padre Ermes Ronchi, "Dio perdona con una carezza, un abbraccio, una festa"

Dio perdona con una carezza, un abbraccio, una festa
IV Domenica Quaresima
Anno C
(Letture: Giosuè 5,9-12; Salmo 33; 2 Corinzi 5,17-21; Luca 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli
scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie
peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto (...).
Un padre aveva due figli. Ogni volta questo inizio, semplicissimo e favoloso, mi affascina, come se qualcosa di importante stesse di nuovo per accadere. Nessuna pagina al mondo raggiunge come questa la struttura stessa del nostro vivere con Dio, con noi stessi, con gli altri. L'obiettivo di questa parabola è precisamente quello di farci cambiare l'opinione che nutriamo su Dio.
Io voglio bene al prodigo. Il prodigo è legione ed è storia. Storia di umanità ferita eppure incamminata. Felix culpa che gli ha permesso di conoscere più a fondo il cuore del Padre.
Se ne va, un giorno, il più giovane, in cerca di se stesso, in cerca di felicità. La casa non gli basta, il padre e il fratello non gli bastano. E forse la sua ribellione non è che un preludio ad una dichiarazione d'amore. Quante volte i ribelli in realtà sono solo dei richiedenti amore.
Cerca la felicità nelle cose, ma si accorge che le cose hanno un fondo e che il fondo delle cose è vuoto. Il prodigo si ritrova un giorno a pascolare i porci: il libero ribelle è diventato un servo, a disputarsi il cibo con le bestie.
Allora ritorna in sé, dice il racconto, chiamato da un sogno di pane (la casa di mio padre profuma di pane...) Ci sono persone nel mondo con così tanta fame che per loro Dio non può avere che la forma di un Pane (Gandhi).
Non torna per amore, torna per fame. Non torna perché pentito, ma perché ha paura e sente la morte addosso.
Ma a Dio non importa il motivo per cui ci mettiamo in viaggio. È sufficiente che compiamo un primo passo. L'uomo cammina, Dio corre. L'uomo si avvia, Dio è già arrivato. Infatti: il padre, vistolo di lontano, gli corse incontro...
E lo perdona prima ancora che apra bocca, di un amore che previene il pentimento. Il tempo della misericordia è l'anticipo.
Si era preparato delle scuse, il ragazzo, continuando a non capire niente di suo padre. Niente di Dio, che perdona non con un decreto, ma con una carezza (papa Francesco). Con un abbraccio, con una festa. Senza guardare più al passato, senza rivangare ciò che è stato, ma creando e proclamando un futuro nuovo. Dove il mondo dice "perduto", Dio dice "ritrovato"; dove il mondo dice "finito", Dio dice "rinato".
E non ci sono rimproveri, rimorsi, rimpianti. Il Padre infine esce a pregare il figlio maggiore, alle prese con l'infelicità che deriva da un cuore non sincero, un cuore di servo e non di figlio, e tenta di spiegare e farsi capire, e alla fine non si sa se ci sia riuscito.
Un padre che non è giusto, è di più: è amore, esclusivamente amore.
Allora Dio è così? Così eccessivo, così tanto, così esagerato? Sì, il Dio in cui crediamo è così. Immensa rivelazione per cui Gesù darà la sua vita.

Fonte: http://www.avvenire.it/

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