don Marco Pedron"Passioni diverse"

Passioni diverse
don Marco Pedron
Domenica delle Palme (Anno C)
Vangelo: Lc 22,14-23,56 (forma breve: Lc 23,1-49
La liturgia di oggi ci presenta la storia della passione di Gesù secondo l'evangelista Luca.

Ogni evangelista ci mostra un volto diverso di Gesù. E' lo stesso racconto, ma ognuno ne sottolinea un versante, un punto di vista, un immagine di Gesù. Questo ci ricorda che i racconti della passione, più che verità storiche, sono esperienze, racconti con cui chi ha scritto voleva dirci chi era Gesù per lui.
Per Marco Gesù è l'abbandonato. Tutti lo abbandonano, ma proprio tutti.
I discepoli dal monte degli Ulivi in poi lo abbandonano: mentre Gesù prega si addormentano per ben tre volte (14,32-42); Pietro impreca e nega di conoscerlo (15,66-72), Giuda addirittura lo tradisce (14,43-46).
Tutti fuggono: uno perfino lascia lì la veste pur di allontanarsi da Gesù (14,52). Romani e Giudei sono cinici: lo lasciano appeso alla croce sei ore (15,25.33) e durante tutto questo periodo lo prendono in giro e lo deridono (15,29-32). Perfino quando Gesù muore: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (15,34) lo deridono (15,36). Eppure il velo del tempio si squarcia e il centurione afferma: "Veramente quest'uomo era figlio di Dio" (15,39). Sono due segni chiari che attestano che, nonostante l'abbandono in cui Gesù è lasciato, Gesù non è un falso profeta.
La passione di Marco mi aiuta quando mi sento solo, quando tutti mi sono contro, quando io stesso credo di aver sbagliato tutto o di essere io stesso sbagliato.
Guardo Gesù e lo vedo disperato: perfino i suoi amici più cari, quelli più intimi, quelli con i quali aveva condiviso le gioie e le fatiche, quelli che avevano detto: "Noi, non ti abbandoneremo mai; noi ci saremo sempre per te; su di noi puoi contare", perfino quelli adesso se ne sono andati.
Ma ciò che è più drammatico è che perfino il suo Dio non parla, è in silenzio, tace. Forse anche lui lo ha abbandonato? Forse Gesù ha davvero sbagliato tutto?
In certi momenti della vita ci capiterà di credere di aver sbagliato tutto. Ci capiterà di aver voglia di farla finita, di toglierci di mezzo; ci capiterà di sentirci soli, abbandonati e traditi. Ci capiterà di essere additati, ridicolizzati, presi in giro, beffeggiati e umiliati.
Eppure Gesù non si sbagliò. Guardando a Lui, che credette in ciò che aveva dentro al di là di tutti i venti contrari, voglio credere in me e in ciò che ho dentro. Guardando a Lui vado avanti.
Quando leggo il vangelo di Marco osservo cosa può produrre la paura nelle persone: ti fa abbandonare, tradire, negare chi ami. Nessuno si schierò con Gesù; nessuno prese le sue parti, nessuno si espose. Tutti ritennero più opportuno rimanerne fuori, non impicciarsi, non cercarsi rogne. Magari lo amavano; magari lo sentivano veramente come la loro vita, ma la paura li portò a negare i loro sentimenti d'amore.
Matteo, che in parte ricalca Marco, si pone una grande domanda: chi è il colpevole della morte di Gesù?
Per Matteo tutti contribuiscono a loro modo alla morte del Signore. Tutti ne hanno una parte: chi direttamente, chi indirettamente; chi agendo chi non agendo.
Giuda? Giuda s'impicca perché si rende conto di essere stato un burattino in mano ai sommi sacerdoti (27,3-10).
Giuda è nient'altro che una piccola pedina di uno scacchiere molto più grande. E' un fantoccio che per denaro, per opportunità, vende il Signore e tutto sommato se stesso. Poi schiacciato dal senso di colpa, non regge e si uccide.
Giuda sono tutti quegli adulti che vendono ciò che hanno di più bello alla causa del lavoro, del denaro e dei soldi. Lavorano sempre, fanno orari impossibili, perché "otterranno". Con i loro soldi poi comprano regali ai figli (senso di colpa!) e fanno le vacanze in posti speciali, perché loro se lo possono permettere! Ma non si accorgono che stanno vendendo l'anima; non si accorgono che mettono prima dello spirito e dell'animo sempre qualcos'altro. Così un giorno si svegliano e si accorgono di essere vuoti, insoddisfatti, senza niente. Ma sono troppo deboli, troppo senza personalità per cambiare vita. Così si lasciano andare alla deriva, lasciano che il tempo passi finché un giorno la morte li coglierà (ma tanto sono già morti!).
Pietro? Pietro è l'uomo del grande entusiasmo (26,35): "Io non ti rinnegherò mai". Pietro fa grandi proclami, ma poi si sciolgono come neve al sole e per ben tre volte tradirà il suo maestro e amico (26,69-75).
