Carla Sprinzeles "Chi ama osserva la Parola".

Commento su At 15,1-2.22-29; Gv 14,23-29
Carla Sprinzeles  
VI Domenica di Pasqua (Anno C) (01/05/2016)
Vangelo: Gv 14,23-29 
Se siamo sinceri con noi stessi, in ognuno di noi ci sono dei bisogni incolmati, ci manca qualcosa, sì,
perché cresciamo e ogni giorno ci arricchiamo attraverso le relazioni. L'importante è non aspettarsi di essere riconosciuto dall'altro, altrimenti rimaniamo delusi!
La prima relazione è tra me e la forza creatrice, lo slancio vitale che chiamo Dio.
Aprirmi alla relazione, nascere nell'identità che non mi viene dall'altro e neppure che mi costruisco io e che mi sta stretta. Accetto di non sapermi fare, mi apro all'identità che la forza vitale, la Vita mi da: è una cosa nuova ogni giorno!
Accogliere la perfezione degli altri significa portare i limiti degli altri.
L'azione di Dio è così grande che può consentire una diversità, anzi rendere preziosa la diversità delle creature.
Il cristianesimo è stato sin dall'inizio molteplice, plurale.
ATTI 15, 1-2. 22-29
Nella prima lettura c'è proprio un episodio in questo senso significativo.
C'erano dei farisei che erano diventati cristiani, che pretendevano che anche i pagani convertiti osservassero come loro la legge mosaica.
Ecco l'omogeneità: tutti allo stesso modo.
Allora questi farisei andarono ad Antiochia, dove dei pagani diventati cristiani non osservavano la legge mosaica e gli dissero che anche loro la dovevano osservare.
Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro.
Andarono poi a Gerusalemme e alla fine si misero d'accordo: ciascuno si sarebbe comportato secondo le proprie tradizioni.
C'era poi un altro problema che allora non venne neppure affrontato, perché era troppo difficile: gli ebrei che diventavano cristiani dovevano osservare la legge mosaica oppure no?
Giacomo diceva di sì e l'osservava e andava al tempio, Paolo diceva di no.
Pure si davano la mano e continuavano il loro cammino.
Ancora oggi ci sono comunità giudeo-cristiane che osservano la legge mosaica e altri no.
Quello che è importante è che questa diversità non dev'essere vista come uno scandalo.
Il futuro richiede che noi diventiamo molto attenti al pluralismo, per cui essere cattolici non vuol dire pensare allo stesso modo, comportarsi allo stesso modo.
Dio è molto più grande del nostro cuore e delle leggi che noi fissiamo.
Se non ci educhiamo al pluralismo, al rispetto e alla valorizzazione delle diversità, se abbiamo paura di chi è diverso da noi, sorgerà una crisi molto più forte di quella che sorse all'inizio della Chiesa. L'unità è un traguardo, non un punto di partenza, il punto di partenza è il pluralismo.
L'unità non è uniformità. L'unità sarà "Dio tutto in tutti" "Cristo tutto in tutti" Cristo rivela Dio e introduce la forza di Dio nel mondo.
GIOVANNI 14, 23-29
Oggi leggiamo un passo secondo il vangelo di Giovanni.
Ci troviamo nel contesto del primo discorso di addio di Gesù.
E' la risposta a una domanda rivolta da Giuda: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?"
Il punto di partenza è: "chi ama osserva la Parola".
Il Padre e il Figlio prenderanno dimora presso di lui.
Chi non ama e non osserva la Parola non potrà godere di questa inabitazione.
Questo ci ricorda che Dio rispetta la nostra libertà: "Sta alla porta e bussa", aspetta che tu gli apri!
L'uomo aveva sacralizzato Dio: Gesù sacralizza l'uomo.
Il vero santuario dal quale si irradia la gloria di Dio non è più la costruzione, come dice il Vangelo, fatta da mani d'uomo, ma è la comunità dei credenti, è l'individuo stesso.
Il Dio di Gesù non è un Dio al di fuori dell'uomo, un Dio a cui l'uomo deve obbedire, ma un Dio intimo, interiore all'uomo, che gli comunica le sue stesse energie e capacità d'amore, quelle che vengono chiamate"Spirito Santo".
Gesù con questa espressione afferma che non esistono ambienti sacri al di fuori dell'uomo.
L'unica esperienza del sacro è all'interno della comunità.
Dio non chiede che l'uomo sia per Lui, che l'uomo si diriga verso Dio, ma vivendo di Lui sia come Lui. E tutto questo ha cambiato anche il linguaggio e l'atteggiamento; l'uomo si sente amato immeritatamente e incondizionatamente da Dio, da un Dio che non gli chiede niente e prende dimora in lui.
L'uomo, in questo amore che potremo chiamare di identificazione - il sentirsi amati così come si è, indipendentemente da quello che si fa - non può che esprimere balbettando una lode, un ringraziamento.
Ma questo amore che viene comunicato diventa operativo dal momento che viene prodotto altrettanto amore verso gli altri. L'amore, per la dinamica stessa della vita non si può fermare, ma deve andare oltre.
Allora questo amore che l'uomo riceve lo dirige verso l'altro senza chiedere niente, senza soprattutto cercare qualcosa di sacrale nell'uomo per poterlo amare.
Non c'è bisogno di cercare il volto di Gesù, non bisogna vedere Gesù nel fratello, nei poveri, ma con Gesù e come Gesù andare verso le persone che hanno bisogno o sono carenti di vita.
Allora questo amore di identificazione, che diventa operativo soltanto quando diventa un amore di dono, si traduce poi in una preghiera che dalla lode passa alla vita concreta.
La conseguenza di questa inabitazione è la pace donata dal Risorto, che è molto diversa da quella promessa dal mondo, che è una sorta di equilibrio del terrore.
Cristo è la nostra pace, lui che ha patito il supplizio della croce senza aggressività alcuna, ma guardando con amore infinito chi lo inchiodava.
Risorto non ha cercato di farsi vedere da chi lo aveva fatto morire, non ha convocato una conferenza stampa per annunciare la sua vittoria, perché appunto ci dà la sua pace non come la dà il mondo. Gesù agisce nel cuore dell'uomo.
Le guerre sono l'incarnazione della violenza che ciascuno si porta dentro.
Il Risorto propone all'umanità la sua pace, quella che in ogni situazione, anche la più violenta, la più ingiusta, nasce dalla certezza che il Bene può emergere, perché il Padre è lì, presente, con il suo amore affidato ai nostri gesti.
"Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore": solo allora si apriranno i nostri cuori accecati dalla paura e potremo accogliere l'altro così com'è, abbassando ogni difesa, liberi da ogni violenza.
C'è in noi tutti un bambino terrorizzato che riproduce le dinamiche negative che l'hanno segnato.
Gesù propone di diventare creatori di nuove forme di vita, di bene, per essere operatori di pace, veri figli di Dio.
Cosa vuol dire "essere figli di Dio"? vuol dire accettare di non essermi fatto da solo e non sapermi costruire l'identità da solo, ma dall'accettare una relazione: siccome Dio è relazione, divento somigliante a Dio. Dobbiamo chiedere allo Spirito, che vive dentro di noi di aiutarci a vivere questa relazione, anche partendo dalle nostre ferite, perché da lì si rinasce e si riparte.

Fonte:qumran2.net

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