. mons. Benigno Papa Commento VEGLIA PASQUALE

VEGLIA PASQUALE
Lc 24,1-12
27 Marzo 2016 VICARIATO DI ROMA  Ufficio Liturgico
 Commento di S.E. mons. Benigno Papa
1. La Chiesa invita i suoi figli a celebrare l’evento della risurrezione di Gesù in un contesto di
preghiera e di ascolto della Parola. La veglia pasquale ha il suo fondamento nelle stesse parole dette da Gesù risorto agli apostoli «Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me, nella legge di Mose, nei profeti e nei Salmi» (Lc 24,44). Alle letture della legge, dei profeti e dei Salmi che contengono alcune prefigurazioni della risurrezione di Gesù, vengono aggiunte le testimonianze del Vangelo, della tradizione apostolica e l’espressione lirica della fede cristiana espressa nel canto dell’Exultet. La struttura liturgica della veglia pasquale esprime la consapevolezza della Chiesa che la risurrezione di Gesù è il punto vertice della storia della salvezza: tutto conduce a questo avvenimento e tutto prende luce da esso. È un evento che celebra il trionfo della vita sulla morte non solo nella persona di Gesù ma in tutta l’umanità con ripercussioni su tutto il creato. È una “nuova creazione” (Gal 6,15). Questo evento oggettivo della storia della salvezza diventa evento di grazia per i singoli cristiani e per le comunità cristiane nell’ascolto della Parola, nella celebrazione del battesimo e dell’Eucarestia a cui la veglia pasquale ci permette di partecipare.
2. Dire con la fede cristiana che Gesù è risorto vuol dire che la sua vita non termina con la sua crocifissione e la sua sepoltura perché Dio è intervenuto e ha glorificato quell’umanità di Gesù che gli uomini avevano rifiutato, flagellato, schernito e crocifisso. La risurrezione di Gesù non è uguale alla risurrezione di Lazzaro, perché non si tratta di una rianimazione di cadavere che ritorna a vivere un’esistenza intramondana. Gesù risorto vive nella gloria del Padre una vita nuova, non più legata al tempo e allo spazio, è una vita senza fine. Vive senza appartenere più a questo mondo, ma agendo in esso, essendo diventato con la risurrezione non solo il Vivente (Lc 24,5) ma  - dice san Paolo - «Spirito che dà vita» (1Cor 15,45). Gesù risorto è Colui che vive e fa vivere. Lo scopo della sua risurrezione è proprio quello di far sì che gli uomini vivano come lui è vissuto (2Cor 5,15). Egli vive nei suoi discepoli diventati per la sua risurrezione e il battesimo “creature nuove” (2Cor 5,17), vive negli apostoli che, da timidi spettatori della sua morte, sono diventati coraggiosi testimoni della sua risurrezione. Vive nel suo messaggio che già nel giro di pochi anni aveva superato gli angusti confini della sua terra di origine e si era esteso in tutto il bacino del Mediterraneo. Vive nella storia alla quale ha dato e dà un nuovo senso direzionale di vita e di speranza, rendendo possibile che gli uomini passino da una vita di egoismo e di morte a un’esistenza di amore e di spirituale risurrezione.
La risurrezione di Gesù è un intervento di Dio che ha la valenza di un giudizio positivo nei confronti del Nazareno e negativo verso tutti coloro che sono responsabili della sua crocifissione. Risuscitato Gesù da morte, Dio si schiera dalla sua parte, si dichiara in favore di tutto ciò che egli ha detto di sé, ha compiuto per gli uomini e ha proposto loro con l’autorità della sua persona. La causa di Gesù diventa così la causa stessa di Dio, e dal momento che in Gesù Verbo di Dio fatto carne (Gv 1,14) era la vita (Gv 1,4) la sua condizione di crocifisso doveva essere rovesciata. Allo stesso tempo la risurrezione di Gesù è un evento di condanna per tutti coloro che non hanno accolto Gesù e lo hanno condotto alla morte e per tutti coloro che nella storia del mondo non accolgono Gesù e lo continuano a crocifiggere nei poveri che finiscono per essere esclusi dal contesto sociale moderno.
3. L’evangelista Luca dà alla risurrezione di Gesù un posto centrale nella struttura letteraria della sua opera (Vangelo e Atti degli apostoli): è la conclusione della vita di Gesù che prepara gli inizi della vita della Chiesa e tutta la sua missione nel mondo. L’ultimo capitolo del Vangelo e i primi quattordici versetti degli Atti degli Apostoli servono da transizione dalla prima alla seconda parte della sua opera, dalla vita di Gesù alla vita della Chiesa.
La testimonianza della risurrezione di Gesù che Luca ci ha lasciato si distingue dai racconti pasquali degli altri evangelisti per tre particolarità.
Le apparizioni del Risorto che egli racconta hanno tutte luogo a Gerusalemme o nei dintorni di questa città. Anche nel racconto della risurrezione di Gesù, Luca rimane fedele al suo progetto letterario e teologico secondo cui la vita di Gesù è un cammino verso Gerusalemme. In questa città Gesù muore, risorge e sale al cielo da dove invia lo Spirito Santo sugli apostoli che partono da Gerusalemme per predicare il Vangelo a tutto il mondo spingendosi fino a Roma, capitale del mondo pagano. La centralità geografica della città di Gerusalemme è correlata con la centralità che Gesù ha nel tempo: tutta la storia della salvezza converge verso l’evento della risurrezione di Gesù e a partire da questo evento la storia dell’umanità acquista nuova luce e un nuovo dinamismo vitale.
