MONASTERO DI RUVIANO, "SIAMO NOI LA DONNA ADULTERA!"
SIAMO NOI LA DONNA ADULTERA!
Is 43, 16-21; Sal 125; Fil 3, 8-14; Gv 8, 1-11
Ormai il nostro itinerario quaresimale è quasi compiuto; domenica prossima dovremo essere pronti ad
entrare con Gesù nella sua Passione…oggi, però, la liturgia ci fa ancora sostare per donarci delle parole che, entrando in noi, ci portino tutta la dolcezza e le esigenze della Buona Notizia.
Alla vigilia di questa Pasqua c’è un grande annunzio di misericordia, quella misericordia che guidò il popolo di Dio a libertà creando una novità in cui vivere e dimorare: il testo di del libro di Isaia che oggi si legge è una memoria ed un invito: memoria dei prodigi dell’Esodo, invito a lasciarsi definitivamente alle spalle l’Egitto ed i suoi dolori, l’Egitto e le sue catene idolatriche; lo sguardo, dice il profeta, va volto verso il Signore e la sua opera di salvezza.
Questo tempo di Quaresima è servito anche a noi per lasciarci alle spalle un passato imprigionante per aprirsi a quel novum che solo Dio sa compiere?
La Pasqua è alle porte, ed è tempo di decidere per una riduzione di tutto all’essenziale; essenziale è esporre al Signore e alla potenza della sua Pasqua ciò che siamo in questo momento preciso della nostra vita di credenti; è tempo di rimanere davanti al Signore solamente con la nostra miseria e con la nostra fatica per lottare per l’Evangelo. Proprio come la donna adultera di questo straordinario passo evangelico che, attraverso peripezie e rifiuti, ci è stato consegnato nell’evangelo di Giovanni: tanti, infatti, nei primi secoli, fecero fatica a considerarlo ispirato e vera parola dell’Evangelo…in tempi di grande lotta per un rigido rigore morale, a tanti parve lassista, giustificante…
Agostino così parla dei cristiani che eliminavano questo racconto dall’Evangelo: «fedeli di poca fede o meglio nemici della fede che temono che l’accoglienza del Signore per la peccatrice desse la patente di impunità agli adulteri delle loro mogli».
Il testo che oggi la Chiesa legge nel quarto Evangelo realizza in pieno la parabola lucana che ascoltammo domenica scorsa: quello che Gesù ha narrato nella storia del Padre misericordioso lo ha realizzato davvero con questa povera donna.
C’è di più: questo straordinario racconto ci conduce al cuore dell’Evangelo di Gesù, il Figlio che non giudica nessuno (cfr. Gv 7, 19.23.24.51; Gv 8, 15.17) ma che per questo sarà giudicato.
Qui il vero imputato è Gesù; la donna è solo un pretesto per poter giudicare e condannare Lui. Il perdono dei peccati infatti costerà caro a Gesù: sarà ucciso Lui, innocente, per salvare dalla morte i colpevoli. Già in questo stesso capitolo tenteranno di lapidarlo (Gv 8, 59) e poi lo innalzeranno sulla croce. In Gesù ci è rivelato il vero volto di Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito (Gv 3, 16).
Siamo noi la donna adultera: adulteri tutti, perché non amiamo abbastanza il nostro Sposo; ogni giorno Lui però ci rinnova e noi siamo capaci di cogliere la sua parola rinnovante che ci libera dalle pietre del peccato che ci accusa e vorrebbe schiacciarci, quando abbiamo il coraggio e la grazia di restare soli davanti a Gesù. Allora, come scrive Agostino: "Relicti sunt duo: miseria et misericordia!" “Sono restati due soltanto: la miseria e la misericordia!”
Io la miseria; Lui la misericordia!
In fondo, se celebriamo così questa Pasqua avremo accesso ad una verità grande e liberante: la mia miseria ha solo assoluto bisogno della misericordia del Cristo; la sua misericordia sarà vincente in un Amore che non si spaventa di pagare per me un caro prezzo (1Cor 6, 20).
Il dito di Gesù che scrive per terra sul lastricato del Tempio (non si parla di polvere o di sabbia!) è forse il dito di Dio che scrive il compimento della Torah: la Legge si compie nella misericordia senza limiti, come scriverà Paolo: «pieno compimento della Legge è l’amore» (Rm 13, 10b; Gal 5, 14).
Questo scrivere di Gesù è allora un gesto profetico, e l’autore dell’Evangelo non entra in merito a ciò che Gesù ha scritto (quante ipotesi sono state fatte su questo nei secoli!); capiamo che per l’evangelista è più importante che Gesù scriva che quello che scrive.
In questo racconto è chiara una cosa che deve essere limpida per una fede matura ed autenticamente evangelica: Gesù perdona la donna senza chiederle previamente il pentimento… solo un perdono così genera il pentimento; solo un perdono così è creatore e liberante; solo un perdono così apre innanzi al peccatore la via di un nuovo futuro, che rende capaci di scegliere, nella libertà, di amare di più e di non peccare più.
Chi fa l’esperienza di questa misericordia preveniente ha la vera conoscenza di Gesù, quella conoscenza sublime di cui Paolo parla nell’illuminante passo della Lettera ai Filippesi che oggi passa nella liturgia. Paolo ha conosciuto sulla sua pelle questa gratuità di misericordia che lo aveva amato nel suo peccato, senza nulla chiedergli prima (cfr Rm 5, 7-10); e per Paolo questa fu esperienza lacerante ed assieme liberante!
Infatti dinanzi a questa conoscenza tutto si dilegua, soprattutto la nostra pretesa giustizia: l’unica giustizia che possiamo avere è quella derivante dalla fede, dall’adesione a Lui; resta poi il compito di lottare per custodire il dono di Dio e per affermare la signoria di Cristo e della sua misericordia nelle nostre vite.
Paolo sa di poter lottare perché si sente afferrato, conquistato, vinto da Cristo. L’amore preveniente, misericordioso e crocifisso di Cristo Gesù davvero ci vince se sappiamo rimanere con coraggio soli nella nostra miseria davanti alla sua misericordia. Il confronto sarà lì!
Nella Grande Settimana che tra poco inizia questo confronto potrà essere pieno: il solo Giusto non condanna, non scaglia pietre di odio, ma farà cadere su di sé la condanna per il peccato!
Poniamoci allora, con tutto ciò che siamo, davanti a Lui!
p. Fabrizio Cristarella Orestano
Commenti
Posta un commento