Mons.Antonio Riboldi, "Dalla Passione del Signore, nasce una domanda essenziale: ‘Chi sono io?"

Omelia del 20 marzo 2016
DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE
Vangelo: Lc 22,14-23,56
Con la Domenica delle Palme, inizia la Settimana, che mette a nudo quanto Dio ci ami: una
Settimana, in cui sfilano davanti alla nostra fede i grandi momenti, irripetibili, della vita di Gesù.
Anche nella liturgia odierna vi sono due momenti: il primo è l’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme, accolto con palme ed acclamato dalla folla e il secondo la lettura della Passione del Signore. Il primo momento è quasi un’inaspettata epifania, manifestazione del Cristo. Gesù lascia che sia riconosciuta la sua vera identità di Figlio di Dio e la sua missione di Messia, quasi a voler confermare la nostra fede, prima del Suo essere annientato dalla Passione e morte in croce, come Figlio dell’Uomo.
L’entrata di Gesù a Gerusalemme inizia con una richiesta del Maestro a due suoi discepoli: ‘Andate nel villaggio di fronte: entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui. E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete? Direte così: il Signore ne ha bisogno’ … Lo condussero da Gesù e, gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto dicendo: ‘Benedetto Colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in terra, e gloria nel più alto dei cieli!’. Alcuni farisei tra la folla, gli dissero: ‘Maestro, rimprovera i tuoi discepoli’. Ma egli rispose: ‘Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre’”. (Lc. 19, 28-40)
La richiesta di Gesù di procurargli un puledro, per fare una ‘strana’ entrata in Gerusalemme, deve avere procurato un poco di stupore. Non aveva mai fatto una tale richiesta né un simile gesto.
La Sua vita era stata una rivelazione del Cuore del Padre. Aveva veramente accostato tutti, a cominciare dai poveri, dagli ultimi, ossia da quanti si riconoscevano bisognosi di amore, senza fare preferenze o distinzioni. Si era fatto trovare sulla strada da tutti, indifferenti, deboli, e potenti, poveri e ricchi, amici e nemici, offrendo ‘nulla’ e donando ‘il tutto’, cioè l’esperienza di essere amati con tutta la potenza e fedeltà dell’Amore. Aveva incontrato consenso e dissenso, l’amicizia di chi voleva seguirlo incondizionatamente e l’odio di chi progettava già la Sua morte.
Agli amici, che cercavano – e cercano oggi – la bellezza di amare ed essere amati, aveva chiesto di liberarsi dal ciarpame della vita, offrendo in dono se stessi. Questi a volte si erano entusiasmati di Lui, ma non sempre erano riusciti a capire la durezza della povertà, da Lui scelta, anche se era ed è il solo terreno fertile per la totale libertà dello spirito e la piena disponibilità a farsi dono. Ma lo avevano amato, e alla fine … seguito. Non così i suoi nemici, dei quali ‘la povertà di spirito’ metteva in discussione facili ipocrisie, potenze umane che sono sempre la maschera dell’uomo che vuole primeggiare su tutti, e diventano il vero e grave impedimento per l’incontro con Lui e incapacità a gustare la bellezza del farsi dono e gioia per i fratelli. Ed erano tutti presenti, gli uni e gli altri!
Forse in quel momento lo sguardo di Gesù si sarà posato con dolcezza e commozione sulla folla di ‘poveri in spirito e semplici di cuore’, Suoi amici, che davano prova di credere nella potenza dell’Amore, ma il suo trionfo, senza armi o eserciti, a dorso di un puledro, era un’aperta ‘sfida’ alla superbia di altri. Su quel puledro Gesù manifesta tutta la Sua mansuetudine che Lo renderà – e Lo rende ancora oggi – l’Agnello pronto ad essere umiliato, senza opporre resistenza.
Ma negli occhi e nel cuore di Gesù, lungo tutta la Sua atroce Passione e inumana Morte, sono rimasti e rimangono i Suoi amici, che sempre ignorano lo scherno dei potenti e si fanno illuminare ed esaltare dall’unica e vera forza dell’umiltà e della povertà. I ‘grandi e potenti del mondo’ possono pensare: quale importanza può avere UNO che si presenta a dorso di un puledro? Gesù a tutti costoro, ancora oggi, risponde: ‘Grideranno le pietre!’. Quanti discepoli, dopo di Lui, hanno cavalcato e cavalcano ‘il puledro’ dell’umiltà e della povertà, fino a farsi mettere ai margini della stima umana. Il mondo li ha ritenuti e li considera ‘pazzi’, per poi forse troppo tardi accorgersi che sono essi, i santi, i cardini della civiltà vera, dell’uomo creato a immagine di Dio e non della superbia umana.
Gesù, sia pure tra le acclamazioni della folla, era consapevole di quanto lo attendeva: dall’Ultima Cena, al tradimento di Giuda, alla fuga degli Apostoli, a quel passare da un tribunale all’altro, alla flagellazione, all’incoronazione di spine, alle percosse e agli sputi sul Suo meraviglioso Volto, la via Crucis verso il Calvario e la Crocifissione. Chissà quanto avrà pianto ‘dentro il cuore’.
Ma sapeva che tutto questo era necessario per salvare me, voi, ogni uomo.
Ed allora, davanti alla Passione del Signore, nasce una domanda essenziale: ‘Chi sono io?’ Prepariamoci nell’anno giubilare della Misericordia, riflettendo e pregando in sincerità di cuore con le parole di Papa Francesco: “Chi sono io, davanti al mio Signore? Sono capace di esprimere la mia gioia, di lodarlo o prendo le distanze? Chi sono io, davanti a Gesù che soffre? … I discepoli che si addormentavano mentre il Signore soffriva. La mia vita è addormentata? O sono come i discepoli, che non capivano che cosa fosse tradire Gesù? Come quell’altro discepolo che voleva risolvere tutto con la spada: sono io come loro? Sono io come Giuda, che fa finta di amare e bacia il Maestro per consegnarlo, per tradirlo? Sono io come quei dirigenti che di fretta fanno il tribunale e cercano falsi testimoni? E quando faccio queste cose, se le faccio, credo che con questo salvo il popolo? Sono io come Pilato? Quando vedo che la situazione è difficile, mi lavo le mani e non so assumere la mia responsabilità e lascio condannare – o condanno io – le persone? Sono io come quella folla che non sapeva bene se era in una riunione religiosa, in un giudizio o in un circo, e sceglie Barabba? Per loro è lo stesso: era più divertente … Sono io come quelle donne coraggiose, e come la Mamma di Gesù, che erano lì, soffrivano in silenzio o come le due Marie che rimangono davanti al Sepolcro piangendo, pregando? Sono io come quei capi che il giorno seguente sono andati da Pilato per dire: “Guarda che questo diceva che sarebbe risuscitato. Che non venga un altro inganno!”, E bloccano la vita, bloccano il sepolcro per difendere la dottrina, perché la vita non venga fuori? Dov’è il mio cuore? A quale di queste persone io assomiglio?” Che questa domanda ci accompagni durante tutta la Settimana Santa per viverla intensamente, in unione di fede e di amore, per una vera Pasqua di Resurrezione. Ne abbiamo tutti bisogno!

 Fonte:Antonio, Vescovo

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