fr. Massimo Rossi," Il Buon Pastore "


IV Domenica di Pasqua - 17 aprile 2016
IV DOMENICA  DI  PASQUA - 17 aprile 2016
At 13,14.43-52; Sal 99/100; Ap 7,9.14b-17; Gv 10,27-30
O Dio, fonte della gioia e della pace, che hai affidato al potere regale del tuo Figlio le sorti degli
uomini e dei popoli, sostienici con la forza dello Spirito, e fa’ che nelle vicende del tempo, non ci separiamo mai dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della vita.
“Noi ci rivolgiamo ai pagani.  Così infatti ci ha ordinato il Signore…”
“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita…”
In tutta coscienza, saremmo disposti a dichiarare: “Io ascolto sempre il Signore! anche quando è faticoso vivere in modo coerente con la fede, io ascolto sempre il Signore!”?
Comunque, Gesù crede in noi, più di quanto noi crediamo in Lui!
Pensate se le posizioni fossero capovolte: se cioè i confini della salvezza che Gesù ci ha guadagnato sulla croce fossero più ristretti dei nostri, come purtroppo lo sono, ristretti, quelli predicati da certi ministri della Chiesa, dei quali preferisco non fare il nome…
Mentre Gesù saliva a Gerusalemme, un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?  Rispose: Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.  Quando il padrone della casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà:  Non vi conosco, non so di dove siete.  Allora comincerete a dire:  Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.  Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete.  Allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità…” (Lc 13,22-27).
Con queste parole il Signore sembra restringere di molto l’ingresso al Regno dei Cieli…
In realtà il Maestro di Nazareth ci vuole esortare a mettercela tutta, non tanto per guadagnare il Paradiso, quanto per dare il meglio di noi stessi in questo mondo. La vita è una sola; perché sprecare questa unica occasione che ci è stata regalata, offendendo, violentando, compiendo scelte che valgono poco o niente?
Ma torniamo alla parabola del Buon Pastore, dalla quale è tratto il Vangelo di oggi:  è vero che i fatti raccontati nei Vangeli non seguono un ordine storico, ma teologico, soprattutto il quarto;  tuttavia conoscere il contesto nel quale gli insegnamenti di Gesù sono inseriti, ci aiuta a capirli di più.  Tanto più che, ed è sorprendente, non di rado, il contesto non è molto dissimile dal nostro.
Dunque, che cosa era successo?  Era successo che il figlio del falegname si era appena scontrato con i capi dei Giudei sul rapporto tra lui, Gesù, e Abramo:  all’obbiezione: “Chi ti credi d’essere?  Non hai ancora cinquant’anni e dici di aver conosciuto Abramo?”, il Signore aveva dichiarato: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono.”.   “Io Sono” è il nome con il quale Dio si era fatto conoscere a Mosè, era il nome di Dio…  La reazione dei Giudei, all’udire quell’uomo che attribuiva a se il nome di Dio, fu violentissima: “Raccolsero pietre per scagliarle contro di lui”.  Ma Gesù si nascose e uscì dal tempio (8,57-59).  Se l’è proprio cercata!
Dopo questa disavventura, il Signore guarì un cieco dalla nascita: nuova polemica con i Farisei, non direttamente, ma attraverso la persona del giovane miracolato;  andatevela a leggere con comodo, al capitolo 9.  Mi preme solo citare le parole conclusive del Figlio di Dio:  “Io sono venuto nel mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi. Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero:  Siamo forse ciechi anche noi?  Gesù rispose loro: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane.” (9,39-41).
Beh, larga o stretta che sia la porta del Regno dei Cieli, quelli che sono di Cristo, sanno riconoscere la sua voce e lo seguono, perché si fidano di Lui!
A proposito di fiducia, san Paolo dovette faticare non poco, per convincere i primi cristiani provenienti  dal giudaismo, a fidarsi di lui.  Ci riuscì?... non ci riuscì?...  Sta di fatto che molti Giudei lo rifiutarono, allo stesso modo di come avevano rifiutato Gesù. E Paolo abbandonò il progetto di annunciar loro il Vangelo, e si diresse verso i pagani, coniugando su di sé la profezia che il vecchio Simeone aveva pronunciato, riferendosi a Gesù: “Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” (Lc 2,32); lo abbiamo appena sentito, nella prima lettura.
In realtà, la vicenda del Signore e quella di Paolo hanno molti aspetti in comune.  Ma c’è una cosa che non permette di omologarli del tutto:  ed è proprio quel rifiuto nei confronti dei Giudei:  il Signore sapeva che il tempo della sua vita non sarebbe stato sufficiente per vedere il trionfo del Vangelo in tutto il mondo. Tuttavia non rinunciò a credere che sarebbe arrivato il momento in cui tutti coloro che credono, crederanno in Lui e nelle sue parole. Al termine del discorso sul Buon Pastore, (Gesù) dichiara: “E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.” (10,16).  Ritorna il tema della grande speranza di Cristo nell’avvenire della Chiesa, ma soprattutto (nell’avvenire) della fede cristiana.  Del resto, come potremmo pensare che una parte dell’umanità sia destinata a rimanere esclusa dall’annuncio del Vangelo?  Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo è padre di tutti, perché è creatore di tutti!  Lo ripeto: non è pensabile che le sue creature non arrivino tutte alla conoscenza della Verità rivelata in Gesù di Nazareth, vero Dio e vero uomo.
La creazione non si è conclusa con l’arrivo dell’uomo!  Dio è continuamente in atto di creare! Il Suo amore infinito è intrinsecamente creativo!
La categoria del progresso può essere applicata all’azione di Dio senza timore di incorrere in errori pericolosi… Ebbene, il progresso della creazione raggiunge lo zenit nel Mistero dell’Incarnazione; o, come lo chiama san Paolo, la pienezza dei tempi.
Questo modo di concepire il Mistero di Cristo come il frutto più perfetto dell’amore fecondo di Dio, ci libera dalla tentazione di credere che il primitivo progetto di Dio fosse miseramente fallito per il peccato dell’uomo, e di conseguenza, che Dio fosse stato costretto a intervenire per ‘riparare’ il Suo capolavoro andato in frantumi…
E noi, a che punto siamo con la nostra creazione? ancora rintanati nella caverna dell’ignoranza? Oppure seduti intorno al fuoco delle nostre meschine certezze?
A brandire una spada, lanciando anatemi in nome di Dio?
Oppure abbiamo finalmente aderito a Cristo?
“Alla Sua luce vediamo la luce”:  così recita il Salmo 35, alludendo al Messia?
Ricordate? la notte di Pasqua abbiamo acceso le nostre candele al cero pasquale, simbolo della luce di Cristo: lasciamo che quella luce illumini davvero le nostre vite! Conoscendo Cristo, conosceremo anche noi stessi, uomini e donne, capaci di amare Dio e il mondo, come Dio ha amato noi.

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