Missionari della Via " Misericordia senza limiti. "
Commento su Luca 15,1-3.11-32
Missionari della Via
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (06/03/2016)
Vangelo: Lc 15,1-3.11-32
Siamo nella domenica della gioia e la liturgia ci ricorda dov'è la vera gioia: nello stare con il Padre,
aprendoci alla sua misericordia senza limiti.
Gesù con questa parabola "del Padre misericordioso" risponde ad alcuni farisei, ossia agli scrupolosi e freddi osservanti della legge di Dio che si ritenevano giusti e che mormoravano perché vedevano Gesù mangiare e far festa con i peccatori e proprio non lo capivano!
Abbiamo due figli nei quali ci siamo tutti noi e un padre davvero speciale.
Un figlio ad un certo punto vuole andarsene via di casa: vuole godersi la vita, facendo di testa sua; in quella casa ci sta stretto. Pensa male di suo padre, lo vede come un limite alla sua libertà e decide di andare lontano da Lui, cercando altrove la felicità: nei festini, nei vizi, nella sessualità sfrenata, nel denaro facile... Qui ci siamo tutti noi quando vogliamo fare a meno di Dio nelle grandi come nelle piccole scelte di ogni giorno, pensando di far meglio di testa nostra, senza obbedire ai suoi comandamenti e all'insegnamento della Chiesa.
Ed ecco il fallimento; il figlio si ritrova a pascolare porci, cioè ha perso la sua dignità. Si ritrova solo, schiavo di un altro padrone che non gli dà neanche da mangiare; il pen-are male di suo padre l'ha portato al fallimento. Questo è il peccato: non è qualcosa di bello che non si può fare perché qualcuno te lo vieta, ma è la tua rovina, la tua morte! Questo figlio era perso ed è stato ritrovato, era morto ed è tornato in vita, dirà il Padre. Il peccato ci porta a vivere in modo disumano, animale, accontentandoci di seguire tutti i nostri istinti e le nostre voglie, schiavi del maligno, incapaci di puntare a qualcosa di più alto, di più bello, di spenderci per amore per il bene degli altri.
Questo figlio rientra poi in se stesso e si rende conto di aver peccato, di aver "fallito il bersaglio" e decide di ritornare da suo padre. È interessante: rientrò in sé. Dov'era prima? Era fuori di sé, fuori dalla verità. La sofferenza gli permette di rientrare in sé, di avvertire nostalgia di suo padre, della bellezza, della sua vera dignità. In ogni uomo c'è questo luogo intimo, questa verità profonda dove uno ricorda di essere figlio e non pascolatore di porci. Il padre gli corre incontro e senza dirgli niente, lo riabbraccia, gli ridà la sua dignità di figlio e fa festa! È felice di averlo ritrovato! E questo figlio entra nella gioia, scoprendo dov'è la vera festa: non fuori, ma lì, nella casa del Padre, in comunione con Lui. Questa festa Dio la fa ogni volta che qualcuno ritorna a Lui, ogni volta che io e te ci confessiamo, che dopo aver cercato "fuori dalla ca-a del Padre", cioè fuori dalla sua volontà e dalla Sua Parola la felicità, rientriamo in noi e ci andiamo a confessare dal sacerdote!
C'è poi l'altro figlio, il maggiore: nonostante sia sempre stato con il Padre, è incapace di gioire e di fare festa per il fratello ritrovato. È uno che sta lì fisicamente ma non con il cuore, che fa le cose solo perché deve: vive tutto come un peso, parla come un servo. Ha scambiato suo padre per il suo padrone; non c'è intimità, affetto; non ha capito chi è suo padre, quanto sia buono e generoso e non si gode la gioia di essere suo figlio. Il padre è stupito: ma come figlio mio, sei qui con me, è tutto tuo... ma che dici? Ma l'ha capito che fine stava facendo questo tuo fratello? Quanti vivono così il loro cristianesimo: come una serie di cose da fare per Dio che li deve ripagare con benefici e privilegi; che fanno continui confronti con gli altri, guardando di sbieco chi dopo aver sbagliato ritorna al Signore o chi, a loro parere, sta meglio di loro; che fanno la gara dei meriti e che alla prima sofferenza se la prendono con Dio, rinfacciandogli tutti i loro servigi mal ripagati; che guardano quasi con invidia persino chi sta fuori dalla chiesa e pecca, della serie: beato te che puoi... senza aver capito che essere cristiani non è un peso, è una grazia! Che la vera festa è stare proprio nella Chiesa, nella casa del Padre, lì dove possiamo stare uniti a Lui e avere in noi la sua vita. Stare nella casa del Padre, attingere al suo amore, al suo perdono, alla sua forza, diventando come Lui: questa è la vera gioia!