Pietro sono tutti coloro che non si conoscono, ma che credono di spaccare il mondo. Allora fanno grandi proclami, allora si augurano amore eterno, allora si giurano che saranno sempre fedeli e lo credono per davvero. Ma c'è tanta innocenza o troppa presunzione o semplicemente ignoranza: non si conoscono. Non conosco le esigenze della fedeltà.
Tutti coloro che si sposano si giurano amore eterno l'un l'altro. Ma poi... Tutti coloro che fanno la Cresima dicono che Gesù sarà il centro della loro vita. Ma poi... Quanti dopo un incontro, un ritiro, un corso, dicono che cambieranno la loro vita. Ma poi... Quanti promettono che cambieranno, che non lo faranno più, che smetteranno, che saranno diversi. Ma poi...
Si diceva che il grande maestro orientale Li Chin avesse centomila o forse centocinquantamila monaci. Quando, intervistato, gli fu chiesto il numero esatto lui disse: "Quattro, forse cinque!".
Pilato? Pilato se ne lava le mani e con questo gesto crede di tirarsi fuori, di essere esente da responsabilità (27,11-26). La sua stessa moglie lo aveva pregato di non avere a che fare con quell'uomo (27,19).
Pilato sono tutti quelli che dicono: "Io non c'entro", e si credono a posto, si sentono tranquilli.
Se c'è un problema in classe, se non riguarda mio figlio, me ne lavo le mani. Se c'è un problema in parrocchia o nel mio condominio, ma non mi riguarda, meglio lavarsene la mani. Se c'è chi soffre cosa c'entro io? Che ci pensino quelli delegati e preposti a questo!
Davanti alla porta del Paradiso tutti erano in fila per entrare. Si avvicinarono alle porte un gruppo di amici dello stesso paese. Costoro avevano abusato di una ragazza. "Ma come credete di entrare qui dentro con quello che avete fatto? Fuori, qui non c'è spazio per voi!" tuonò S. Pietro. E, infatti nessuno di loro entrò. Subito dopo si presentò un uomo sempre di quello stesso paese. Era sicuro di entrare. Lui infatti non c'entrava con ciò che era successo; lui aveva visto da lontano e se ne era stato zitto per non correre rischi. "Ma come pensi di entrare?", tuonò S. Pietro. "Ma io non ho fatto niente!", rispose l'uomo. "Appunto! Perché non sei intervenuto? Fuori!".
E la folla? La folla è "il popolo bue" che si lascia condizionare dall'ultima moda e tendenza (27,20-23).
I sacerdoti e gli anziani la persuadono ad urlare: "Barabba" (27,20-23). E così quando Pilato chiede: "Chi dei due volete che vi rilasci?", la folla in maniera imbecille e inconsapevole urla: "Barabba!".
La folla rappresenta tutte le persone che si lasciano condizionare, influenzare. Sono tutti quelli che non hanno un pensiero proprio, che vivono di frasi fatte, preconfezionate o di quello che si sente dire in giro. Sono quelli che non riescono a sostenere una posizione o un'idea. Sono tutte quelle persone che credono al politico di turno: "Meno tasse per tutti; un milione di posti di lavoro; più occupazione; più benessere; più economia e salari più alti, ecc". Sono tutte quelle persone che credono ingenuamente che tutto il mondo sia Amici, il Grande Fratello, ecc. Sono tutte quelle persone che corrono dietro all'ultima moda o all'ultimo prodotto.
La folla non ha personalità: vive solo come insieme, ma non come singolo. Nessuno di loro è il diretto responsabile della morte di Gesù, eppure proprio loro lo hanno condannato a morte. Mt attraverso i suoi personaggi dice: "Siete tutti colpevoli, direttamente o no, perché tutti per paura o per interesse l'avete tradito e non avete preso le sue parti".
Luca mostra invece Gesù come colui che perdona tutti.
Luca edulcora i vari personaggi: i discepoli sono rimasti fedeli a Gesù nelle prove (22,28); nel Getsemani si addormentano solo una volta e non tre (22,39-46) ed è un sonno di tristezza; i nemici non presentano falsi testimoni come negli altri vangeli (22,66-70; Mt 26,60-62); Pilato per ben tre volte tenta di liberarlo perché è innocente (23,13-25); il popolo è addolorato per ciò che succede (23,27) e perfino uno dei due ladroni è buono (23,39-43).
In Lc Gesù si preoccupa di tutti: guarisce l'orecchio del servo durante l'arresto (22,50-51), si preoccupa per la sorte delle donne mentre sale sul Calvario (23,28-31), perdona i suoi crocefissori (23,34) e promette il paradiso al ladrone pentito (23,43).
Gesù in Luca è colui che capisce i suoi nemici: fanno così perché vivono nel buio e nelle tenebre, altrimenti non potrebbero agire così.
Questo vale sempre: la gente è cattiva non perché sia cattiva, ma perché dentro è arrabbiata; la gente è nervosa, "scattosa", suscettibile, perché dentro è inquieta e non riesce a dar voce ai turbamenti interni; la gente è giudicante perché non conosce la misericordia con sé, non conosce la tenerezza, non conosce l'amore; la gente disprezza gli altri e umilia perché non sa andare dentro il cuore degli uomini.
