Don Marco PANERO sdb"L’anima abitata dal suo Signore

01 maggio 2016 |  6a Domenica di Pasqua - Anno C  |  Omelia
L’anima abitata dal suo Signore
1. Echeggiano già, nel Vangelo proclamato, i temi cari alla conclusione del tempo di Pasqua: la
promessa dello Spirito Santo e l’annuncio della prossima dipartita del Signore Gesù, che in verità avviene in due tempi: quella che si realizza con la morte di Gesù e quella, definitiva, che si compirà con la sua Ascensione al Cielo. Si pongono così le premesse alle due solennità delle prossime domeniche, appunto l’Ascensione e la Pentecoste.

Ma è sul brano dell’Apocalisse che desidero intrattenermi. Non è un testo qualsiasi: è l’ultimo grande quadro descritto da questo libro e, con esso, dall’intera Scrittura. L’iniziativa creatrice di Dio, avviata in Genesi, e dalla quale prende le mosse la storia della salvezza, giunge finalmente al suo compimento, culminando nella descrizione della Gerusalemme celeste, della definitiva dimora di Dio con gli uomini.

2. Questa Gerusalemme è figura della Chiesa, dell’umanità redenta che si stringe attorno al suo Signore, godendo ormai del sicuro possesso dei beni eterni. Ma, in un certo senso, l’immagine della Gerusalemme celeste può rappresentare efficacemente anche l’anima inabitata dalla Santissima Trinità; l’anima di colui che si sforza di osservare la parola del Signore e così, quasi senza che egli se ne renda conto, diventa dimora ospitale del Padre e del Figlio, come precisa appunto il Vangelo (Gv 14,23) e, con essi, diviene tempio dello Spirito Santo.
È in questa prospettiva che intendo leggere il suggestivo brano dell’Apocalisse.

3. La città santa risplende della gloria di Dio, come una gemma preziosissima: è questo il primo attributo con cui viene descritta, e che fa da sfondo a tutto il resto. Propriamente parlando, però, una pietra preziosa non emana da sé alcuna luminosità, ma ha piuttosto la proprietà di riflettere in modo singolare la luce che proviene da una fonte esterna: è questo che la rende particolarmente apprezzata.

Ora, l’anima che vive in intima comunione con il Signore si comporta allo stesso modo: senza volerlo, riflette all’esterno un riverbero di quella ricchissima vita divina che pulsa in lei, e più essa tenta di nasconderlo, più trapela con forza dalla limpidezza dello sguardo, dal tono delle parole, addirittura dallo stesso portamento. Quando Dio abita stabilmente in un’anima, lo si riconosce: ecco perché i santi, prima ancora che dal prudente giudizio della Chiesa, sono stati molto sovente riconosciuti dai loro contemporanei come uomini e donne di Dio. Segni della presenza benedicente di Dio nella storia.

4. Ma la città santa è pure cinta da mura, che si precisano essere grandi e alte. Le vicende attuali ci rendono sospettosi quando sentiamo parlare di muri. Dobbiamo però porci nel contesto dell’antichità, in cui le mura erano ciò da cui dipendeva la sopravvivenza di una città. Ecco perché, oltre alla strategica funzione difensiva, rivestivano un carattere sacro, sia presso i Romani (si pensi al pomerium), sia nel mondo orientale (cfr. 1Re 16,34). Le mura, poi, permettevano una chiara delimitazione dello spazio urbano da quello rurale, dello sforzo civilizzatore dell’uomo di fronte ad una natura percepita come minacciosa.

Allo stesso modo, l’anima che gode della comunione con Dio è cinta del baluardo di difesa in assoluto più sicuro, perché Dio stesso si impegna a custodirla, e questo le basta perché possa riposare tranquilla, contenta solo di corrispondere in tutto a quella che sa essere la volontà di Dio.

Tante nostre ansie ingiustificate non provengono forse proprio da qui, dal non essere convinti fino in fondo che Dio è all’opera nella nostra vita? E allora ci affanniamo quasi che tutto dovesse dipendere da noi, mentre vi è già chi ci assicura, se solo siamo disposti a riconoscerlo.

5. Questa custodia di Dio non separa però dagli uomini e dal mondo: nelle mura di aprono infatti ben dodici porte, dislocate in direzione dei quattro punti cardinali, ad indicare una volontà di apertura e di relazione che si esercita universalmente, verso tutti. E nella continuazione del brano, si precisa che le porte resteranno sempre aperte, di giorno e di notte, poiché ormai non vi è più nulla da temere, nessun pericolo costituisce più una reale minaccia.

Chi vive in Dio e trova in Lui la sua sicurezza riesce ad affrontare le situazioni sempre nuove che la vita sottopone con una prontezza di spirito e una capacità di previsione che lascia sbalorditi. In effetti, molti santi, proprio perché radicati in Dio, sono stati anche capaci di precorrere la storia, di leggere in profondità il loro tempo, e di offrirvi risposte audaci e appropriate. Pensate soltanto a don Bosco o al beato Alberione.
Ecco dunque l’immagine di un’anima abitata da Dio: non una fortezza impenetrabile e isolata, ma una città sicura, splendente, che proprio per questo può farsi intelligentemente carico di quanti le vivono attorno.

6. Penetriamo, infine, nel centro di questa città. Non è la piazza d’oro, che pur si nomina (21,21), e neppure il tempio, che in verità non è presente. Il Signore stesso è il suo tempio, il suo centro vitale. Come l’anima è presente in tutto il corpo, ma non si lascia racchiudere da nessun membro, così Dio dimora nell’anima credente, pervadendo la sua intelligenza, i moti del cuore, la sua volontà.

Qui sta fascino nascosto della vita cristiana: nel fatto che il centro del cristiano non è se stesso, ma Dio! Giunti nell’intimo della nostra anima, nel centro del nostro centro, non troviamo noi stessi – sarebbe una magra sorpresa! – ma ci scopriamo felicemente inabitati da Dio, che nella sua grazia ha scelto la nostra anima, elevandola a Suo tempio.

Care sorelle, è cosa bella e nobilissima essere i custodi di questa città. Questo, in fondo, è il compito che la nostra libertà creata deve quotidianamente assumersi, nella consapevolezza che la città santa che è la nostra anima sarà anche la nostra dimora eterna, il luogo della nostra definitiva comunione con il Signore. Val bene, allora, lavorare sodo sin d’ora per impreziosire la casa della nostra eternità.

Don Marco PANERO sdb
 Fonte:  www.donbosco-torino.it

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