Padre Gianmarco Paris"Fu annoverato tra i peccatori"

Commento su Luca 22,14-23,56
Domenica delle Palme (Anno C) (20/03/2016)
Vangelo: Lc 22,14-23,56 
COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Padre Gianmarco Paris
Fu annoverato tra i peccatori
Nella domenica delle palme di quest'anno la Chiesa ci invita a meditare la passione di Gesù con il
racconto che ci ha trasmesso san Luca. Se la passione e morte di Gesù sono il compimento di tutta la sua missione, se il centro della sua missione è annunciare e mostrare presente la misericordia di Dio per tutti coloro che si riconoscono peccatori, allora Luca ci guida a contemplare lo "spettacolo" della passione (23,48) come l'espressione più alta della misericordia di Dio.
Per introdurre il racconto Luca mette in bocca a Gesù durante l'ultima cena il passaggio di Isaia 53,12: "E' necessario che si compia in me la parola della Scrittura: e fu annoverato tra i malfattori" (Lc 22,37). Più degli altri evangelisti Luca sottolinea il fatto che Gesù è condotto al Calvario ed è crocifisso insieme a due malfattori; e solo lui ci presenta, nel momento finale della passione, le parole di questi due malfattori e la risposta di Gesù a uno di essi. Letteralmente la passione di Gesù è una con-passione: egli soffre insieme ad altri che sono condannati al suo stesso supplizio.
Il racconto della passione mette in evidenza un forte paradosso: più Gesù è messo al livello dei malfattori (arrestato, beffeggiato, giudicato, torturato, condannato, crocifisso, morto), e più è riconosciuto come innocente da parte di alcuni attori della passione (in particolare il procuratore romano Pilato durante il processo, il malfattore pentito sulla croce, le folle e il centurione dopo la sua morte).
In mezzo alla violenza della passione ci sono persone che manifestano partecipazione al dramma di Gesù: Simone di Cirene, che senza saperlo diventa modello per il discepolo chiamato a portare la sua croce con Gesù; ad esso corrisponde, dopo la morte, Giuseppe di Arimatea, che per compassione chiede il corpo di Gesù e lo depone nel suo sepolcro; le donne che piangono vedendo Gesù portare la croce e osservano tutto quello che avviene.
In croce Gesù pronuncia tre frasi: la prima e l'ultima sono preghiere rivolte a Dio chiamato con nome di Padre: una di intercessione, per chiedere perdono per i suoi torturatori, l'altra di affidamento, per consegnarsi totalmente nelle mani del Padre. Gesù non solo è innocente ma è anche colui che si affida con fiducia a Dio, certo che Egli conosce la sua causa.
Prima della morte Luca presenta gli oltraggi rivolti a Gesù, da parte dei capi religiosi e dei soldati: "se sei il Cristo, salva te stesso". Se Gesù è il Salvatore lo deve dimostrare ora, scendendo dalla croce! Così pensano loro. Ma Gesù non risponde. Nasce in noi una domanda: Come Gesù è salvatore? Come può salvare gli altri, se non può salvare neppure se stesso?
Le parole dei tre crocifissi ci permettono di comprendere il senso profondo di questo dramma e della salvezza di Gesù. Uno dei malfattori crocifissi oltraggia Gesù come hanno fatto gli altri: "salva te stesso e anche noi!" Gesù non risponde. Risponde invece il secondo: lo richiama al "timore di Dio" (fede); riconosce che Gesù è Dio e condannato alla loro stessa pena; riconosce il proprio peccato e l'innocenza di Gesù. A colui che agli occhi umani non è capace di salvare se stesso il malfattore chiede salvezza. "Ricordati di me": è la preghiera che l'uomo biblico rivolge a Dio perché intervenga in suo favore. Questo malfattore chiede salvezza a un uomo sfigurato dal dolore, che sta morendo come lui; se lo fa, significa che crede che quell'uomo è Dio! La più straordinaria professione di fede che troviamo nel Vangelo di Luca risuona sulle labbra di un peccatore! Da dove gli viene una fede così coraggiosa? Le parole del malfattore pentito sono la risposta alle provocazioni dei capi religiosi, dei soldati e anche del primo malfattore: Gesù non salva se stesso, non scende dalla croce, perché è venuto per cercare chi era perduto.
Nel crocifisso, nell'uomo che ha condiviso fino in fondo il destino dei peccatori, si manifesta (proprio in un modo contrario a quello che ci si aspetterebbe, nella debolezza invece della potenza) la salvezza di Dio, secondo la profezia di Isaia che Gesù cita durante l'ultima cena:
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli. (Is 53,11-12).
Così si manifesta nel massimo grado la misericordia di Dio, la sua com-passione per i peccatori. Il malfattore pentito vede in Gesù crocifisso con lui questa misericordia di Dio. Oggi sarai con me in paradiso: così Gesù conferma che la fede del malfattore è sufficiente per essere salvi. Ecco come Gesù salva; ecco perché non salva se stesso scendendo dalla croce. Quella salvezza non è per il futuro, ma per oggi. Quello che per gli altri smentiva che Gesù fosse il salvatore, per il malfattore (che diventa esempio per ogni discepolo) è invece la conferma: se Dio si è abbassato fino a dove sono arrivato io, vuole dire che mi vuole salvare! La salvezza è essere-con Gesù; e ciò è possibile perché egli è venuto a soffrire-con i peccatori. Anche il luogo della massima distanza da Dio (il peccato e la morte) è raggiunto dalla misericordia di Dio: Gesù rimane con noi anche nella morte, e ci salva dalla morte più profonda, che è quella della separazione da Dio.
Per gli uomini la croce era il segno che Gesù è lontano di Dio e dagli uomini; Egli la vive come luogo di comunione, con gli uomini peccatori e con Dio (che invoca due volte come presente).
Quando tutto dice che Gesù non è Figlio di Dio Salvatore, Gesù parla come Figlio. Capovolge così il significato della croce, che è la conseguenza del peccato: esso non separa più da Dio, perché Dio lo prende su di sé e lo perdona annullandolo. Il nostro peccato e la morte (il vuoto, la solitudine, la disperazione, che sono conseguenza del peccato) sono vinti: nessuno è escluso da questo dono della comunione con Dio. Nel luogo del peccato Gesù porta la misericordia di Dio.
"Era la vigilia di Pasqua, e già riluceva il sabato" (Lc 23,54). Quando la morte sembra vincere, ecco che fa breccia la luce che è la vita. Essa illumina di nuovo senso lo "spettacolo" della croce.

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