La seconda peculiarità della testimonianza della risurrezione che ci offre Luca sta nel fatto che tutto ciò che egli narra degli avvenimenti pasquali ha luogo in un solo giorno, lo stesso giorno della sua risurrezione. È un informazione questa che è in contrasto con la testimonianza di Paolo (1Cor 15,6) e con quanto Luca stesso dice nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli dove parla di Gesù che appare a essi per quaranta giorni (At 1,3). Nello sfondo della narrazione lucana degli eventi pasquali c’è, con molta probabilità, la tradizione della Chiesa primitiva che si riunisce per il rito dello “spezzare il pane”, nel primo giorno della settimana (1Cor 16,20; At 20,7), detto perciò il giorno del Signore (Ap 1,10), la nostra Domenica. La celebrazione eucaristica della domenica cristiana ha perciò la sua radice nella risurrezione di Gesù e nella prassi della Chiesa nascente che, nel primo giorno della settimana detto anche ottavo giorno, si riunisce per il memoriale sacramentale della Pasqua.
La terza peculiarità è data dal fatto che il racconto evangelico degli eventi pasquali è costruito in maniera tale da formare una sola unità letteraria, nella quale in maniera progressiva Gesù risorto rivela la sua identità: prima alle donne servendosi di due suoi messaggeri (24,1-12), poi a due discepoli ai quali appare nella figura di un anonimo viandante (24,13-36), infine agli apostoli ai quali appare nell’interezza della sua persona. Per convincere le donne dell’avvenuta risurrezione di Gesù i messaggeri divini rimandano alle sue parole (Lc 9,22), ai discepoli di Emmaus, l’anonimo viandante fa una catechesi a partire da Mosè e dai profeti, agli apostoli il Risorto stesso fa una catechesi a partire dalla legge di Mosè, dai profeti e dai Salmi. Una volta convinti del fatto della risurrezione, gli apostoli possono essere mandati in missione. Il Risorto li benedice e si separa da loro. Essi dopo averlo adorato, con grande gioia tornano a Gerusalemme.
4. La prima rivelazione della risurrezione di Gesù è affidata a due messaggeri divini in dialogo con le donne che avevano seguito Gesù dalla Galilea (8,2-3), avevano osservato la sua morte (Lc 23,49) e la modalità con cui era stato deposto il corpo di Gesù nella tomba offerta da Giuseppe di Arimatea. Esse il primo giorno della settimana si recano al sepolcro per completare la sepoltura di Gesù con le unzioni (Lc 23,56). Ma vanno incontro a delle sorprese: trovano «la pietra rotolata via dal sepolcro» a cui non avevano pensato ed entrate nel sepolcro «non trovarono il corpo del Signore Gesù» a cui invece avevano pensato, anzi, esso costituiva la ragione della loro visita al sepolto. Questa duplice sorpresa lascia le donne perplesse, pensose. Ciò che esse constatano esige una spiegazione. Ma la vera spiegazione può essere data soltanto da due messaggeri divini che appaiono loro in vesti sfolgoranti e verso i quali esse si inchinano in segno di venerazione, manifestando così la loro disponibilità all’ascolto. Anche qui un’altra sorpresa: i messaggeri di Dio non danno alcuna spiegazione in merito alla pietra rotolata via né in merito al corpo del Signore Gesù che non era più nel sepolcro. Il loro intervento va in un’ altra direzione: «Perché cercate tra i morti il Vivente?» È una domanda che nobilita l’iniziativa delle donne perché fa di esse delle persone che “cercano il Signore”, ma nello stesso tempo le rimprovera dicendo loro di essere andate sulla strada sbagliata. Il Vivente non può essere cercato in un luogo ove si custodiscono i morti. Ecco la prima domanda a cui il brano evangelico intende rispondere: dove incontrarsi con il Risorto? Qual è il luogo in cui si può trovare? Ai Sadducei Gesù aveva detto che «Dio non è un Dio dei morti ma dei vivi perché tutti vivono per lui» (Lc 20,38). San Paolo ci viene in aiuto dicendo che Gesù non è soltanto il Vivente ma è Spirito che dà vita (1Cor 15,45). È dunque nella comunità cristiana che vive dello Spirito del Signore Gesù ricevuto al battesimo che si può incontrare il Risorto soprattutto quando essa è riunita per celebrare il memoriale della Pasqua. I messaggeri divini aggiungono alle donne che l’evento della risurrezione di Gesù era stato già preannunciato nel corso del suo ministero nella Galilea (Lc 9,22.44). Esse si ricordarono di tali parole. Noi saremmo curiosi di sapere se le donne hanno creduto a quanto detto loro dagli Angeli (Lc 24,7) cosa che non è esplicitamente detta nel testo evangelico ma dopo tale incontro diventarono le prime missionarie perché annunciarono tutto quanto era loro accaduto «agli undici e agli altri» anche se con risultato negativo. Gli apostoli infatti non credettero a esse. Le donne ebbero il merito di suonare l’allarme, di dare il primo annuncio, tant’è che Pietro «corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende» segno questo che il corpo del Signore Gesù non era stato trafugato. La sua reazione fu «lo stupore per l’accaduto». Lo stupore è quello stato d’animo intermedio tra l’incredulità e la fede. Il ruolo istituzionale di Pietro lo induce a ritenere che quanto avevano visto e udito le donne esigeva un approfondimento.

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