Gesù li perdona non perché sia giusto ciò che fanno. Gesù li perdona perché sono ciechi, non ci vedono, scambiano il male per il bene e il bene per il male; credono di essere religiosi e invece sono atei; credono di rendere omaggio a Dio e uccidono suo Figlio; credono nelle regole perché non hanno coscienza; credono di sapere e vivono nell'ignoranza totale.
Quanta gente vive così! Credono di essere liberi e, invece, sono così condizionati che neppure se ne accorgono. Credono di essere i padroni della loro vita e invece sono seduti su di un treno. Dicono: "Io faccio la mia vita", e non si accorgono che è il treno che li porta. Credono di conoscersi, ma non sanno dire cosa sono; credono di conoscere Dio perché hanno letto qualche libro o visto qualche documentario o trasmissione, per cui basta un libro di Dan Brown per metterli in confusione. Dio li perdonerà un giorno. Ma nessuno si giustifichi perché l'ignoranza (soprattutto quella "vestita" da sapere) uccide, distrugge, umilia e compie le peggiori atrocità.
Per Giovanni, invece, Gesù è l'uomo consapevole che va incontro volontariamente al suo destino. Anche se viene giustiziato in realtà è Lui il vero re.
E' sovrano di se stesso e lancia una sfida: "Io offro la mia vita per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie" (10,17-18).
I soldati romani e le guardie del tempio che vanno ad arrestare Gesù cadono a terra tramortiti quando Gesù dice la frase: "Sono io" (18,6). Nel Getsemani Gesù non prega di essere liberato dall'ora della prova e della morte, come negli altri vangeli, perché quell'ora costituisce lo scopo di tutta la sua vita (12,27). Gesù è così sicuro di sé che il sommo sacerdote si sente offeso (18,22). Pilato ha paura di fronte al Figlio di Dio che gli dice: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse dato dall'alto" (19.8.11). Giovanni non parla di Simone di Cirene: è Gesù stesso che porta la propria croce (19,17). La sua regalità è confermata in tre lingue (19,20). Gesù non è solo, perché con lui, ai piedi della croce, c'è sua madre e il discepolo che egli amava (19,25-27). Gesù non grida: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato", perché il Padre è sempre con lui (16,32); le sue ultime parole esprimono, invece, una decisione solenne: "Tutto è compiuto" (19,30). Perfino la sua morte è fonte di vita perché da lui sgorga acqua viva (7,38-39). La sua sepoltura non è improvvisata, come negli altri vangeli; grazie a Nicodemo, il corpo è cosparso di cento libbre di mirra e aloe, come si conviene ad un re (19,38-42).
Il Gesù di Giovanni è l'uomo che è pienamente consapevole di ciò che succede. Per questo è il vero re. E' il vero re perché è lui che domina la scena, è lui che "vuole" la sua morte. Non che Gesù voglia morire, ma non si vuole sottrarre alla fedeltà di ciò che crede e di ciò che sente. Per questo va fino in fondo, con grande dignità e regalità.
Il Gesù di Giovanni smaschera i falsi re di questo mondo: le veline, i politici, i calciatori, i potenti, gli uomini di successo. Come Pilato e i sommi sacerdoti, credono di gestire e di dominare il mondo. Si sentono forti e chissà chi. Ma la vera regalità non è mai legata a ciò che fai o a ciò che hai; la vera regalità è legata alla persona che sei.
Regalità è Gino Strada, Alex Zanotelli e tanti altri che lottano per la verità e che hanno il coraggio di schierarsi e di mettersi in prima linea. Regalità è lottare per ciò che si crede e rimanere fedeli a ciò che si dice di credere. Regalità è andare fino in fondo e pagare di persona.
Perché quattro storie della passione? Non c'è stata un'unica passione?
Ciascuno ha visto con i propri occhi quanto accaduto e tutto questo ha parlato al cuore di ognuno in maniera diversa.
Anche quest'anno mi accosto alla lettura della passione: non sono come l'anno scorso, né sarò così l'anno prossimo. Quest'anno mi parlerà in maniera diversa, quest'anno mi identificherò più in un personaggio che non in un altro; quest'anno emergerà più forte un sentimento che non un altro.
In silenzio, nel silenzio del mio cuore leggo e mi ascolto.
In silenzio, nel silenzio di chi sa di trovarsi di fronte alla vicenda del Figlio di Dio, ma anche alla vicenda di ogni uomo, lascio che queste parole mi entrino nell'anima.
In silenzio, nel silenzio del mio cuore leggo questa vicenda e osservo dove sono io.
Pensiero della Settimana
Passione è intensità, esserci dentro e non sottrarsi.
Vivo intensamente il giovedì santo: l'amore, il dono, la condivisione.
Vivo intensamente il venerdì santo: il dolore, l'abbandono, la ferita.
Vivo intensamente il sabato santo: il rialzarsi, la luce, la forza.
In ogni cosa ci sarò dentro e tutte le cose saranno dentro di me.

Commenti

Post più popolari