CARLA SPRINZELES, "Ascoltare la sua voce"


 Commento su At 13, 14.43-52; Gv 10,27-30
Carla Sprinzeles  
IV Domenica di Pasqua (Anno C) (17/04/2016)
Vangelo: Gv 10,27-30 0
In queste domeniche di Pasqua, cerchiamo di capire cosa significa essere cristiani, nella sostanza è
"fidarsi di Dio": quanto è difficile! Potessimo stringere la mano del Risorto e sapere che è forte, che nella sua mano non temiamo niente!
Le due immagini che caratterizzano la liturgia odierna sono complementari: l'immagine di Gesù Gesù quale pastore buono nei confronti del suo gregge è ripresa dal Vangelo di Giovanni; quella di Gesù come l'Agnello è ripresa dall'Apocalisse.
ATTI 13, 14, 43-52
Oggi come prima lettura si leggono gli Atti degli Apostoli, in particolare Paolo e Barnaba che diffondono il messaggio di Gesù. Sono ad Antiochia sull'altopiano dell'Anatolia.
Qui ci sono parecchi ebrei e Paolo tiene nella sinagoga il discorso missionario, in cui fa vedere la "novità" di Cristo come culmine della storia di Israele.
Vengono registrati due atteggiamenti opposti: l'accoglienza gioiosa del messaggio da parte di numerosi pagani, e il rifiuto dei Giudei murati nel loro esclusivismo nazionalistico, rosi dall'invidia, e preoccupati per la concorrenza e il successo del nuovo movimento, che si rifa a colui che hanno messo in croce!
Il sabato successivo non siamo più all'interno della sinagoga e davanti a un pubblico esclusivamente giudeo, bensì tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore.
Il rifiuto giudaico del messaggio della salvezza portato dagli apostoli è il passaggio della promessa a una salvezza universale, rivolta a tutte le genti.
Nel brano viene citata un passo di Isaia: "Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra."
Ognuno di noi, come Paolo e Barnaba può sentirsi dire: "Tu sei stato posto per essere luce delle genti"! nel nostro piccolo, dove viviamo siamo una luce per tutti perché tutti abbiano la vita e ce l'abbiano in abbondanza!
Se al tempo di Gesù i pagani si identificavano con popoli e territori, oggi il pericolo è chiudersi in noi stessi, non si sa se per autodifesa o per cercare consolazioni spirituali, per essere non luce sotto il moggio, ma luce delle genti perché solo così la salvezza giunge a tutti!
L'ostilità tra i Giudei e Paolo e Barnaba sfocia nella persecuzione aperta e grazie all'influsso dei Giudei sui "notabili e sulle "donne pie" del luogo, si ottiene la loro cacciata dei due missionari.
L'episodio segna la rottura con l'ambiente giudaico, chiuso a una visione universalistica.
Constatato il rifiuto, Paolo e Barnaba non si fermano, ma passano altrove, ai pagani.
La separazione viene espressa con il gesto di "scuotersi la polvere dai piedi". Gli ebrei facevano questo quando rientravano da un territorio pagano, che li aveva resi "impuri".
Qui lo stesso gesto è rivolto ai "puri" per rivolgersi ai lontani: di quale purezza si parla? Di tutte quelle norme igieniche che erano scritte nella legge, da cui già i profeti avevano messo in guardia, dalla pratica dell'esteriorità che non rifletteva l'interno del cuore dell'uomo.
Il Vangelo passa continuamente attraverso i contrasti, le resistenze, le opposizioni più fanatiche.
E' un "passaggio"inevitabile, che invece di bloccarlo lo spinge sempre altrove, verso gli "estremi confini della terra!"
Stiamo solo attenti a non essere noi a bloccarlo, guardiamo fuori casa se c'è il mucchietto di polvere, davanti alla nostra porta, se il Vangelo si è scosso la polvere delle nostre meschinità ed è andato altrove!
L'unico modo di non perderlo di vista è scegliere la provvisorietà.
GIOVANNI 10, 27-30
Il capitolo 10 del vangelo di Giovanni è caratterizzato dall'allegoria del pascolo, del gregge e del pastore, che è molto comune alla Bibbia, ma che è lontana dalla nostra sensibilità.