Fonte:qumran2.net
Missionari della Via
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (06/03/2016)
Vangelo: Lc 15,1-3.11-32
Siamo nella domenica della gioia e la liturgia ci ricorda dov'è la vera gioia: nello stare con il Padre,
aprendoci alla sua misericordia senza limiti.
Gesù con questa parabola "del Padre misericordioso" risponde ad alcuni farisei, ossia agli scrupolosi e freddi osservanti della legge di Dio che si ritenevano giusti e che mormoravano perché vedevano Gesù mangiare e far festa con i peccatori e proprio non lo capivano!
Abbiamo due figli nei quali ci siamo tutti noi e un padre davvero speciale.
Un figlio ad un certo punto vuole andarsene via di casa: vuole godersi la vita, facendo di testa sua; in quella casa ci sta stretto. Pensa male di suo padre, lo vede come un limite alla sua libertà e decide di andare lontano da Lui, cercando altrove la felicità: nei festini, nei vizi, nella sessualità sfrenata, nel denaro facile... Qui ci siamo tutti noi quando vogliamo fare a meno di Dio nelle grandi come nelle piccole scelte di ogni giorno, pensando di far meglio di testa nostra, senza obbedire ai suoi comandamenti e all'insegnamento della Chiesa.
Ed ecco il fallimento; il figlio si ritrova a pascolare porci, cioè ha perso la sua dignità. Si ritrova solo, schiavo di un altro padrone che non gli dà neanche da mangiare; il pen-are male di suo padre l'ha portato al fallimento. Questo è il peccato: non è qualcosa di bello che non si può fare perché qualcuno te lo vieta, ma è la tua rovina, la tua morte! Questo figlio era perso ed è stato ritrovato, era morto ed è tornato in vita, dirà il Padre. Il peccato ci porta a vivere in modo disumano, animale, accontentandoci di seguire tutti i nostri istinti e le nostre voglie, schiavi del maligno, incapaci di puntare a qualcosa di più alto, di più bello, di spenderci per amore per il bene degli altri.
Questo figlio rientra poi in se stesso e si rende conto di aver peccato, di aver "fallito il bersaglio" e decide di ritornare da suo padre. È interessante: rientrò in sé. Dov'era prima? Era fuori di sé, fuori dalla verità. La sofferenza gli permette di rientrare in sé, di avvertire nostalgia di suo padre, della bellezza, della sua vera dignità. In ogni uomo c'è questo luogo intimo, questa verità profonda dove uno ricorda di essere figlio e non pascolatore di porci. Il padre gli corre incontro e senza dirgli niente, lo riabbraccia, gli ridà la sua dignità di figlio e fa festa! È felice di averlo ritrovato! E questo figlio entra nella gioia, scoprendo dov'è la vera festa: non fuori, ma lì, nella casa del Padre, in comunione con Lui. Questa festa Dio la fa ogni volta che qualcuno ritorna a Lui, ogni volta che io e te ci confessiamo, che dopo aver cercato "fuori dalla ca-a del Padre", cioè fuori dalla sua volontà e dalla Sua Parola la felicità, rientriamo in noi e ci andiamo a confessare dal sacerdote!
C'è poi l'altro figlio, il maggiore: nonostante sia sempre stato con il Padre, è incapace di gioire e di fare festa per il fratello ritrovato. È uno che sta lì fisicamente ma non con il cuore, che fa le cose solo perché deve: vive tutto come un peso, parla come un servo. Ha scambiato suo padre per il suo padrone; non c'è intimità, affetto; non ha capito chi è suo padre, quanto sia buono e generoso e non si gode la gioia di essere suo figlio. Il padre è stupito: ma come figlio mio, sei qui con me, è tutto tuo... ma che dici? Ma l'ha capito che fine stava facendo questo tuo fratello? Quanti vivono così il loro cristianesimo: come una serie di cose da fare per Dio che li deve ripagare con benefici e privilegi; che fanno continui confronti con gli altri, guardando di sbieco chi dopo aver sbagliato ritorna al Signore o chi, a loro parere, sta meglio di loro; che fanno la gara dei meriti e che alla prima sofferenza se la prendono con Dio, rinfacciandogli tutti i loro servigi mal ripagati; che guardano quasi con invidia persino chi sta fuori dalla chiesa e pecca, della serie: beato te che puoi... senza aver capito che essere cristiani non è un peso, è una grazia! Che la vera festa è stare proprio nella Chiesa, nella casa del Padre, lì dove possiamo stare uniti a Lui e avere in noi la sua vita. Stare nella casa del Padre, attingere al suo amore, al suo perdono, alla sua forza, diventando come Lui: questa è la vera gioia!
Fonte:qumran2.net
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