successo?" hanno detto senza esitazione che è stato accolto dal padre con gioia, con abbracci e baci e con una bella festa. Forse qualche bambino aveva già sentito la parabola ma la gran parte non sapeva nulla di questa famosa storia del Vangelo. Le catechiste mi hanno raccontato del loro stupore nel vedere che i bambini senza conoscere la storia sapevano che quel papà non può rifiutare quel figlio e che gli vuole bene sempre, anche se ha sbagliato.
Anche a me queste risposte dei bambini di prima e seconda elementare hanno fatto riflettere, e mi hanno aiutato a comprendere ancor di più cosa Gesù mi vuol dire di Dio.
Gesù quando racconta la parabola, lo fa rivolto a quei farisei e scribi che si consideravano i soli puri e i pii di fronte a Dio. Questi lo criticano aspramente perché sta con quelli che sono considerati lontani da Dio e peccatori arrivando persino a mangiare con loro. Gesù allora, fedele alla sua missione di mostrare il vero volto di Dio come Padre misericordioso e non come Giudice spietato, racconta questa parabola che è altamente spiazzante per i suoi ascoltatori, rigidi come quel figlio maggiore che se ne sta fuori dalla casa in festa, chiuso nel suo giudizio paralizzante.
Il padre della parabola vede il figlio da lontano e non si cura dei beni persi e non si cura nemmeno di essere umiliato di fronte all'opinione pubblica perché corre incontro e rinuncia alla vendetta. Lui è guidato solo dall'amore verso questo figlio che vuole con se e per il quale è pronto a fare una festa come fosse la visita di un re. La veste nuova con i calzari (solo i padroni portano i calzari) e l'anello (segno di colui che ha il potere di amministrare i beni) manifestano una misericordia paterna senza limiti.
Questo è Dio! Così lo rivela Gesù, non solo con le parole ma soprattutto con le sue opere, che tanto mettono in crisi i più religiosi del suo tempo (e forse anche del nostro...)
Dio, secondo Gesù, ragiona come i bambini del catechismo, che non hanno la mente troppo occupata da ragionamenti, distinzioni, calcoli di convenienza e ritorsioni. Dio è come questo padre che non può che buttare le braccia al collo di questo figlio e soffocarlo di baci. Così i bambini pensano ai loro genitori, ed è così che vuole essere pensato Dio. Dio ama come un bambino, senza se e senza ma. Ama e amando insegna ad amare, e nell'amore misericordioso ha la sua eredità più preziosa che spartisce con tutti i figli.
Ecco il titolo che allora mi sento di dare a questo meraviglioso racconto di Gesù e che riassume quel che sento nel profondo dopo averla letta, meditata e pregata: "la parabola del papà dal cuore di bambino"
Fonte :qumran2.net
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