Cerchiamo il messaggio che questa metafora ci vuole trasmettere.
Gesù è nel tempio, sotto il portico di Salomone, durante la festa della Dedicazione, che ricordava la riconsacrazione del tempio avvenuta nel 164 a,C. si celebrava alla fine di dicembre.
Il dibattito tra i giudei e Gesù assume quasi l'andamento di un processo.
I giudei pongono la domanda: "Fino a quando terrai il nostro animo in sospeso? Sei tu il Messia, dillo apertamente!"
Non è Gesù che si nasconde, ma i loro occhi non vedono, Gesù ha un'identità nuova, loro cercano riferimenti al passato, non credono perchénon vogliono cambiare, loro appartengono a categorie nazionalistiche.
Gesù compie le stesse opere del Padre, comunicando e restituendo vita agli uomini.
Questo è Dio, amore che si fa servizio per rendere la vita degli uomini più bella, per rendere la vita degli uomini più felice e serena.
Gesù si è presentato come pastore per liberare le pecore.
Se Gesù dice ai giudei: "Non siete delle mie pecore!" è perché quanti intendono dominare gli altri non sono il suo gregge, il popolo di cui il Signore si prende cura.
Le pecore venivano messe in un grande recinto, il pastore le chiamava e loro riconoscevano la sua voce e lo seguivano.
Avere lo sguardo fisso su Gesù e ascoltare la parola, cosa vuol dire? Vuol dire andare oltre la parola scritta sul Vangelo, farla risuonare dentro di noi e coglierne la novità, indicazioni nuove, crescere nella sensibilità dei figli di Dio.
L'essere conosciuti da lui non dipende solo dall'azione di Dio in noi, ma dipende dalla nostra accoglienza: noi ci facciamo conoscere se interiorizziamo il dono e diventiamo figli ogni giorno di più, diventiamo trasparenti, luminosi!
"E io, dice Gesù, dono loro la vita eterna..." a quanti seguono Gesù il Signore dona la sua stessa vita divina e pertanto indistruttibile, eterna.
Non indica semplicemente il dopo-morte, indica quella dimensione della persona che si sviluppa ora e si prolunga dopo la morte.
Durante la nostra vita l'immagine viene formata provvisoriamente in modo frammentario.
La morte dovrebbe fissare per sempre questa immagine, se si è sviluppata, se ha acquistato una sua forma, se è nato il figlio di Dio in noi: possiamo accoglierlo o rifiutarlo!
.."Non andranno mai perdute e nessuno le strapperà dalla mia mano"..perché allora tanto timore?
Attraversando la strada in una grande città, avevo paura, mi sentivo ancora piccola. Tenevo per mano una bimba ancora più piccola di me. In mezzo all'intenso traffico, molto rapido, sentii la mano della piccola stringere più forte la mia. "Hai paura?" chiesi. Con un riso nella voce mi rispose: "No, perché tu sei grande!"
Potessimo stringere così la mano del Risorto e sapere che è forte, che nella sua mano non temiamo niente!
Allora ascolteremmo la sua voce, ci fideremmo e chiuderemmo gli orecchi alle sirene che sussurrano altri messaggi.
Siamo come dei bambini impauriti in mezzo al traffico micidiale della vita, che non sanno stringere la mano di colui che ha vinto il male. Noi invece vogliamo discernere il bene dal male.
Gesù è risorto perché ha creduto nella vittoria dell'amore sul male di cui era bersaglio.
Nessuno ha potuto strapparlo dalla mano del Padre. Ora è una cosa sola col Padre, come noi siamo chiamati a esserlo.
Smettiamola di vivere senza "ascoltare la sua voce" che ci rivela, dietro le situazioni più negative, il bene offerto, il male sarà sconfitto passo dopo passo nella nostra vita.
La sofferenza sarà come i dolori del parto che permettono alla vita di nascere.
Amici, fidiamoci, proviamo a credere che il Cristo ha vinto la morte e che nessuno può rapirci dalla sua mano. La Vita non delude. Cristo si è fidato contro ogni apparenza ed è risorto!

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